Corriere della Sera, 17 marzo 2015
Il fenomeno del Terrore, dalla rivoluzione francese all’Isis
Apprendiamo che l’Isis ha distrutto anche Hatra. Leggiamo che i jihadisti bruciano persone vive, uccidono ferocemente gli occidentali, distruggono musei. Stanno invadendo quasi tutti i Paesi dell’Africa. Ma veniamo a sapere che la maggior parte dei jihadisti sono giovani che sono stati educati in Occidente. Allora ci si chiede: da dove nasce tutto questo odio contro gli occidentali, contro la cultura occidentale, contro la civiltà? Osserviamo che i giovani jihadisti vengono reclutati quasi tutti in Occidente, che ragazze occidentali partono per raggiungere i loro fidanzati jihadisti. Quali sono i motivi che spingono i giovani occidentali ad accettare di essere reclutati dai jihadisti e quali sono i sentimenti che albergano nella loro mente? Potrebbe chiarire meglio ai lettori questi concetti?
Pasquale Cutolo
Caro Cutolo,
Possiamo cercare di imparare qualcosa dal modo in cui gli studiosi della rivoluzione francese hanno analizzato il fenomeno del Terrore. Nella storia dei grandi mutamenti rivoluzionari giunge sempre il momento in cui un partito, fra quelli che si battono contro il vecchio ordine, cerca di imporsi sugli altri e conquistare la leadership. In questa gara per il potere vince generalmente la fazione che dimostra maggiore intraprendenza, dinamismo, spregiudicatezza, audacia. Nella Francia del 1792 vinse per alcuni mesi la componente più feroce del giacobinismo; e la vittoria garantì a Robespierre e a Saint-Just, fino a Termidoro, un notevole consenso popolare.
Nel grande mondo del fanatismo arabo-musulmano questo processo di continua radicalizzazione è stato enormemente favorito dalle guerre degli Stati Uniti, vale a dire dall’esistenza di un campo di battaglia in cui ogni ambizioso tribuno della plebe può dimostrarsi più risoluto e crudele dei suoi concorrenti. Abbiamo assistito così, negli ultimi anni, all’ascesa di organizzazioni sempre più estreme e al corrispondente declino di altre (come Al Qaeda) che avevano dominato la scena per molto tempo.
Quanto ai seguaci reclutati in Occidente, mi sembra che le cifre siano ancora troppo approssimative per consentire un ragionevole quadro d’insieme. Il fenomeno non è sorprendente. L’aumento della presenza musulmana in Europa, durante anni caratterizzati da immigrazione clandestina e recessione economica, ha suscitato paure che i movimenti populisti hanno cercato di sfruttare e ha creato un clima in cui il giovane musulmano è percepito come una potenziale minaccia. Che questo fenomeno avrebbe creato frustrazioni nazionalistiche e allargato l’area in cui i movimenti radicali possono pescare nuove reclute era largamente prevedibile. Le democrazie occidentali possono conquistare la simpatia e l’ammirazione degli immigrati per la qualità delle loro istituzioni e della loro legislazione civile, ma possono anche apparire altere, arroganti e indisponenti. L’Isis si combatte anzitutto con le armi, ma se vogliamo evitare che lo Stato islamico trovi nelle nostre società i suoi seguaci, dobbiamo anche evitare di incoraggiare i loro sentimenti di estraneità e alienazione.