il Fatto Quotidiano, 16 marzo 2015
Non solo Parma: viaggio nei conti delle big del calcio. Gli Emiliani sono a rischio crac, il 19 marzo la decisione del tribunale. Ma sono molti i club di Serie A che non se la passano bene
Se io, o qualcuno che fa il mio lavoro, potessimo avere in mano tutti i dati che ha a disposizione la Covisoc, penso riusciremmo a capire con relativa facilità se una squadra di Serie A si trova in una situazione potenzialmente paragonabile a quella del Parma”. Così parla Diego Tarì, Chief Financial Officer di diverse aziende e fondatore del sito di analisi economico-finanziaria del calcio tifosobilanciato.it che ci ha concesso le tabelle che prendono in esame i bilanci della squadre di Serie A al 30 giugno 2013 (per alcune al 31 dicembre 2013). L’esplosione dell’affaire Parma, con la sorprendente scoperta che nell’indifferenza generale degli organi preposti al controllo – ovvero la Lega di Serie A di Maurizio Beretta e la Figc di Carlo Tavecchio – una squadra di Serie A non solo non pagava gli stipendi a giocatori e fornitori da diversi mesi (almeno sette), ma non aveva nemmeno i soldi per tenere aperto lo stadio e si è vista pignorare beni mobili e immobili nello sconcerto generale, apre uno squarcio profondo nel mondo della gestione economica e finanziaria delle formazioni nostrane. In buona sostanza, quasi nessuna squadra di Serie A avrebbe rispettato i parametri economici e finanziari necessari per iscriversi alla stagione 2014/15. Questo non vuol dire che non avrebbero potuto farlo, dato che il mancato rispetto dei parametri presi in esame non impedisce al Consiglio Federale di concedere le licenze per partecipare al campionato, come da regolamento Noif (Norme Organizzative Interne Figc).
“Sono parametri utili solo per comprendere lo stato delle cose – spiega infatti Diego Tarì – ma le regole per come sono state scritte non danno spazio alla Covisoc per intervenire”. L’iscrizione ai campionati è quindi legittima, ma la situazione resta allarmante. Dopo che la Covisoc la scorsa primavera aveva lanciato l’allarme, giovedì il Tribunale di Parma si pronuncerà sull’istanza di fallimento del Parma Fc. Per evitare che in un futuro, più prossimo di quel che potrebbe sembrare, lo stesso accada anche per altri club, sarebbe quantomeno necessario cambiare i requisiti d’iscrizione, o rendere obbligatorio il rispetto di quelli esistenti. Non solo, questi parametri sono stati alleggeriti nel 2007, quando si è scoperto che nessuna avrebbe potuto iscriversi, e quando a comandare il calcio c’erano Giancarlo Abete (Figc) e Antonio Matarrese (Lega). Basti pensare che oggi, otto anni dopo, sui tre criteri presi in esame solo sette squadre (Cagliari, Fiorentina, Napoli, Palermo, Sassuolo, Udinese e Verona) ne riescono a rispettare due. Altre quattro (Juventus, Lazio, Parma e Torino) ne rispettano uno, mentre ben otto squadre (Atalanta, Cesena, Chievo, Genoa, Inter, Milan, Roma, Sampdoria) nessuno. Nelle tabelle manca l’Empoli, i cui bilanci non sono stati visionati da tifosobilanciato.it . Ma andiamo con ordine.
Nel rapporto tra il Valore della Produzione e i Debiti Finanziari netti (ovvero l’esposizione verso il sistema bancario), serve capire quanti anni di ricavi sono necessari a una società per ripagare questi debiti. Il Consiglio Federale ha stabilito che il VP deve essere almeno 4 volte tanto il DF. Bene, ce la fanno il Napoli, che non ha debiti finanziari, e poi in ordine crescente di virtuosismo Sassuolo, Palermo, Verona, Fiorentina, Cagliari, Lazio e Torino. Le altre undici squadre invece non rispettano questo parametro. Per loro non sono previste squalifiche o penalizzazioni in classifica, ma solo multe sotto forma della mancata erogazione dei contributi federali. Sarebbe interessante conoscere dagli organi competenti se almeno queste multe ci sono state o se, al solito, si sono chiusi entrambi gli occhi.
