Corriere della Sera, 17 marzo 2015
Falso in bilancio. Dopo l’alleluja di Grasso ecco cosa cambierà: da 3 a 8 anni per le società in Borsa, da 1 a 5 per le altre, pene aumentate contro la corruzione e prescrizione raddoppiata
«Alleluja, alleluja» ora c’è il testo sul falso in bilancio, commenta il presidente del Senato Pietro Grasso che all’alba della legislatura (primavera 2013) da semplice parlamentare presentò il ddl 19 anticorruzione. Le pene inasprite (da 3 a 8 anni per le società quotate, da 1 a 5 per le non quotate, con procedibilità a querela solo per le piccole imprese) e il ripristino per tutti del «reato di pericolo» sono il cuore del testo del relatore di maggioranza Nico D’Ascola (Ncd) – spolpato in corso d’opera delle parti riguardanti autoriciclaggio e voto di scambio politico mafioso, già approvati in modo autonomo – che adesso arriva al giro di boa della commissione Giustizia del Senato, anche se l’approdo in Aula previsto per oggi slitterebbe alla prossima settimana. A meno che il presidente della commissione, l’azzurro Francesco Nitto Palma («Non diciamo Alleluja, ma FI ha interrotto l’ostruzionismo), non si convinca a dare il via libera al ddl entro domani sera.
La svolta, dopo mesi di attesa, è andata scena al piano ammezzato del Senato dove il governo, rappresentato dal Guardasigilli Andrea Orlando (Pd) e dal sottosegretario Enrico Costa (Ncd) ha presentato l’emendamento annunciato sul falso in bilancio. Che rimane, dunque, l’unico piatto forte della legge anticorruzione.
«Contro corruzione proposte governo. Pene aumentate e prescrizione raddoppiata», ha scritto su Twitter il presidente del Consiglio Matteo Renzi, richiamando – nel giorno in cui da Firenze parte l’ennesima inchiesta sugli appalti per le grandi opere – anche la legge sui tempi del processo che proprio ieri ha fatto il suo debutto in Aula alla Camera dopo una lunga fase di attesa.
Il ministro della Giustizia ha messo in campo tutte le su carte: «Habemus Papam», ha detto davanti alla porta della commissione quando gli hanno comunicato gli «Alleluja» lanciati dal presidente Grasso. Poi, nel merito dell’emendamento, il Guardasigilli ha aggiunto: «Siamo passati da un reato di danno a un reato di pericolo con aumento delle pene per cui direi che siamo difronte a un reato capace di mordere il fenomeno». Orlando ha poi voluto rivendicare l’equilibrio del testo: che ha superato qualunque ipotesi di soglia di non punibilità ma che, allo stesso tempo, ha lasciato la querela di parte e la valutazione del giudice sulla particolare tenuità del fatto per valutare gli illeciti riguardanti le piccole imprese. In questo modo il governo ha raccolto le osservazioni del mondo imprenditoriale senza rinunciare, ha osservato il ministro, «a un contrasto serio del fenomeno».
Resta da vedere quale sarà ora l’atteggiamento di Forza Italia. Ieri pomeriggio il senatore azzurro Giacomo Caliendo – causa il ritardo degli aerei utilizzati dai colleghi del Pd Lumia e Filippin, che poi sono arrivati all’ammezzato trafelati e con i bagagli al seguito – avrebbe avuto la possibilità di bloccare i lavori della commissione chiedendo che si verificasse il numero legale. Così non è stato. E la seduta (sospesa per pochi minuti) è potuta continuare quando i banchi si sono riempiti. Se l’ostruzionismo di FI è rientrato, ci penseranno i grillini a mettersi di traverso. Il M5S ha proiettato una grande foto di un ministro Maurizio Lupi con la faccia interdetta nella sala Nassiriya del Senato e ha attaccato Renzi: «Dove è finito il “Daspo per i corrotti” che Renzi sbandierava e che poi ha fatto bocciare quando è diventato un nostro emendamento?», ha chiesto il capogruppo Andrea Cioffi.
Sulla eventuale modifica della legge Severino, quella che ha determinato la sopensione dalla carica di sindaco dei condannati in primo grado De Magistris e De Luca, il governo con il sottosegretario Graziano Delrio ha detto che non se ne fa niente: tutto congelato fino alla sentenza della Consulta.
