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 2015  marzo 19 Giovedì calendario

Il Museo del Bardo di Tunisi, il luogo scelto per l’ultima atrocità del fondamentalismo islamico, è non solo una delle mète turistiche più apprezzate di tutto il Mediterraneo, ma è simbolo dell’incontro fra civiltà

Il luogo scelto per l’ultima atrocità del forsennato fondamentalismo che sparge il terrore non più solo in Iraq e in Siria, il Museo del Bardo di Tunisi, è non solo una delle mète turistiche più apprezzate di tutto il Mediterraneo, ma è forse la struttura museale del Maghreb dove la deplorevole tesi dello scontro delle civiltà è in assoluto smentita, non solo nelle intenzioni delle autorità culturali della Tunisia contemporanea, ma dalle stesse testimonianze archeologiche. Inaugurato nel 1888 nei primi anni del protettorato francese, il Bardo, allestito nello harem dell’area palatina di Mohammed Bey, è il luogo di conservazione di tesori archeologici che vanno dalla più remota preistoria fino ai nostri giorni. Nella sua attuale sistemazione assai brillante per lo stile dell’allestimento, concepito dallo studio francese Codou-Hindley e dall’architetta tunisina Amira Nouira, ha inteso essere un esemplare luogo espositivo di tutte le civiltà succedutesi sul territorio della Tunisia, e soprattutto, il luogo testimonianza della internazionalità e della globalità della cultura.
Non v’è dubbio che gran parte dell’archeologia sviluppatasi dagli inizi del Novecento in Libia, in Tunisia, in Algeria e in Marocco, soprattutto sui siti spesso spettacolari del mondo classico e in particolare d’età romana imperiale, sia stata condotta con la non troppo recondita intenzione di mostrare la superiorità del mondo romano sulla barbarie dei popoli del Mediterraneo meridionale, prefigurando la pretesa superiorità del mondo europeo contemporaneo sulle genti del moderno Maghreb. Eppure la ricerca archeologica in Tunisia è sempre stata esemplare per gli eccellenti rapporti tra archeologi occidentali e studiosi locali.
Il Museo del Bardo è il risultato naturale di questa collaborazione internazionale che ha avuto il suo apice nella realizzazione del grande progetto, rimasto incompiuto, cosiddetto di Tunis-Carthage, che doveva, sotto il patrocinio dell’Unesco, riportare alla luce ogni testimonianza di quell’antica capitale di un impero marittimo esteso per gran parte del Mediterraneo centrale e occidentale, sempre raffigurata con toni drammaticamente negativi per la raffinata e spietata propaganda romana dilatata dai racconti di grandi storici anche di cultura greca.
Il Bardo di Tunisi è il maggiore museo al mondo che conservi testimonianze dell’antica civiltà della gloriosa colonia di Tiro in terra d’Africa, ma è soprattutto un museo sensazionale per i tesori di tutti i suoi Dipartimenti, concepiti con rara modernità di intenti e di criteri espositivi. È il più spettacolare museo di mosaici d’età imperiale romana e del mondo paleocristiano; non ha rivali se non nel Museo di Antiochia in Turchia. E tuttavia i suoi tesori vanno ben al di là delle opere musive: basti pensare alla collezione di monete puniche e romane, al cosiddetto tesoro di Chemtou, dal luogo di ritrovamento di una giara che conteneva oltre 1600 monete d’oro anteriori al 420 d.C. Basti citare la qualità degli oggetti che documentano la cultura araba dei primi secoli della epica conquista di tutto il Maghreb da parte degli eserciti omayyadi. Il “Corano blu”, un manoscritto del libro sacro dell’Islam iscritto in caratteri cufici dorati su pergamena blu, non ha alcun confronto tra le centinaia di manoscritti coranici anche assai antichi conservati in ogni luogo del mondo musulmano.
Di fronte all’interminabile strazio perpetrato dall’Is dovunque tra Siria e Iraq, e alla nuovissima barbarie delle distruzioni delle testimonianze storiche delle più antiche civiltà del pianeta, ci si domanda quali motivazioni profonde siano all’origine di atti tanto efferati da parte di chi sembra attentissimo, e abilissimo, a usare i mezzi di comunicazione di massa del mondo contemporaneo. Una delle risposte è certo nell’intenzione di mostrare al mondo il rigore inattaccabile di una fede estrema e la risolutezza nel negare ogni possibilità di dialogo con chiunque rappresenti un’ideologia o una fede diversa.
Le atrocità compiute nel Museo di Tunisi dipendono da una scelta precisa anche nella individuazione del luogo. Il Museo del Bardo è un luogo simbolico, al cospetto delle testimonianze della storia, dell’incontro e del dialogo tra le civiltà, anche le più diverse. Versare il sangue innocente in un luogo simbolo della cultura sembra l’ennesima dimostrazione fragrante di un’inflessibile volontà di negazione di ogni incontro, di ogni dialogo. E soprattutto di ogni possibile pacificazione.