La Stampa, 19 marzo 2015
Processo Stamina, Davide Vannoni patteggia ma non si pente: «Il mio metodo funziona». Il pm Guariniello: «La giustizia c’è e la scienza trionfa». Di sicuro Vannoni, accusato di associazione a delinquere, truffa, somministrazione di farmaci pericolosi, non andrà in carcere, non sborserà un euro di risarcimento, non farà ricorso al Tar contro la bocciatura da parte del ministero della Salute e non riproporrà Stamina in Italia né all’estero. Se lo facesse, allora sì che scatterebbero le manette
Il grande accusatore Raffaele Guariniello esulta «perché la giustizia c’è e la scienza trionfa». Il grande accusato Davide Vannoni, per voce dei suoi legali, controbatte che la scienza è la grande sconfitta e che un giorno gli darà ragione. «E allora valuteremo se chiedere la revisione del processo», dicono gli avvocati Liborio Cataliotti e Pasquale Scrivo. Sebbene i toni di Vannoni evochino scenari da processo a Galileo, la sentenza che si sta commentando è il patteggiamento a un anno e dieci mesi accolto ieri dal gup di Torino Potito Giorgio. La pena inflitta al padre del cosiddetto «metodo Stamina» mette la parola fine a sei anni di indagini e (forse) ad altrettanti di polemiche. Quello che è certo è che Vannoni, accusato di associazione a delinquere, truffa, somministrazione di farmaci pericolosi, non andrà in carcere (sospensione condizionale della pena), non sborserà un euro di risarcimento, non farà ricorso al Tar contro la bocciatura da parte del ministero della Salute e non riproporrà Stamina in Italia né all’estero. Se lo facesse, allora sì che scatterebbero le manette: e c’è chi, in procura, non abbassa la guardia su tutto quello che riguarda il metodo, a partire dai carabinieri del Nas e dal luogotenente Loreto Buccola, che ha condotto in prima persona gli accertamenti che hanno portato al blocco delle infusioni, a partire dalle prime ispezioni nello scantinato di via Giolitti dove l’esperto di comunicazione improvvisò un laboratorio, dopo un viaggio in Ucraina in cui sperimentò su se stesso le infusioni con staminali mesenchimali.
Gli altri patteggiamenti
Con Vannoni hanno patteggiato altri sei imputati, tra cui il suo numero due, il medico Marino Andolina (un anno e 9 mesi), la biologa Erika Molino (un anno e 7 mesi) e Gianfranco Merizzi (un anno e 4 mesi) che con la sua Medestea preparava la commercializzazione di Stamina. La partita non è chiusa invece per i quattro imputati degli Spedali Civili di Brescia, tra cui l’ex direttrice sanitaria Ermanna Derelli, rinviati a giudizio. Il processo si aprirà a giugno 2016, ed è anche per la data così lontana che Guariniello è soddisfatto: un processo a Vannoni non avrebbe visto una sentenza definitiva prima del 2020, e sarebbero stati anni di nuovi proclami e accuse di complotti, mobilitazioni. Con il patteggiamento finisce Stamina e finiscono i tentativi di riproporla, ed era questo che, più di tutto, voleva il pm. Il quale, comunque, non parteciperà al processo ai bresciani: andrà in pensione prima.
Chi paga maggiormente
A pagare, in senso letterale, sono gli unici due imputati che hanno scelto il giudizio abbreviato. Marcello La Rosa, direttore dell’Ires Piemonte, uno dei primi soci finanziatori di Vannoni, oltre alla pena di due anni è costretto a sborsare subito 220 mila euro, dei quali 200 mila di provvisionali alle parti civili (tra cui sette familiari di pazienti) e 20 mila di spese legali. E poi c’è Carlo Tomino, ex dirigente dell’agenzia del farmaco, condannato a sei mesi e a una multa di 5 mila euro per un’email fuorviante che faceva intendere che i trattamenti con Stamina fossero autorizzati dall’Aifa: «Grazie a Tomino – aveva detto Guariniello – Stamina si è impadronita di Brescia».