la Repubblica, 16 marzo 2015
1992, la Tangentopoli di Stefano Accorsi. Il 24 marzo parte su Sky la serie in dieci puntate che racconta l’anno in cui l’inchiesta Mani Pulite ha tentato di cambiare l’Italia. «Ma c’è tanto da raccontare, gli sceneggiatori stanno già scrivendo 1993, ci piacerebbe chiudere la trilogia con 1994»
“Sono i soldi sporchi che tengono insieme i mattoni di questa città”, dice in una scena Antonio Di Pietro (Antonio Gerardi). Si prova un senso di vertigine, a rivedere sullo schermo l’anno della rivoluzione di Tangentopoli. Tutto comincia con l’arresto di Mario Chiesa – era il 17 febbraio – ma la storia raccontata nella serie più attesa della stagione, 1-992, di Giuseppe Gagliardi, dieci episodi in onda dal 24 marzo su Sky Atlantic, mescola realtà e finzione, con immagini d’epoca, costruendo un affresco formidabile dell’Italia di quegli anni.
Nata da un’idea di Stefano Accorsi, che interpreta il personaggio filo conduttore, Leonardo Notte, ex autonomo, diabolica mente di Publitalia, scritta da Ludovica Rampoldi con Stefano Sardo e Alessandro Fabbri, la serie prodotta da Wildside per Sky intreccia gli anni di Mani Pulite con le storie di persone sconosciute. La bellissima soubrette Veronica Castello (Miriam Leone), disposta a tutto pur di arrivare in tv, si lega all’imprenditore Michele Mainaghi (Tommaso Ragno) travolto dall’inchiesta, poi al reduce dell’Iraq Pietro Bosco (Guido Caprino), arruolato dalla Lega Nord. La sorella giornalista di cronaca giudiziaria (Elena Rodonicich) va a caccia di scoop inseguendo il poliziotto del pool Luca Pastore (Domenico Diele), mentre l’agente Rocco Venturi (Alessandro Roja) è invischiato in affari poco chiari. Poi c’è Bibi Mainaghi (Tea Falco) la figlia punkabbestia dell’industriale... Le riunioni di Publitalia, con Fabrizio Contri più vero di Marcello Dell’Utri, spiegano bene la filosofia berlusconiana, l’ex Cavaliere appare nell’intervista a Mike Bongiorno che gli chiede se entrerà in politica (risposta: “Mi considero l’uomo del fare”).
Nella Milano da bere tutto sembra a portata di mano: potere, donne, soldi. La politica si spartisce miliardi mentre il pool – Gerardi è Di Pietro, Pietro Ragusa interpreta Gherardo Colombo, Natalino Balasso è Piercamillo Davigo, Giuseppe Cederna il procuratore Francesco Saverio Borrelli – seguendo le mazzette arrivano ai politici. In una scena Falcone spiega a Di Pietro come si fanno le rogatorie internazionali. Presentata al Festival di Berlino la fiction è stata celebrata dalla stampa internazionale: la Frankfurter Allgemeine scrive: “Raramente un Paese ha il coraggio di guardarsi allo specchio come in questo caso”.
Accorsi, com’è nata l’idea di 1992?«Avevo 21 anni quando è scoppiata Mani Pulite, fu un momento esaltante, di passione civile e di speranza. L’immagine che ho davanti agli occhi è Paolo Brosio a Palazzo di giustizia. Ero disinteressato alla politica, ho cominciato a interessarmi a qualcosa. Si è spalancata una porta».
Che cosa voleva raccontare?
«M’incuriosiva capire quello che succede nei palazzi e nei corridoi del potere; mostrare il passaggio dalla prima alla seconda Repubblica. Mescolare personaggi inventati a quelli reali permetteva alla narrazione una libertà maggiore, tenendo la Storia sullo sfondo. Non è stato facile, ho cominciato a parlarne anni fa, poi ci siamo incontrati con Mario Gianani e Lorenzo Mieli e ci siamo confrontati con Andrea Scrosati di Sky. Così il progetto ha preso corpo, gli sceneggiatori hanno avuto l’idea fantastica di raccontare solo il 1992, c’è dietro un lavoro di documentazione monumentale. Le storie dei personaggi le hanno create loro».
Il suo personaggio Leonardo Notte è un serpente tentatore: cinico, non ha ideali né morale. Spiega ai suoi: “L’elettorato va dove gli tira l’uccello”.
«Ah sì, se è per questo dice anche che “l’elettorato è smodato e arrapato...”. Conosce gli uomini. Raramente a un attore vengono proposti ruoli che osano così tanto dal punto di vista morale, etico, fisico. Notte riesce a cogliere le cose cinque minuti prima, non è un caso che Dell’Utri gli dia l’incarico. È un archetipo: viene dai movimenti degli anni Settanta a Bologna, ha creduto in un’ideologia e capisce che non c’è niente in cui credere, va a Milano e si butta nella pubblicità. Niente può fermarlo».
Mai avuta la tentazione di giudicarlo?
«No, non avrei mai potuto. In 1992 i personaggi funzionano nella fuga delle emozioni, e forse in parte rappresentano quel periodo storico, sono ubriachi di adrenalina, ma non sono superficiali. Penso alla soubrette Veronica Castello, interpretata da Miriam Leone. Reagisce al lutto facendo sesso; Notte è tutto giacche firmate-cravatte-sorrisi, l’animalità viene fuori nei rapporti sessuali. È un free lance, non fa parte di un sistema, è artefice del suo successo: un self made man che non vede limiti. Vede opportunità ovunque».L’intuito non si discute, ma il modo in cui raggiunge i suoi obiettivi sì.«Vive di astrazioni per sfuggire alla sua infelicità, grattando la scorza il dolore riaffora, ha sempre bisogno di essere un po’ ebbro, di credere nella forza di un sogno che sia un discorso pubblicitario o un progetto. Questo lo rende diverso dai collaboratori, intuisce per esempio che può vendere gli spazi all’interno di Non è la Rai solleticando il voyeurismo degli adulti».
E grazie al primo sondaggio nella scuola steineriana che frequenta la figlia fa una scoperta ancora più interessante...
«I ragazzini votano come personaggio preferito Berlusconi: capisce che è un leader naturale e che gli uomini per costruire il partito sono in Publitalia, non vanno cercati fuori. Ormai il “bene comune” è un concetto astratto. È giusto discordare, ma se in un gruppo qualcuno non è d’accordo e non dice cose fondamentali, dovrebbe fare un passo indietro. L’intuizione di Notte è infilarsi in una squadra che fa riferimento al capo».
Si è chiesto come reagirà Berlusconi?
«No, è una serie che riserva molti snodi e sorprese. So che non susciterà giudizi univoci».
Anche sapendo com’è finita, guardando la serie si prova un curioso sentimento misto di speranza per il futuro e nostalgia.
«È un periodo lontanissimo e vicino allo stesso tempo, una classe politica è stata spazzata via ma la cronaca ci dice che Tangentopoli non è finita. C’è tanto da raccontare, gli sceneggiatori stanno già scrivendo 1993, ci piacerebbe chiudere la trilogia con 1994».