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 2015  marzo 17 Martedì calendario

Il Texas scende in piazza contro i robot. È il primo sciopero anti-macchine. Quando il potere dell’intelligenza artificiale distrugge posti di lavoro



È successo sabato, in Texas, alle due del pomeriggio: la prima protesta ufficiale nota contro i robot.
Certo, l’obiettivo principale erano gli esseri umani che li costruiscono, ma sulle magliette dei manifestanti c’era scritto proprio «Stop the Robots», che poi è il nome del loro movimento. Ancora in embrione, ma deciso a disinnescare la minaccia dell’intelligenza artificiale, che un giorno potrebbe decidere di fare a meno dei suoi stessi creatori. 
Nella capitale del Texas, Austin, è in corso il festival tecnologico South by Southwest, dove si immagina il futuro più avanzato possibile. Ad esempio Martine Rothblatt, fondatrice di Sirius Satellite Radio e ora ad di United Therapeutics, ha assicurato il pubblico che presto saremo circondati dalla «coscienza cibernetica». «Ci sarà un continuo progresso del software, nel corso della nostra vita. 
Ogni compagnia cercherà di battere Siri (l’application di Apple che già funziona da assistente personale del proprietario, ndr) fino a quando arriveremo alla coscienza. Sarà come l’acqua che sale, sale, sale, e prima di rendercene conto, ci ritroveremo in un oceano di coscienza cibernetica». Robot, cloni, macchine capaci di imitarci alla perfezione.
Martine non la vede come una minaccia, perché è sicura che riusciremo a «mescolarci, senza creare uno scontro fra noi e il cyberspazio». Altri, come il fondatore di Tesla Elon Musk, o il fisico Stephen Hawking, non sono così sicuri. Secondo loro l’intelligenza artificiale è una minaccia non solo perché i robot prenderanno i posti di lavoro degli esseri umani, ma perché potrebbero mettere fine alla nostra stessa esistenza. 
I timori degli scienziati
Musk ha avvertito: «Io penso che dovremmo essere molto cauti. Se dovessi immaginare le nostre minacce esistenziali più grandi, indicherei l’intelligenza artificiale. Serve un organismo di controllo nazionale e internazionale, per assicurare che non facciamo qualcosa di molto stupido». Hawking ha aggiunto che «lo sviluppo della piena intelligenza artificiale potrebbe significare la fine della razza umana», e il fondatore della Microsoft Bill Gates ha concordato: «Sono nel campo che è preoccupato. All’inizio le macchine faranno molti lavori per noi e non saranno super intelligenti. Questo dovrebbe essere uno sviluppo positivo, se lo gestiamo bene. Qualche decennio dopo, però, l’intelligenza sarà abbastanza forte da rappresentare una preoccupazione. Sono d’accordo con Musk, e non capisco come altri possano non esserlo».
A ognuno il suo spazio
Il movimento «Stop the Robots» ha sposato queste preoccupazioni, e sabato scorso è sceso in piazza ad Austin per protestare davanti alla sede di Sxsw. Poche persone, che però hanno attirato l’attenzione dei media di mezzo mondo, dalla Bbc a «Usa Today». Il loro leader, che non si considera tale, è il ventiduenne Adam Mason, e la peculiarità è che non sono luddisti. Adam sta per laurearsi in Computer Programming alla University of Texas, e il suo prossimo obiettivo è trasferirsi nella Silicon Valley per lanciare una start up: «Non abbiamo alcuna intenzione di distruggere le macchine. A prima vista, tutti pensano che il nostro sia un gruppo anti tecnologia, ma è vero il contrario. Noi siamo tecnologi che amano la tecnologia, e prevediamo un futuro in cui sarà necessaria per l’umanità». Però «dobbiamo fare attenzione, ed impedire che l’intelligenza artificiale assuma ruoli umani, in un modo che potrebbe essere controproduttivo per l’umanità. Nello stesso tempo, dobbiamo trovare la maniera di usare la tecnologia su grande scala per creare posti di lavoro, invece di distruggerli».
Il gruppo al momento ha una ventina di membri, tutti studenti come Adam e tutti innamorati dai computer. Solo che non gli piace come vengono usati. Stanno ricevendo domande di adesione da mezzo mondo, ma non intendono fare gli attivisti per mestiere. Vogliono laurearsi, entrare nel mondo del lavoro, e dimostrare nella pratica come la tecnologia possa e debba essere usata a vantaggio degli uomini, invece che minacciarli.