Corriere della Sera, 19 marzo 2015
Le cento vite di Bibi, re di Israele (con una moglie ingombrante). Ritratto politico e privato del premier Netanyahu
I tre baci a Sara nella notte elettorale sono stati esaltati dagli applausi dei sostenitori nel quartier generale del Likud. Nessuno di quelli che urlava «Bibi re d’Israele» ha osato gridare quello che probabilmente gli passava per la testa: e tua moglie è Maria Antonietta.
Da quando si sono conosciuti oltre venticinque anni fa all’aeroporto Schiphol di Amsterdam, dove lui stava imbarcandosi su un volo El Al di cui lei era una hostess, i consiglieri di Benjamin Netanyahu tentano di contenere i danni causati dal fattore «S»: «S» come sorpresa (per quello che potrebbe dire durante le interviste), «S» come serenità (quella che potrebbe togliere al marito), «S» come spendacciona (la coppia è stata fustigata dal controllore dello Stato per i costi eccessivi).
Nel 1997 – a un anno dalla prima vittoria del leader conservatore sui laburisti – il quotidiano Yedioth Ahronoth aveva dedicato nove pagine alla terza moglie del primo ministro per dettagliarne le nevrosi, l’ansia di apparire, le rudezze verso gli assistenti e le guardie del corpo, le liti e le querele con le tate dei due figli, Yair e Avner. Allora il sostegno le era arrivato da un’altra primadonna poco amata da suoi «sudditi»: «Anch’io litigo con la domestica. Deve tirare avanti e non dare retta alle maldicenze», le aveva suggerito Suha Arafat.
Anche nell’ultima campagna elettorale, la numero cinque, gli strateghi di Netanyahu hanno dovuto affrontare la tempesta in bottiglia generata dalle stravaganze – piccinerie al limite del reato, ha accusato l’opposizione – di Sara. Esigeva che gli assistenti riportassero i vuoti al supermercato e le consegnassero i 10 centesimi del deposito per ognuno.
Il problema è che quelle bevande erano state acquistate con il budget a disposizione del premier per l’incarico, in sostanza con i soldi dei contribuenti israeliani, gli stessi che avrebbero dovuto decidere di lì a un mese e mezzo se Netanyahu fosse meritevole di un quarto mandato al potere. E che già si erano indignati quando un paio di anni fa una studentessa aveva costretto a rendere pubblica la lista delle spese di famiglia, compresi 2.000 euro l’anno per il gelato da consegnare alla residenza ufficiale (gusti preferiti: pistacchio e vaniglia).
Alla fine sembrano avergli perdonato lo stile di vita edonista, la passione per i sigari cubani (può fumarli sono in giardino, ordine di Sara), il parrucchiere e la truccatrice personali per lui e la moglie, la richiesta di installare un letto matrimoniale sull’aereo che doveva portarli a Londra al funerale di Margaret Thatcher (costo 120 mila euro per un volo di cinque ore).
Il premier uscente e rientrante, 65 anni, sta ancora aspettando la telefonata di congratulazioni da parte di Barack Obama. Il suo rapporto con i presidenti americani democratici non è mai stato facile: a Washington gira la battuta che l’inglese di Netanyahu – peraltro ottimo, ha studiato al Mit di Boston, è stato ambasciatore alle Nazioni Unite – abbia un forte accento repubblicano.
Il primo screzio è stato con Bill Clinton che lo considerava troppo arrogante. Quando Netanyahu viene ricevuto alla Casa Bianca nel 1996, Clinton lascia la stanza ed esclama agli assistenti: «Chi si crede di essere, chi c... è la superpotenza qui?». Con Obama è andata solo peggio, fin dall’inizio: nel maggio 2011 il presidente ha mostrato a tutti i giornalisti lo sguardo indispettito durante i sei minuti e mezzo di lezione impartitagli da Netanyahu sul Medio Oriente.
Spiegare agli altri come stanno le cose – ascolta poco, anche se con gli anni dice di essere migliorato – gli è sempre piaciuto. Naftali Bennett (che prima di diventarne alleato al governo è stato il suo capo di gabinetto) racconta di quando Bernard Lewis, il celebre storico dell’Islam, rimase bloccato per un’ora e mezzo nella mensa del Parlamento con Netanyahu che gli illustrava quanto fossero malvagi l’Iran e i suoi leader.
Quando prova a rilassarsi, Bibi apre solo biografie di grandi personaggi storici – Napoleone o Winston Churchill i preferiti – e rilegge i libri del padre Benzion (morto nel 2012 a 102 anni) che ha studiato le persecuzioni degli ebrei durante l’Inquisizione spagnola.
In campagna elettorale è stato battuto due volte: da Tzipi Livni sei anni fa (anche se poi il governo l’ha formato lui) e da Ehud Barak nel 1999. Con il soldato più decorato nella Storia di Israele (è stato anche suo ministro della Difesa) si conoscono da sempre. Nel 1973 erano sullo stesso volo di ritorno dagli Stati Uniti, neo-diplomati al Mit (Netanyahu) e a Stanford (Barak), per andare a combattere nella guerra del Kippur.
Tre anni dopo un’operazione del Sayeret Matkal, le più speciali tra le forze speciali in cui sono stati arruolati tutti e due, segna le loro vite: Yonatan, fratello maggiore di Bibi, resta ucciso nel raid di Entebbe in Uganda. Il piano era stato coordinato da Barak ed è Nava, la prima moglie, a chiamare la fidanzata di Yonatan per darle la notizia. Da allora, nell’anniversario dell’operazione, Ehud e Bibi si ritrovano insieme davanti alla lapide sul Monte Herzl.