la Repubblica, 19 marzo 2015
Tutti i favori a Lupi e alla moglie: «Un valzer di telefonate per il figlio, viaggi aerei e regali di Natale»
In un precipizio dove la prima menzogna lo obbliga a continuare a mentire, il ministro Lupi, questa volta nella baraonda di grida e fischi che lo accolgono in Fiera a Milano, dice: «Non ho mentito su mio figlio. Ribadisco davanti a tutti che io non ho mai fatto pressioni per chiederne l’assunzione». Ancora una volta sono parole incaute. Che le oltre 700 pagine della richiesta di custodia cautelare dei pm di Firenze mettono a nudo per quel che sono.
LO SPONSORIZZATO AMMETTE
Scrivono i pm: «Emerge dalle intercettazioni telefoniche che l’interessamento di Stefano Perotti per l’assunzione di Luca Lupi veniva attivato da Ercole Incalza, il quale, a sua volta aveva incontrato il ragazzo su richiesta del padre, il ministro Lupi». È ciò di cui Repubblica ha dato conto ieri e che, evidentemente, non impedisce al ministro di rimanere sul punto iniziale. Ma, proprio nelle carte della pubblica accusa, si rintraccia una nuova, decisiva circostanza.
Vediamo.
È l’8 gennaio del 2014. Di buon mattino, Lupi sollecita Incalza a ricevere il figlio Luca e l’incontro tra i due avviene ad horas, affinché entro il pomeriggio la pratica sia chiusa. Mentre il ragazzo è infatti ancora nell’ufficio del Grande Mandarino, Incalza solleva il telefono di fronte a lui e chiama Perotti. Il quale, ricevuto l’ordine, informa il “problem solver” Francesco “Frank” Cavallo. Insomma, tutta la filiera del potente papà-ministro è in fibrillazione. Al punto che, sono le 16.42 dell’8 gennaio, Cavallo è in grado di chiamare Luca Lupi per fissare un pranzo per il giorno successivo, 9 gennaio. «Dobbiamo vederci per organizzare un po’ di cose», gli dice.
Non si capisce perché ad un ragazzo che non ha avuto nessuna raccomandazione dovrebbe essere riservata tanta solerzia. Né si capisce per quale motivo un ragazzo ignaro di essere sponsorizzato non si stupisca della telefonata che riceve proprio quell’8 gennaio, alle 16.44.
Al telefono è Stefano Perotti (P.)
P: «Allora, ti volevo dire... Io adesso sono a Bressanone».
L: «Sì».
P: «Ma se ti fai una chiacchierata con Franco (Cavallo ndr.)... Così lui ti racconta tutto... E mi dici quello che devo fare».
Perotti, dunque, si mette a disposizione. «Mi dici tu quello che devo fare», dice. Singolare per un «non raccomandato».
L: «Va bene... Va bene... No... Perché oggi ero lì dal...»
P: «Sì... dall’uomo» (il riferimento è a Incalza, ndr).
L: «Mi ha detto di... Gli volevo chiedere un po’ di cose... Ho fatto un po’ di domande. Allora sono venute fuori un paio di cose...“Parliamone anche con Stefano”... Allora, ti abbiamo chiamato. Però... sì, va bene... Vedo Franco (Cavallo ndr.) domani».
Sappiamo già che Luca Lupi sarà assunto dal genero di Perotti, Giorgio Mor. Ma, a dimostrazione che la raccomandazione era di quelle con i fiocchi, ecco un altro dettaglio. «In un primo momento, lo stesso Cavallo, nella ricerca di una soluzione lavorativa in favore di Luca Lupi, si attiva presso l’imprenditore Claudio Eccher, con il quale lo stesso ministro Lupi è in rapporti confidenziali».
IL BIGLIETTO PER LA CONSORTE
I riguardi del ministro per la sua famiglia non finiscono qui. Negli atti dei pm si documenta che, nel gennaio del 2014, in occasione della convention del Ncd in quel di Bari, alla signora Lupi, all’anagrafe Eleonora Dalmiglio, viene riservata la “cortesia” di un biglietto aereo Milano-Bari «per un importo di 447,03 euro». Chi paga? Scrivono i magistrati: «La ricevuta di pagamento del biglietto risulta intestata a Francesco Cavallo, viene trasmessa via mail all’indirizzo di posta elettronica de La Cascina e non è dato sapere se tale spesa sia stata rimborsata».
