la Repubblica, 17 marzo 2015
Livni e Herzog, due avvocati alla conquista di Israele. Ecco chi sono e come intendono sconfiggere Netanyahu
Tzipi e Buji formano la coppia politica che nelle prossime ore può sconfiggere l’uomo per nove anni al governo in Israele. Perlomeno lo sperano, confortati dai pronostici favorevoli, ma tutt’ altro che infallibili. Soltanto Ben Gurion, il fondatore dello Stato ebraico, è stato primo ministro più a lungo di Benyamin Netanyahu che adesso rischia di perdere il posto. Ma che, tenace come un mastino, si è dato da fare fino all’ultimo, con comizi e riunioni, per conquistare un quarto mandato.
Insieme Tzipi Livni (Tzipi è diminutivo di Tzipora) e Isaac Herzog (detto Buji) hanno creato l’Unione sionista, formazione di centro sinistra in cui hanno riversato i loro rispettivi partiti: quello liberale di lei, Hatnua, e quello laburista di lui, Avoda. L’alleanza ha avuto una fortuna inaspettata sul piano virtuale dei sondaggi, che alla vigilia del voto le attribuivano almeno quattro seggi di più in Parlamento di quelli immaginati per il Likud, il partito di destra di Netanyhau. Chiamato Bibi. Gli israeliani amano usare i nomignoli. Danno un tocco di familiarità a una società politica dura, litigiosa.
Le indagini d’opinione possono non riflettere i risultati reali, capita spesso, e quindi Netanyahu non si è dato per vinto. Non è nella sua natura. La partita resta aperta anche perché ottenere più seggi in Parlamento e quindi essere incaricato dal capo dello Stato non dà la garanzia di diventare primo ministro. Per formare il governo bisogna tro- vare una maggioranza, vale a dire almeno 61 dei 120 deputati che conta la Knesset. Proprio a Tzipi Livni, allora capo del partito Kadima, accadde nel 2009 di conquistare un seggio in più di tutti gli altri ma di non riuscire poi a costruire una coalizione. La media degli ultimi sondaggi dava 26 seggi al centro sinistra di Tzipi e Budji. Tutto può dunque accadere. Compresa la formazione di un governo di unione nazionale nel caso nessun partito raccogliesse attorno a sé una maggioranza.
L’avere gettato un forte dubbio sulla rielezione di Benyamin Netanyahu è comunque un successo per Tzipi Livni e Isaac Herzog. Quando ha sciolto in anticipo il Parlamento, il primo ministro era convinto che il quarto mandato gli fosse assicurato. Non aveva calcolato gli strascichi dell’ultimo conflitto di Gaza, che aveva intaccato il mito della stabilità garantita dai suoi governi, e le difficoltà economiche createsi nel Paese. I vizi e le debolezze dell’impavido Bibi, coperti fino allora da una condotta impetuosa e spesso spavalda, sono apparsi evidenti e hanno suscitato tante incertezze. Netanyahu esaltava meno e ha cominciato a stancare. La voglia di cambiare si è accentuata via via, ma non è facile smuovere un macigno. Tzipi e Buji hanno provato.
Lui, Herzog, appartiene a una grande famiglia israeliana. Il nonno grande rabbino, il padre presidente della Repubblica, lo zio famoso ministro degli esteri. Sono i nostri Kennedy, dicono senza sorridere troppo i suoi amici. Lui non è un generale, non è un eroe di guerra, non ha neppure la figura del macho, che qui non stona se è quella di un uomo cui è affidato la sicurezza del Paese. Non è molto alto. Non è un grande oratore. Ma tutte queste mancanze nel curriculum e nell’aspetto hanno finito col fare di lui un personaggio singolare, sempre più degno di attenzione per le dichiarazioni misurate, sensate, per lo stile da intellettuale che sa quel che dice, per la compostezza che è l’esatto contrario dei comportamenti eccessivi di Netanyahu, facile da identificare come l’esatto contrario.
I cronisti politici che lo frequentano lo definiscono «un uomo di centro del centrosinistra». Il partito laburista di cui è il segretario ha subito nell’ultimo decennio una forte disaffezione. Essenzialmente sostenuto dagli askenaziti, di origine centro e nord europea, élite intellettuale fondatrice dello Stato ebraico, è stato abbandonato dalle classi medie spostatesi al centro e a destra, perché il partito non esprimeva più i suoi valori originari e navigava in un’ambiguità ideologica senza interesse.
Isaac Herzog, di professione avvocato, 54 anni, ha recuperato il termine sionista che era stato scippato dalla destra. Non sono pochi coloro che gli rimproverano di avere cosi respinto quella parte della popolazione araba israeliana che votava per il vecchio partito. Ma ha però rispolverato i valori sociali che il sionismo aveva perduto, quando è stato recuperato dalle masse sefardite, gli ebrei orientali, sull’onda delle quali il sionismo di destra (riformista) è arrivato al potere. Da allora è diventato sinonimo di nazionalismo.
Sul problema essenziale, quello palestinese, Herzog si op- pone alle drastiche posizioni dei partiti di destra che rifiutano ogni concessione: è in favore di uno Stato palestinese, a condizione che le autorità dell’Olp si dimostrino moderate; non è contrario a una condivisione di Gerusalemme come capitale, riservando a Israele i luoghi tradizionali dell’ebraismo. Si ripropone in caso di una vittoria elettorale di compiere una prima visita a Washington per incontrare Barack Obama e riallacciare i rapporti con l’America sfidata da Netanyahu. Poi si recherà in Egitto per tentare di creare un’intesa con gli arabi moderati in cui comprendere i palestinesi.
Nell’Unione sionista occupa un posto di rilievo Tzipi Livni. Il suo è un piccolo partito liberale, ma lei ha una storia politica di rilievo. Ha 56 anni, è avvocato come Herzog, ma non proviene da una celebre famiglia di tradizione progressista. Il padre era dell’Irgun, l’organizzazione militare della destra sionista, e lei ha militato da ragazza nel Betar, il movimento giovanile con la stessa tendenza. Da studente, a Parigi, ha lavorato per il Mossad, i servizi segreti. E in Israele ha aderito al Likud, il partito di destra. Ha poi seguito il generale Sharon quando il campione della destra nazionalista con un’improvvisa svolta al centro ha fondato il partito Kadima. Tzipi Livni è stato più volte ministro, in particolare degli esteri. Prima di essere licenziata dal governo Netanyahu era ministro della giustizia. In tutti i ruoli e in tutti i partiti si è distinta per le posizioni di “colomba”, vale a dire favorevoli a uno Stato palestinese. Se sul piano economico Tzipi Livni si distingue dall’alleato Isaac Herzog per le idee liberiste, su quello politico si dimostra più decisa di lui nel sostenere il processo di pace con i palestinesi.