La Stampa, 19 marzo 2015
Il sindaco di Parma Pizzarotti: «L’arresto di Manenti è solo la punta dell’iceberg, c’è un sistema mostruoso con troppi avvoltoi. Ma tra gli sportivi più valori e dignità che tra i politici»
Federico Pizzarotti, sindaco di Parma, il suo primo pensiero sull’arresto di Manenti?
«Che ho fatto bene a chiudergli tutte le porte del dialogo. Avevo chiesto trasparenza ma lui ha presentato solo ombre. All’incontro con Tavecchio ero stato chiaro: Manenti avrebbe potuto presentarsi anche con 100 milioni, ma da noi avrebbe trovato solo porte chiuse. Non basta portare soldi: pretendo di sapere se sono puliti o sporchi».
Che cosa cambia per il Parma?
«Cambia il morale, ancora più a terra, non la questione di fondo. Manenti era un millantatore e non avrebbe mai potuto salvare la società, mi era chiaro fin dall’inizio».
Che cosa si aspetta dall’udienza di oggi in tribunale?
«Mi aspetto di trovare, finalmente, un interlocutore serio scelto dal tribunale, e da lì ripartire per salvare la squadra. Il mio ruolo era finito dopo l’accordo Lega-giocatori-dipendenti. Ora ricomincia».
Si giocherà domenica?
«Dipende dal sopraggiungere dei curatori fallimentari. In tal caso, da oggi sono loro i nostri interlocutori. Lo stadio è a disposizione, ma vogliamo interlocutori credibili e seri».
Quale sarà il destino del Parma?
«Le possibilità che riparta dalla B – diciamolo – sono poche. Però siamo qui anche per questo, per nutrire speranze. Ma come dicono i tifosi, non è la serie la cosa più importante, ma ridare valore, bellezza e sorriso al Parma. Qualunque serie, purché si ritorni a tifare».
Ci sono già potenziali acquirenti?
«Sì, ma è meglio non sbilanciarsi. Ora servono fatti».
Teme altri soldi sporchi?
«In crisi come questa, l’attenzione deve essere massima: oltre a persone perbene, tentano di entrare sciacalli e avvoltoi».
Per il presidente della Fgci Tavecchio «la Lega ha fatto uno sforzo enorme di solidarietà» per il Parma. È d’accordo?
«Solo in parte. Si consente al Parma di finire il campionato, ma è una toppa in un sistema che ha fatto acqua da ogni parte. Non vorrei che questa situazione paradossale finisse come una classica italiana: nessun colpevole, nessun responsabile».
Invece come dovrebbe finire?
«Se è successo quel che è successo ci sono responsabili. Ora però è presto per dire di chi sono o chi doveva controllare».
Catapultato nel mondo del calcio: a 41 anni, prima volta allo stadio. Com’è stata?
«Non sono mai stato un appassionato di calcio. Ma esserci, in un momento particolare per squadra e città, è stato emozionante. Abbiamo un patrimonio di storia da difendere».
Che impressione le ha fatto il sistema calcio?
«Non conosco quel mondo. Ma mi rifaccio a quello che è successo al Parma: se siamo arrivati a questo punto, vuol dire che anche nel mondo del calcio qualcosa non va. Non dobbiamo voltarci dall’altra parte, fare finta che non è successo nulla. Per affrontare “il mostro” dobbiamo riconoscerlo».
Ritiene che ci siano altre società in condizioni analoghe?
«Non faccio il revisore dei conti delle società calcistiche, ma credo che il Parma sia la punta dell’iceberg di un sistema che ha bisogno di cambiare».
Dice Donadoni: mi sento circondato da avvoltoi e sciacalli.
«Io ho visto solo irresponsabili senza cuore né buon senso».
E il controverso Tavecchio?
«Il capo della Figc è un’istituzione con cui si deve parlare».
Il meglio e il peggio di questa esperienza?
«Il meglio: i tifosi, la città. Il bellissimo slogan “ti seguiamo anche in D”. Il peggio: chi scappa senza assumersi le proprie responsabilità».
Ha trovato più valori nel mondo del calcio o in quello politico?
«Nel mondo del calcio, e questo è emblematico. La politica deve ritrovare dignità».