Del resto, Cavallo non mette mani alla tasca solo per il biglietto della signora Lupi. «Salda i conti del sarto Vincenzo Barbato, che confeziona vestiti, al prezzo di 700 euro circa l’uno, per il ministro Lupi ed i componenti della sua segreteria Nicola Bonaduce, Emmanuele Forlani e Marco Lezzi». E quando viene Natale, provvede a renderlo più lieto «con un regalo da 7/8 mila euro per Bonaduce», «1.840 euro di orologi acquistati nella gioielleria Verga di Liano», «962 euro di dolciumi comprati in Corso Magenta, a Milano».
C’è un motivo per tanta generosità. Ed è la vecchia consuetudine di fede e di opere che annoda Maurizio Lupi e Cavallo a Cl, a Bari, e al ras della cooperazione bianca in quella regione: Salvatore Menolascina. L’uomo infatti, che per altro è in collegamento con il Luca Odevaine di “Mafia Capitale”, è dominus delle due cooperative di Cl (“Senise e Cascina”) che monopolizzano da anni il business dell’accoglienza nella Regione. Di più: a Bari, nel 2004, sono rimasti impigliati nell’inchiesta sulle Coop bianche che travolgerà Raffaele Fitto (4 anni di reclusione in primo grado) proprio Menolascina (condannato in primo grado), Cavallo (all’epoca amministratore della società “Fiorita”, beneficiaria di appalti irregolari per la pulizia delle Asl pugliesi) e Luigi Solidoro (anche lui alla “Fiorita”, anche lui condannato con Fitto e, guarda caso, proprio colui che fattura gli orologi comprati da Cavallo nella gioielleria Verga). Ebbene, proprio in quell’inchiesta barese, il nome e la voce di Lupi, allora ancora un comprimario della vita politica italiana, affaccia di continuo. Come in una telefonata con Dario Maniglia, manager della “Fiorita” (poi arrestato), in cui il futuro ministro dà già prova di una qualche disinvoltura: «Sono l’onorevole Maurizio Lupi, tuo amico fraterno. Così si registra meglio. Non me ne frega un cazzo, possono anche venirmi a fare una pompa».
QUEI DUECENTO MILIONI IN PIÙ
Cavallo ha ottimi motivi per sbattersi. Perché – come scrivono i pm – sono molti gli appalti in cui «Perotti si avvale di Cavallo, quale uomo “di fiducia” del ministro Lupi, per fare transitare a quest’ultimo richieste ed informazioni: l’Alta Velocità Milano-Verona; Expo 2015; il porto di Olbia; la“A3 Salerno- Reggio; la sede Eni di San Donato; l’Alta Velocità Milano-Genova Terzo Valico di Giovi; l’autostrada Cispadana; il bando di gara dell’Autorità Portuale di Trieste; le commesse di “Ferrovie del Sud Est”».
E la riprova dell’efficacia di “zio Frank” (così lo chiamano) è quel che accade sulla Salerno-Reggio. L’Anas si rifiuta di dare semaforo verde ad un appalto aggiudicato al consorzio “Italsarc” per 400 milioni di euro ma lievitato a 600 per una sequela di varianti in corso d’opera. Il costruttore Giandomenico Ghella bussa allora alla porta del duo Perotti-Cavallo, offrendo in cambio del loro «interessamento» la direzione dei lavori. Ebbene, il 17 marzo 2014, una cimice intercetta il colloquio dei due mentre in macchina sono diretti «a un incontro con il ministro Lupi per discutere della questione Ghella». Del cui esito, lo stesso Perotti informa il costruttore: «L’incontro è stato abbastanza positivo». Il tempo farà cadere quell’«abbastanza». L’Anas abbandonerà infatti ogni resistenza e accetterà il salasso da 600 milioni. Chiosano i pm: «Non risulta, allo stato, se ed in che modo il ministro Lupi sia intervenuto a seguito della sollecitazione di Perotti».