Corriere della Sera, 19 marzo 2015
Ercole Incalza si difende davanti al gip di Firenze: «Ho segnalato tanti giovani. Conosco Lupi da tempo, ma con lui ho soltanto rapporti istituzionali»
«Ingegner Incalza, intende rispondere?». «Certo, mi pare tutto talmente chiaro...». Non mostra esitazioni il principale inquisito dell’indagine anticorruzione chiamata «Sistema», quando nel carcere di Regina Coeli avvocato e magistrati si presentano per l’inter-rogatorio di garanzia.
Che sia tutto chiaro è un’opinione sua e del suo legale, pubblici ministeri e giudice la pensano in maniera molto diversa, tanto da averne deciso l’arresto. «Lo potevano evitare, sarebbe stato sufficiente convocarmi e avrei spiegato ogni passaggio – confida Incalza al difensore Titta Madia —, mi si poteva risparmiare questa sofferenza». Ora però, da detenuto, è il momento di parlare. A partire dai soldi, i 697.843 euro che Incalza intascò fra il 1999 e il 2012 dalla Green Fields System, la società di cui il «Signore delle Infrastrutture» fu uno dei soci fondatori insieme a Stefano Perotti, l’onnipresente incaricato di progetti e direzione dei lavori. Anche su questo inquisito e inquirenti la vedono in modo opposto. Nell’atto d’accusa quel denaro (non contestato nel capo d’imputazione) viene considerato e indicato come parte delle «enormi utilità» illecitamente ricevute da Incalza grazie al «patto criminale siglato con i presunti complici. Replica l’ingegnere: «Si tratta di compensi per un’attività professionale liberamente svolta nell’arco di dodici anni, a cui mi sono dedicato quando non avevo incarichi ministeriali o consulenze limitate. Vivo del mio lavoro, non ho altre rendite. Del resto sono soldi regolarmente fatturati alla Green Fields e inseriti nella dichiarazione dei redditi, difficile considerarli frutto di tangenti».
Quanto al motivo per cui le sue consulenze erano così richieste, Incalza non fa mistero dell’esperienza maturata in circa trent’anni di lavoro nel settore dei trasporti dal alta velocità; da quando ha realizzato i 97 km sulla linea Firenze Bologna – sostiene – ha accumulato un curriculum che difficilmente altri possono vantare. «Effettivamente – spiega – quando mi metto sul mercato ricevo molte offerte, rappresento un asset importante nel settore delle progettazioni».
Per gli inquirenti l’ingegnere non ha accumulato solo esperienza, ma soprattutto potere; derivante da una trama di rapporti che ha costretto perfino il ministro Lupi a sostenerlo in Parlamento, e minacciare una crisi di governo pur di salvargli il posto. «In quell’occasione – ribatte l’indagato – il ministro che conosco da tempo e col quale ho sempre avuto rapporti istituzionali, non difendeva me bensì il ministero. Sosteneva una situazione fondamentale per il suo dicastero e per il Paese, perché se la Struttura tecnica di missione fosse stata trasferita alla presidenza del Consiglio si sarebbe perso il coordinamento, dando spazio a due competenze in contrasto e concorrenza fra loro».
Poi però ci sono gli incarichi molto ben remunerati affidati alle persone indicate da Incalza; quasi sempre le stesse, dal solito ex socio Perotti a molti altri nomi. Fino a trovare «una situazione lavorativa» per il figlio di Lupi. Anche su questo punto Incalza minimizza il proprio ruolo e potere: «Su Perotti vi invito a trovare una sola telefonata in cui sollecito un’assegnazione di lavori, anche perché c’erano delle gare in cui doveva partecipare e vincere. E io non avevo la possibilità di condizionarle». In un’intercettazione l’ex presidente di Italferr Giulio Burchi descrive una situazione molto diversa: «Ercolino decide tutti i nomi... fa il bello e il cattivo tempo...», ma l’interessato nega: «Burchi era in concorrenza con Perotti, evidentemente infastidito perché lavorava meno dell’altro. Chiedete a lui perché ce l’aveva con me, ma io non avevo possibilità di favorire il suo rivale».
L’unica «colpa» ammessa da Incalza è di conoscere molte persone: «Effettivamente sono tante, e sono pure ascoltato. Capita che mi vengano segnalati dei giovani ingegneri che possono lavorare bene e io mi adopero con qualche telefonata per far avere qualche consulenza o stage». È «capitato» col nipote di un monsignore e con il figlio del ministro Lupi, accusano i magistrati. Per l’ingegnere e il suo difensore, che giocano al ribasso, si tratta di semplici raccomandazioni, niente a che vedere con reati e corruzioni. «L’interrogatorio è andato bene, e ritengo che dopo 14 proscioglimenti senza mai arrivare a dibattimento l’ingegner Incalza possa confidare di ottenere anche il quindicesimo», commenta fiducioso l’avvocato Titta Madia.