la Repubblica, 20 marzo 2015
Intervista a Noel Gallagher, sopravvissuto agli Oasis: «Tornare a suonare insieme? Non siamo più quelli di una volta. questa cosa delle reunion è molto radicata nella psiche degli inglesi che pensano ai loro giorni gloriosi, all’Impero. I Led Zeppelin, gli Smiths, i Jam, tutti si dovrebbero riunire...»
Gli Oasis si riuniranno mai? «Fin quando saremo vivi e avremo i capelli in testa è sempre una possibilità. Ma questa cosa delle reunion è molto radicata nella psiche degli inglesi che pensano ai loro giorni gloriosi, all’Impero. I Led Zeppelin, gli Smiths, i Jam, tutti si dovrebbero riunire... E perché poi? Perché un mucchio di persone di mezza età possa sedersi nella O2 Arena e dire “Non sono più quelli di una volta”. Sarebbe lo stesso con gli Oasis. E allora lo dico io: no, non siamo più quelli di una volta». Così aveva detto Noel Gallagher qualche settimana fa, prima della girandola di voci, complice una recentissima foto che lo ritrae assieme al fratello Liam, con il quale ha portato in alto il dirigibile degli Oasis e con il quale, litigando a più non posso, lo ha anche condotto alla fine della corsa. Torneranno insieme dunque? Difficile che accada in tempi brevi anche perché Noel è appena tornato con un nuovo album dei suoi High Flying Birds, intitolato Chasing yesterday, dove le sonorità sono ben più ampie di quelle degli Oasis, dove la sua personalità è certamente messa più a fuoco e al tempo stesso la creatività lo ha portato più lontano dal passato. Gallagher è nel pieno di un passaggio, personale e artistico, che lo sta portando dalla “stardom” planetaria di un tempo alla libertà espressiva di oggi, dalla gioventù conclamata degli Oasis alla maturità degli High Flying Birds. Ecco perché va particolarmente fiero di questo album: «Il primo disco da solista è stato un buon lavoro», dice, «ma sapevo che potevo fare di più e di meglio. E così è stato».
C’è un quadro più completo di quello che Noel Gallagher è oggi?
«Sì, ero completamente solo, dunque non avevo scuse: avevo l’obbligo di fare tutto quello che mi sembrava giusto. Lavorare con una band è certamente un’esperienza importante, perché ti costringe a confrontarti costantemente con gli altri, ma la libertà che ho avuto in questo caso, senza dover stare a sentire desideri e necessità di altri, prima non l’avevo. Adesso non ho un “comitato” col quale condividere decisioni: vado in studio e registro, poi ci sarà un pubblico che deciderà se quello che ho fatto è buono o no».
Un ulteriore passo avanti nella definizione di se stesso come solista?
«Certamente lavorare da solo mi ha permesso di essere più preciso, ma in realtà vedo sia il lavoro del primo album che questo come un unico progetto, con due svolgimenti narrativi diversi. Se il primo disco era come un film, questo è più come una serie tv, con tante luci e ombre».
Il titolo dell’album Chasing yesterday sembra guardare indietro...
«È ragionevole pensare al passato nei testi, raccontare di personaggi che lo fanno, ma non è il mio modo di essere, io guardo sempre al prossimo progetto, al prossimo obiettivo, alla prossima canzone».
Quindi nessuna nostalgia del passato?
«No, la nostalgia non è parte del mio carattere. Ma nell’intero mondo della musica le cose non vanno meglio. E non perché non ci sia creatività, ci sono molte cose interessanti, ma nessuna ha un impatto davvero forte. Il britpop esisteva prima che le case discografiche ci lavorassero, mentre invece oggi le band vanno da un’etichetta e chiedono “cosa vi interessa? ok, possiamo farlo”. E poi a decidere il successo è il pubblico davanti alla televisione con un clic. Ma non mi piace vivere pensando che ieri fosse meglio, semmai sapendo che domani sarà meglio».
E per la musica lo sarà?
«Se dovessi pensare che tutto resterà tale e quale a ora lascerei perdere. Oggi la musica è intrattenimento, non è destinata a mutare la vita di nessuno, non è una forza del cambiamento. Prima poteva influenzare il tuo modo di essere e pensare, il tuo modo di vivere. Adesso è fatta per divertirsi un po’. Ma non sarà così per sempre».
Non c’è categoria migliore che quella del rock per provare a definire il suo nuovo album. È naturale quindi chiederle che senso ha per lei il rock oggi?
«Sono cresciuto ascoltando rock, ho vissuto suonando rock. E la mia musica è cresciuta e cambiata assieme a me. Finché questo avrà senso, allora avrà anche senso chiamare la mia musica rock».
Cosa ci dobbiamo aspettare dai nuovi concerti degli High Flying Birds?
«Musica nuova, nuove sensazioni. Penso che questo disco, se paragonato alle canzoni che ho scritto quando ho cominciato, racconti bene il percorso fatto in questi anni».
Niente Oasis?
«Impossibile non suonare qualche pezzo degli Oasis. Sono sempre Noel Gallagher...».