Inoltre si analizza qual è l’apporto dell’azionista a sostegno del club, ovvero quanti soldi ha messo il padrone. Il Patrimonio Netto (capitale sociale e riserve) è messo in relazione all’Attivo Patrimoniale, che spiega come sono stati usati questi soldi come investimenti (e si intendono perlopiù i cartellini dei giocatori, lo stadio e altri beni immobili, i crediti maturati etc.).
Qui il parametro da rispettare è stabilito annualmente, e in passato era stato fissato sullo 0,1 (ovvero la proprietà deve avere versato almeno il 10% del patrimonio complessivo) anche se curiosamente per i bilanci 2013-14 questo dato non sembra essere stato comunicato. Tenendo il parametro di 0,1 solamente nove squadre (Fiorentina, Napoli, Cagliari, Udinese, Sassuolo, Palermo, Verona, Parma e Juventus) lo rispettano, le altre no. Qui va fatta una postilla. Ben quattro squadre di Serie A (Inter, Sampdoria, Milan e Roma) hanno addirittura il Patrimonio Netto in passivo, nonostante questo dato sia generalmente ignorato da giornali e televisioni, che preferiscono affidarsi al bilancio civilistico del club da cui risulta che sono in attivo.
Eppure, come anche richiede la Covisoc, andrebbe valutato il bilancio consolidato, da cui risultano in negativo, perché le quattro squadre di cui sopra controllano – o sono controllate da – società terze. Per di più è un trend in continuo aumento nel mondo del calcio: dalla cessione del marchio in leasing a una controllata, alla creazione di NewCo che emettono bond (vedi i recenti casi di Inter e Roma con Goldman Sachs) e iniettano così denaro contante nel club, questa è la nuova via del calcio italiano all’edulcorazione dei bilanci.
Terzo punto: il rapporto R/I tra Ricavi e Indebitamento netto (quindi non solo con le banche). Qui il limite è fissato e deve essere di 3 a 1. Inoltre questo è l’unico parametro che, rispetto ai primi due, porta anche a una sanzione di natura operativa, ovvero al possibile vincolo sulle operazioni di calciomercato. Ebbene, sulle diciannove squadre prese in esame, solo l’Udinese lo rispetta. Da qui al blocco del calciomercato però ce ne corre, innanzitutto perché nelle ultime sessioni di mercato le squadre italiane hanno sì mosso una quantità enorme di giocatori ma in particolare a costo zero, poi perché l’abbattimento del monte ingaggi o una ricapitalizzazione sono comunque intesi come capitale fresco da poter investire.
“Detto ciò è ovvio che, come in ogni azienda, se banche e fornitori continuano a erogare crediti a società con questi bilanci – conclude Diego Tarì –, la Covisoc non ha il potere di impedirlo”. La questione dei fornitori ci riporta però con una certa urgenza al caso Parma, dove oltre ai calciatori ci sono diversi dipendenti con famiglie a carico che da mesi non vedono un euro. Ebbene, tra i requisiti necessari al Consiglio Federale per concedere la licenza c’è per esempio lo stadio a norma (e infatti il Cagliari per oltre dieci anni ha giocato in stadi non a norma) e il pagamento di stipendi e contributi “per i tesserati”. E solo per loro. Questo esclude dipendenti e i fornitori. In pratica posso iscrivermi al campionato di Serie A se pago i giocatori e verso loro i contributi, se invece non pago giardinieri, magazzinieri e così via, non c’è problema. Evidentemente la Figc non ha interesse a tutelare i soggetti più deboli dell’indotto del calcio che, oltretutto, pesano anche pochissimo sui bilanci. Ebbene, a osservare i bilanci dei club negli ultimi anni si vede una crescita importante dei debiti verso i fornitori, che lasciano intendere che non sia solo il Parma a non aver pagato stipendi e contributi alle maestranze meno tutelate.
La situazione è grave, e pure seria con buona pace di Flaiano. Le norme e i paletti per l’iscrizione al campionato 2015/16 dovranno essere stabilite dalla Figc entro il 30 marzo.
Per questo l’ultima data disponibile per fare qualcosa è il Consiglio Federale del 18 marzo, in vista del quale il presidente della Figc Tavecchio ha dichiarato: “Stiamo studiando d’intesa con la Covisoc nuove procedure di iscrizione, con maggiori garanzie che tengano conto non solo della parte del conto economico ma anche patrimoniali”. Mentre loro studiano, il giorno dopo, 19 marzo, il Tribunale di Parma dichiarerà fallito il Parma Fc.