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 2015  marzo 19 Giovedì calendario

Tunisi, mare e fisco amico: l’ex paradiso degli italiani. Un migliaio di pensionati ha scelto la Svizzera del Maghreb per la vecchiaia

Non è solo un attentato, è anche, con ogni probabilità, la fine di un’epoca. L’epoca della Tunisia quasi Svizzera del Maghreb, del paese arabo più aperto all’Occidente quasi un Midi francese un po’ più meridionale. Di un posto, insomma, dove si poteva vivere tranquilli si fosse arabi, berberi, europei. A dire il vero i segnali preoccupanti c’erano già stati. Nel 2013 il duplice assassinio di Chokri Belaid (in febbraio) e di Mohamed Brahmi (in luglio) due politici di sinistra, laici e molto popolari avevano segnalato l’esistenza di frange islamiste violente e disposte a tutto. E poi altri due segnali preoccupanti, peraltro colti appieno dal governo: i sanguinosi attacchi alle guarnigioni militari nell’estremo sud del Paese e il fatto che tra i 2 e i 3mila tunisini avessero raggiunto le file di Al Nusra o dell’Isis in Siria e in Iraq per combattere con i jihadisti. Percentuale altissima se si considera che la Tunisia ha circa 11 milioni di abitanti.
ACCORDI VANTAGGIOSI
Ma in ogni caso la Tunisia era, fino a ieri, un tranquillo posto, dove moltissimi pensionati italiani hanno deciso di trascorrere la loro vecchiaia. Grazie agli accordi con il governo italiano e ai prezzi bassi anche chi non gode di pensioni d’oro può tranquillamente vivere bene. Infatti le tasse sono solo del 20% sul 20% della pensione mentre il restante 80 è defiscalizzato (insomma le imposte si aggirano sul 6-7% del totale). E affitti, cibo, trasporti, bollette costano meno della metà che non da noi. Solo la sanità presenta qualche problema, ma, come dicono alcuni: «Se sto male prendo l’aereo e vengo a curarmi in Italia». Secondo l’Inps i pensionati italiani un anno fa erano almeno 250 e vanno poi considerati altri pensionati dipendenti da altre casse pensione. In totale si stima che siano oltre un migliaio. Del resto il Paese aveva sempre ospitato numerose colonie italiane, già nell’Ottocento una buona fetta delle prime ondate migratorie aveva trovato ospitalità qui, soprattutto dopo il 1881, quando la Francia, con il Trattato del Bardo (sì dove oggi è il museo, allora palazzo del Bey) aveva stabilito il suo protettorato, precedendo l’Italia. Da allora la Tunisia era divenuta il più pacifico dei domini francesi. E lo era rimasto fino al 1956 quando era divenuta indipendente. Indipendenza che segnò la vittoria elettorale del partito Neo Destur di Habib Bourguiba, un avvocato, leader della lotta pacifica per l’indipendenza. Dopo una prima fase socialisteggiante il regime assunse un aspetto più vicino agli stati a economia liberale, con un conseguente impoverimento delle classi meno abbienti. Una fase che culminò nel giovedì nero, lo sciopero del 26 gennaio 1978, quando la polizia sparò sulla folla, provocando centinaia di vittime. Gli anni seguenti, malgrado alcune concessioni a chi voleva più democrazia, rappresentarono una sorta di “autunno del patriarca”. Fino a che, il 7 novembre 1987, il generale Zine El Abidine Ben Alì con un colpo di stato morbido depose Bourguiba e prese il potere. Un potere basato sul familismo più sfrenato, sul prevalere dei clan che attorniavano Ben Alì e una forte corruzione, legata però a una ferrea alleanza con l’Occidente. Elezioni pilotate assicurarono sempre risultati massicci a favore del regime.
LA PRIMAVERA DEI GELSOMINI
Questo fino al 2010 quando, era il 17 dicembre, un giovane disoccupato Mohamed Bouazizi, cui la polizia aveva sequestrato il carretto con cui vendeva verdure frutta, dopo essere stato umiliato si diede fuoco davanti al governatorato di Sidi Bouzid, cittadina della Tunisia centrale. La notizia corse di bocca in bocca, ma soprattutto fu amplificata dai social network e mobilitò in massa la gioventù prima, i sindacati e l’opposizione poi. Ci furono manifestazioni in tutto il Paese e fu l’inizio di quella che sarà poi chiamata primavera araba o primavera dei gelsomini. Il governo fu colto di sorpresa e si dimostrò incapace sia di capire sia di reprimere. Anche perché mentre la polizia restava fedele a Ben Alì l’esercito si dichiarò ufficialmente neutrale ma di fatto si schierò con i manifestanti. Dopo vani tentativi di placare la piazza il 14 gennaio 2011 Ben Alì e tutto il suo clan fuggirono e trovarono rifugio in Arabia Saudita. Per la Tunisia iniziava una nuova fase. Una fase che la differenziò da tutti gli altri Paesi arabi. Con il ritorno di Rachid Gannouchi, ideologo in esilio diEnnahda, partito islamico moderato, la vita politica conobbe elezioni e una vittoria degli islamisti moderati rivelatisi però incapaci di governare. Tanto che le elezioni dell’autunno 2014 hanno visto la vittoria del laico Appello per La Tunisia. Tutto questo fino a ieri. Poi, proprio il giorno seguente al quello in cui il governo ha annunciato di aver sgominato una rete jihadista e di aver giustiziato uno degli assassini di Chokri Belaid, ecco la strage di turisti. Un segnale per la democrazia tunisina è chiamata alla prova più dura.