Intercettazioni solo per le quotate
Dopo 14 anni di contravvenzioni per le società non quotate in Borsa (la riforma della depenalizzazione è del 2001, in piena era berlusconiana), il falso in bilancio torna a essere un reato a tutti i livelli imprenditoriali. Non solo per le società quotate in Borsa. In più, si tratta di un reato «di pericolo» (non «di danno») che poi significa dare per scontato che le false comunicazioni sociali e i bilanci truccati provocano «sempre» un danno al mercato e ai soci che subiscono il raggiro. Dunque si torna alla situazione antecedente il 2001 e pure con qualche inasprimento di pena per le società quotate in Borsa (da 3 a 8 anni, con la possibilità di utilizzare le intercettazioni) e con la cancellazione delle soglie di non punibilità previste in un primo momento dal governo per evitare che finissero nelle maglie del codice penale anche i meri errori fatti da piccolissimi imprenditori. Nel caso la società sia non quotata la pena diminuisce (da 1 a 5 anni) e si posiziona sotto l’asticella oltre la quale sono consentite le intercettazioni per le indagini. Aumentano infine le sanzioni pecuniarie per i vertici delle società: da 200 a 400 quote per le non quotate, 400-600 per quelle quotate.
Le piccole aziende e la tenuità dei reati
Il motivo di un ritardo durato mesi del ddl anticorruzione sta nella definizione della soglia minima per il falso in bilancio. Se l’impresa è piccola, magari familiare, come si fa a piantare paletti rigidi? Inizialmente, il governo aveva pensato di «salvare» le piccole società non quotate creando un’area di non punibilità: con le soglie (in base al volume di affari) al di sotto delle quali non scatta il reato. Ma questa soluzione è stata scartata (avrebbe forse favorito il «nero», per rimanere sotto la soglia) e il governo ha preso un’altra strada. Quando le piccole società non quotate rientrano tra quelle che non possono fallire (parametri e dimensioni li stabilisce il codice fallimentare), il falso in bilancio verrà perseguito a querela di parte (non d’ufficio). Inoltre si introduce nel codice civile l’articolo 2621 ter per stabilire che, ai fini della non punibilità per particolare tenuità del fatto, il giudice «debba valutare in modo prevalente l’entità dell’eventuale danno cagionato alla società, ai soci o ai creditori». La particolare tenuità del fatto, come causa di non punibilità, opera dunque anche per il falso in bilancio punito con pena non superiore a 5 anni.
Più facile licenziare i lavoratori corrotti
Una parte importante del disegno di legge anticorruzione riguarda l’aumento delle pene per i reati contro la pubblica amministrazione. Per il delitto di corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio (articolo 319 Codice penale) il governo ha proposto e ottenuto di innalzare di due anni, rispettivamente, le pene minima e massima: che salgono così dagli attuali 4-8 anni a 6-10 anni. L’aumento delle pene è previsto anche per il delitto di induzione indebita a dare o promettere utilità in corruzione giudiziaria (319 quater): sale di un anno la pena minima, che arriva a quattro anni, e di due anni la pena massima, che sarà di dieci anni. Ci sono novità, poi, anche per le pene accessorie per i reati contro la pubblica amministrazione. Aumenta da tre a cinque anni la durata massima della pena accessoria del divieto di contrattare con la pubblica amministrazione. Licenziare i corrotti sarà più facile: basterà una condanna a due anni (e non più a tre) per far scattare l’estinzione del rapporto di lavoro presso amministrazioni o enti pubblici. Per il peculato e l’indebita induzione, poi, è previsto un leggero aumento delle pene (si passa a 4-10 anni e sei mesi).
Sanzioni ridotte per chi collabora
Nella relazione del ddl Grasso, rubricata come «ipotesi di lavoro», c’era l’agente sotto copertura che smascherava nei meandri della pubblica amministrazione corrotti e concussori. La proposta, poi, è stata ripresa da un emendamento dei grillini ma il governo e il relatore Nico D’Ascola (Ncd) hanno dato parere contrario e così Pd e Forza Italia hanno votato no all’«agente provocatore». È stata introdotta, invece, una specifica circostanza attenuante (da un terzo alla metà della pena da irrogare) in favore di quanti, imputati per i delitti di corruzione, collaborino efficacemente con l’autorità giudiziaria al fine di assicurare la prova dei reati, l’individuazione dei responsabili, il sequestro delle somme. Inoltre, sarà imputabile di concussione non solo il pubblico ufficiale ma anche l’incaricato di pubblico servizio (l’infermiere che chiede denaro per favorire un paziente risponderà di concussione). Inoltre, se condannato, il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio sarà chiamato a pagare una somma pari all’ammontare di quanto indebitamente abbia ricevuto. Se lo fa prima del processo avrà la possibilità di patteggiare.