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 2015  marzo 20 Venerdì calendario

Vatti a fidare di quelli che fanno carriera con la tv. Ieri sera Maurizio Lupi ha consegnato le sue dimissioni nelle mani di Bruno Vespa - di chi altri se no? - che l’ha accettate senza riserve dinanzi a un grande fondale con il volto contratto del ministro dimissionario, le mani giunte sulla bocca, e la scritta, se non si fosse capito bene: «Mi dimetto»

Vatti a fidare di quelli che fanno carriera con la tv. Ieri sera Maurizio Lupi ha consegnato le sue dimissioni nelle mani di Bruno Vespa – di chi altri se no? – che l’ha accettate senza riserve dinanzi a un grande fondale con il volto contratto del ministro dimissionario, le mani giunte sulla bocca, e la scritta, se non si fosse capito bene: «Mi dimetto».
Vatti a fidare, anche, dei personaggi dei talk-show. Lupi fa parte della compagnia di giro, immancabile in quei salotti lì, impossibile non averlo mai visto. Non esattamente un mattatore, ma un comprimario affidabile, un motore diesel, una maschera standard.
Pare di sentirli i cercatori e smistatori di presenze politiche: «Ci sarebbe Lupi...»: ah, bene. Eccolo sulla poltroncina, per la prima volta ieri gli è stato concesso il tronetto di consolazione. Qualcun altro prenderà il suo posto, la tv è per sua natura cannibalica e richiede sempre carne fresca. Troppo spesso si dimentica che risponde alle leggi dello spettacolo, poco o nulla di ciò che si vede è vero, semplicemente deve sembrarlo.
Vatti a fidare, quindi, dei volti «presentabili». Il termine è ambiguo e non troppo simpatico, ma per una volta funziona, sia pure alla rovescia, a disvelare gli artifici della messa in scena e delle parti assegnate. Lupi era la «presentabilità» televisiva fatta persona. La parlantina. Il decoro formale. Una certa compostezza. Bagliori di entusiasmo. Equilibrio. Moderazione. E anche un po’ di simpatia, sia pure di genere oratoriale. Dunque, alta reputazione in pixel.
Ma allora, per tornare alla realtà: come si combina questa assidua e sicura rendita catodica con quella cruda battutaccia che l’utile barbarie delle intercettazioni telefoniche ha divulgato in questi giorni: «Non me ne frega un cazzo» e qui pazienza. Ma poi: «Possono venirmi a fare una pompa!». E qui invece alt! Come «una pompa»? E chi mai vorrebbe o dovrebbe venire a fare «una pompa» a Lupi?
Dice: uh, quante storie, quanta ipocrisia, era un modo di dire, scherzoso. D’accordo, quante risate! Sennonché in tv Lupi ci era arrivato, o ce l’avevano mandato – nel mondo berlusconiano si può ragionevolmente sostenere che Lui e Lui Solo decidesse chi, dove e quando – proprio perché era lontano da quelle cosacce che a lungo hanno condizionato il discorso pubblico.
Bene, Lupi sarà anche stato bravo, sveglio e competente. Ma a partire dal biennio rosa 2008-2009 la sua precipua risorsa narrativa, la sua mission mediatica è consistita nel riequilibrare l’andazzo ludico e sporcaccione in cui il Cavaliere, con la collaborazione di «Forza Gnocca», aveva sprofondato il centrodestra.
Perfetto antidoto mediatico. Sposatissimo (su YouTube in uno spot elettorale conteggia in «26 anni» la durata del suo matrimonio, oggi siamo a 28). Perciò morigerato. Organizzava pellegrinaggi con monsignor Fisichella, sulle tracce di San Paolo, o in Terra Santa, tour operator per deputati alla ricerca delle radici cristiane. Un ciellino tranquillo, oltretutto, cosa abbastanza rara. Niente fanatismi o camicette a fiori tipo Formigoni.
Il casting degli spettacoli, che per la politica danza con il cinismo, con la religione sfiora la simonia. Ecco, magari era un po’ rischioso fare da padrino di battesimo a Magdi Allam, il giorno di Pasqua (2008) ma dopo tutto c’era il Santo Padre. Strideva anche un po’ menzionare l’«Imitatio Christi» per difendere Berlusconi dagli impicci in cui s’era cacciato. Ma pazienza. Lupi era anche un grande sportivo. Stile di vita sano, mica stravizi. La corsa, la maratona, il «Montecitorio running club». Le foto sui rotocalchi. La vicepresidenza della Camera. I buoni sentimenti: sospendeva la seduta per gli auguri di compleanno ai ministri.
Sia ben chiaro: Lupi non è né un attore, né un impostore, né la sua storia incarna La Grande Menzogna. È e resta un politico di questo tempo. Perciò il suo alias elettronico ha sfidato l’ubiquità manifestandosi in qualsiasi visione a distanza: «Una corsa con Maurizio Lupi», «Un caffè con Maurizio Lupi», «Soul con Maurizio Lupi», «Incontri ravvicinati con Maurizio Lupi»...
Si scoprirà prima o poi quali effetti psichici comporta vivere sotto il fuoco delle telecamere, dietro una perenne lente d’ingrandimento. Un tempo si sarebbe detto che Lupi si è montato la testa. Così ha pure scritto un libro, «La prima politica è vivere» (Mondadori). È diventato ministro. Infrastrutture, te le raccomando. E nel momento in cui si trattava di mollare la poltrona, ha mollato Berlusconi. Alla fondazione del Ncd ha fatto il presentatore, citando il Re Leone. È rimasto ministro con Renzi.
I giornalisti politici, ormai, devono fare attenzione a queste cose. Così quando il suo nemico del Pd, De Luca, ha detto che assomigliava alla figlia di Fantozzi, che è anche un po’ vero anche se non coinvolge i destini collettivi, Lupi si è offeso moltissimo. Allora ha telefonato al presidente del Consiglio per protestare, ma sul suo sito ha anche pubblicato le foto di quelli a cui lui ritiene di assomigliare: Gianni Morandi, Aaron Spelling, Demetrio Albertini e Gollum de «Il Signore degli anelli». Dimissionari pure loro?