la Repubblica, 20 marzo 2015
Gli 007 italiani hanno messo insieme i nomi di tremila possibili reclute della jihad, a volte inconsapevoli. Si tratta di connazionali e stranieri. «Ma non è una schedatura» assicurano i servizi
Una mappatura con l’elenco degli obbiettivi più a rischio. Dagli scali di Fiumicino e Malpensa alla Cappella Sistina e agli Uffizi. Dai porti di Bari e Napoli alle stazioni ferroviarie dell’Alta velocità. Fino ai «luoghi di culto» e quelli di «interesse turistico»: «siti storico-monumentali» come l’Arena di Verona, gli scavi di Pompei e Ercolano, i Fori Imperiali, il Colosseo. Questo è il primo livello: «prevenzione logistica». Poi c’è il secondo livello. Gli 007 impegnati sul fronte anti Is lo chiamano «il listino». Perché ci sono nomi che entrano e nomi che escono. Sono quasi 3 mila. Con una percentuale di «negatività» – che significa zero interesse investigativo – approssimabile a un quasi rassicurante 98 per cento. Che cos’è il «listino»? «Niente di etnico o di lombrosiano», spiega una fonte di intelligence. Sono file dove sono annotati, tra quelli delle oltre 5mila persone controllate dall’Antiterrorismo in Italia negli ultimi tre mesi, i nomi di alcuni dipendenti e collaboratori di società e compagnie di trasporti (ferroviarie, aeree, di navigazione sia turistica che commerciale), di gestione di porti e aeroporti, di strutture e luoghi «sensibili»: musei e monumenti appunto, e chiese, sinagoghe, enti pubblici nel caso di sedi istituzionali (palazzi della politica, ambasciate, consolati). Sono nominativi di cittadini, italiani e stranieri, che secondo i Servizi potrebbero – pur non avendo profili paraterroristici né legami accertati con soggetti a rischio –,«offrire, anche inconsapevolmente, informazioni utili a soggetti collegati all’Is di passaggio in Italia per la pianificazione di azioni terroristiche». E fare dunque da «sponda» per la penetrazione del terrorismo islamista. Dopo gli attentati di Parigi c’è stato un innalzamento dei livelli di sicurezza. La conferma che siamo uno dei Paesi europei nel mirino dell’Is è arrivata proprio dai Servizi. «L’Italia è un potenziale obiettivo di attacchi pure per la sua valenza simbolica di epicentro della cristianità», è scritto nell’ultima «Relazione sulla politica dell’informazione sulla sicurezza».
In quest’ottica scrupolosamente preventiva va inquadrato il «listino». Intelligence e uomini dell’Antiterrorismo lo aggiornano sulla base delle informazioni richieste alla Sicurezza interna e alla Protezione aziendale degli obiettivi ritenuti a rischio. Può essere una compagnia navale, la società pubblica o privata che gestisce un sito storico, un’azienda di trasporti, la comunità religiosa che amministra un luogo di culto: dalla sinagoga al Vaticano. La richiesta degli 007 è tarata e orientata su caratteristiche che, in chiave di analisi preventiva, sono interpretate come pre-indicatori: abitudini religiose, nazionalità, spostamenti, status, eventuali precedenti penali. «Ma la prima regola che ci diamo, nonostante e vista la delicatezza del tema, è la massima cautela. Il rispetto della persona», ragiona la fonte d’intelligence. Non una «schedatura», dunque. Termine improprio e scivoloso. Anche perché, una volta acceso l’interesse investigativo su un soggetto apparentemente «neutro», il passaggio più difficile e complesso è dimostrare il link che lo connette al presunto jihadista.
Gli 007 considerano il «listino» una lente investigativa light, un ulteriore supporto nella lotta all’Is e a quel rischio che Aqila Saleh, presidente del parlamento libico di Tobruk, ha sintetizzato così: «L’Is e Al Qaeda possono passare dalla Libia all’Italia» (dopo la carneficina di Tunisi l’allarme cresce). Al Viminale si lavora pancia a terra per questo: per scongiurare il rischio che la contiguità geografica tra Italia e Libia, e più in generale coi Paesi affacciati sul Mediterraneo, diventi «continuità» dell’offensiva terroristica.
Nei database dell’Antiterrorismo, dopo gli attentati parigini, sono finite 4.432 persone: per dire solo quelle controllate (17 arresti e 33 espulsioni). Il «listino» d’appoggio è un’altra cosa. Si riempie e si svuota mano a mano che gli investigatori, acquisite sommarie informazioni, «rilasciano» i nominativi esplorati. Si tratta per lo più di addetti alla logistica, al trasporto, alle pulizie (in molti casi sono dipendenti di società esterne e cooperative). Guardiani, magazzinieri, marinai, macchinisti. Nazionalità e provenienza sono disparate. Comandano le indicazioni che caratterizzano i guerriglieri del Califfato. Gli analisti hanno accertato che – al netto degli oltre 12mila combattenti stranieri, quasi 3000 europei – la composizione delle milizie dell’Is è frammentata: siriani, iracheni, turchi, magrebini, pachistani, ceceni. Ora: la quasi totalità (98%) dei nominativi sondati dagli 007 non ha offerto spunti investigativi. Ma ugualmente, e fino a quando i livelli di allerta resteranno ai massimi livelli in tutta Europa, i servizi di sicurezza non vogliono lasciare nulla di intentato. Spiegano al Viminale: «Moltissime informazioni le scarti, qualcuna resta nella rete. E a volte può risultare decisiva».