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 2015  marzo 20 Venerdì calendario

Le dimissioni di Lupi, il sollievo del Pd e il futuro del Ncd

Consolato dalla convinzione di non aver perso «né l’onore, né la passione politica», Maurizio Lupi lascia e, per salvaguardare la sua famiglia, affronta dal piccolo schermo lo sdegno dell’opinione pubblica: «Attaccate me, ma lasciate stare mio figlio». A sera, dallo studio di Porta a Porta, il quasi ex ministro delle Infrastrutture annuncia la resa e conferma le voci che si erano rincorse per tutta la giornata, «dimissioni a conclusione dell’informativa alla Camera». Il passo indietro sarà formalizzato nella tarda mattinata di oggi, quando Lupi concluderà il suo intervento (fissato per le 11).
Il dilemma tra assunzione di responsabilità e resistenza a oltranza è sciolto a favore della prima, sull’onda dei fischi in Parlamento, delle contestazioni in pubblico e del pressing di Palazzo Chigi. E se mai l’inchiesta di Firenze ha messo a rischio la legislatura, il pericolo è scampato.
«Una scelta saggia per sé, per Ncd e per il governo», è il commento di Matteo Renzi da Bruxelles. C’è voluta tutta la sua energia per far comprendere a Lupi, nel vertice a tre con Angelino Alfano, che il Pd lo aveva mollato e che la sua posizione è ritenuta «indifendibile e incompatibile».
È l’ora di pranzo quando, a Palazzo Chigi, inizia il lungo vertice tra Renzi, Alfano e Lupi, che si chiude con la telefonata al Quirinale per informare il presidente Mattarella. Nel Pd il sollievo è palpabile. Lorenzo Guerini rende a Lupi l’onore delle armi definendo «apprezzabile» l’addio, «un atteggiamento ragionevole e serio, che dimostra la sua attenzione per le istituzioni». Sulla testa del responsabile delle Infrastrutture incombeva la mozione di sfiducia di Sel e M5S calendarizzata per martedì, un passaggio delicatissimo per i democratici: votare con le opposizioni contro il ministro, o azzardare un’ardimentosa difesa a costo di perdere la faccia davanti al Paese? Scongiurato il rischio della sfiducia in Aula, Maria Elena Boschi sottolinea la «trasparenza e la coerenza» con cui il governo ha «sollecitamente» risposto alla richiesta delle opposizioni.
Brutta botta, per Ncd. Eppure il piccolo partito, che ha seriamente rischiato di andare in frantumi, sembra tenere. I centristi giurano di non meditare strappi, né vendette. Lupi promette lealtà: «Credo che questa mia decisione rafforzerà l’azione del governo». E lui, cosa farà? L’idea di ritirarsi non lo sfiora: «Non c’è bisogno di una poltrona per fare politica...». Gli equilibri al vertice dell’Ncd sono destinati a cambiare, tanto più se saranno confermate le voci di una staffetta tra Lupi e Gaetano Quagliariello, che potrebbe entrare nella delegazione governativa prendendo il posto di Maria Carmela Lanzetta agli Affari regionali. Nella squadra di Alfano i nervi sono tesi come corde di violino. Renato Schifani sottolinea che Lupi non è indagato e Nunzia De Girolamo chiede al premier coerenza, «quanto vale per un ministro di Ncd deve valere anche per gli esponenti del governo del Pd». Concetto chiarito da Carlo Giovanardi, che invoca le dimissioni dei sottosegretari dem indagati e «dei condannati come De Luca». Il tema tiene banco anche nella Lega, dove Matteo Salvini ricorda che «Renzi le dimissioni le aveva chieste ad altri per molto meno».
Per le opposizioni l’occasione è ghiotta. Il M5S addossa al premier «le responsabilità politiche» e Luigi Di Maio sprona Renzi «ad andare a casa se non è in grado di controllare i propri ministeri». E Grillo, dal suo blog: «Sono più interessanti i 10 miliardi di euro fottuti agli italiani o un Rolex?».