la Repubblica, 20 marzo 2015
Parma, cronaca di una morte annunciata. La fine del club è stata sentenziata nel pomeriggio dal Tribunale cittadino, che ha dichiarato il fallimento, nominato due curatori e autorizzato l’esercizio provvisorio. I debiti ammontano a 218 milioni, una cifra molto superiore a quella stimata dalla Figc: trovare un acquirente per la B diventa un’impresa
Cronaca di una morte annunciata. La fine del Parma Football Club spa è stata sentenziata nel pomeriggio dal Tribunale cittadino, che ha dichiarato il fallimento, nominato due curatori, Angelo Anedda e Alberto Guiotto, e autorizzato l’esercizio provvisorio. La notizia è arrivata alla squadra mentre disputava un’amichevole col Fidenza. Alessandro Lucarelli, all’intervallo, teneva per mano il figlio più piccolo quand’ha appreso dai cronisti d’essere stato nominato nel Comitato dei creditori: «E cosa vuol dire?», ha risposto, sciogliendo lo stupore in un sorriso. È l’eutanasia d’un club gravato oggi da 218 milioni di debiti, che ha pagato mezzo stipendio ai calciatori, il netto del mese di luglio, ma che con questa formula potrà forse concludere il campionato (domenica sera il posticipo col Torino si gioca, ma poi ci saranno ancora 12 partite da disputare, sei delle quali al Tardini) e tenere viva la possibilità teorica di iscriversi in B. Per tale ragione, paradossalmente, l’estinzione è stata accolta come una liberazione a Collecchio: è il primo passo d’una difficile ricostruzione. «Adesso almeno sappiamo con chi parlare, c’è un interlocutore credibile», diceva Antonio Mirante, riferendosi ai curatori. «Da questo momento ritroviamo la serenità smarrita, il morale è migliorato», ha aggiunto Osvaldo Riccobene, membro del collegio sindacale, presente in udienza e poi a un incontro con la squadra.
Resta una macchia enorme sul calcio italiano: per la prima volta nella storia fallisce in pieno campionato una squadra di A. In B era accaduto al Bari, un anno fa. Il Parma ora potrà contare sul fondo multe messo a disposizione dalla Lega, “fino alla concorrenza massima e onnicomprensiva di 5 milioni”: perché bastino, servirà un taglio agli stipendi dei calciatori, pagati da oggi fino a fine campionato. Ogni partita costa dai 20 ai 35mila euro. Sul futuro, restano le ombre: la sentenza certifica 74 milioni di debiti sportivi, di cui 63 milioni verso tesserati. La risoluzione delle comproprietà può snellire questa voce, ma la somma è spaventosamente più alta di quella che la Figc aveva stimato (Tavecchio parlava di «una cifra vicina ai 50»). La questione è dirimente in vista dell’asta fallimentare fra due mesi. Con pochi milioni si può vincerla (il Bari fu aggiudicato per 4,8 milioni a Paparesta alla terza asta). Ma per avere il titolo sportivo, che non è negoziabile, che non va all’incanto e anzi torna nelle mani del presidente federale, insomma per iscriversi in B, il “nuovo” Parma dovrà pagare, coprire o spalmare questa montagna di debiti. Senza una trattativa rapida e fruttuosa, l’operazione non sarà conveniente, specie se l’alternativa è ripartire dalla D con un sodalizio vergine di gravami.
L’udienza di ieri mattina è durata dieci minuti. Per il Parma, con Riccobene, c’era il direttore finanziario Preti: entrambi in aula col timore di un rinvio, non essendoci garanzie sulla legittimazione del collegio sindacale a stare in giudizio in luogo di Manenti. Ma quando il “patron”, detenuto (oggi l’interrogatorio di garanzia), ha comunicato la rinuncia a partecipare all’udienza, s’è capito che sarebbe andato tutto spedito. La sentenza, firmata dai giudici Piscopo (presidente), Rogato (relatore e delegato) e Sinisi, ha accolto i ricorsi della Procura, della DAC (fornitore alimentare, 34mila euro), degli agenti sportivi Carpeggiani (306mila euro), Marino (100mila euro) e Magnani (71mila euro con decreto ingiuntivo), e dell’ex direttore sportivo Imborgia (360mila euro). Emerge, dagli atti, che il Parma ha 10,4 milioni di debiti con le banche, 19,9 verso altri finanziatori, 35,9 verso i fornitori, 57,2 con la controllante Eventi Sportivi, 25 col Fisco e 1,9 con la previdenza. Un patrimonio netto negativo di 46,6 milioni. E, dal 2012 a oggi, 21 procedimenti ingiuntivi per 1 milione e 780 mila euro. Eppure il Parma giocava, giocava lo stesso.