la Repubblica, 19 marzo 2015
Teoria e prassi del terrorismo islamista sono facilmente riassumibili: colpire chiunque e colpire ovunque. Il nemico è tutto il mondo e tutti gli abitanti del mondo, eccetto chi fa parte del terrorismo islamista
Teoria e prassi del terrorismo islamista sono facilmente riassumibili: colpire chiunque e colpire ovunque. Il nemico è tutto il mondo e tutti gli abitanti del mondo, eccetto chi fa parte del terrorismo islamista. Il nemico è dunque una quasi infinita moltitudine, e perfino definirla “maggioranza” è improprio: è molto più di una maggioranza, è la specie umana quasi al completo. Musulmani compresi, anzi musulmani per primi, come dicono spietatamente le statistiche e come conferma l’attacco a Tunisi. Il numero esorbitante è dunque ciò che ci rende, al tempo stesso, vulnerabili come individui (ognuno di noi è nel mirino) ma invincibili come collettività. E questo, specie per noi occidentali, è abbastanza inedito. Siamo la patria filosofica, culturale e politica dell’individualismo, per noi la sede dei diritti e dei doveri è l’individuo, le responsabilità sono individuali, le colpe individuali, i meriti individuali. Ma mai come adesso (forse solo quando l’umanità era sotto l’attacco nazista) dobbiamo fare affidamento sul numero, dare merito al numero, confidare, come arma vincente, sulla grandiosa massa critica costituita dal nostro brulicare, prosperare, riprodurci, vivere. Questo ci avvicina ai popoli per i quali la forza della collettività è consolazione della precarietà individuale. Chissà che non ci si capisca meglio, facendo di necessità virtù.