Corriere della Sera, 16 marzo 2015
Parigi, riapre il minimarket della strage. I legami fra i terroristi e i punti irrisolti. Due mesi dopo l’attacco a Charlie Hebdo e al negozio kosher, 6 persone in cella. Gli autori dei due attentati erano in contatto. Il mistero del filmato di 7 minuti
La signora che alle 9.30 del mattino riempie il carrello del supermercato con la passata di pomodoro e le scatole di matzot, il pane azzimo, compie un gesto banale e enorme allo stesso tempo, e lo sa. Il 9 gennaio, in questo stesso Hyper Cacher di Porte de Vincennes, a Parigi, il terrorista islamico Amédy Coulibaly ha ucciso un commesso e tre clienti che, come lei, erano andati a fare la spesa. Compravano prodotti cacher, conformi alle regole della religione ebraica. Per Coulibaly, quel pane azzimo era la certezza che lì avrebbe trovato degli ebrei da uccidere.
A poco più di due mesi dalla strage, l’Hyper Cacher riapre. Dall’arredamento alla disposizione dei prodotti, tutto è cambiato dopo la devastazione di quel giorno, ma fuori ci sono ancora centinaia di fiori, biglietti e cartelli in ricordo di Yohan Cohen, 20 anni (studente e dipendente del negozio, il primo a essere ucciso), Philippe Braham, 45, François-Michel Saada, 64, Yoav Hattab, 21.
L’augurio
Comprare il matzot qui diventa un atto di resistenza e testimonianza, «i pazzi non vinceranno, noi non dimentichiamo l’orrore ma la vita continua e non abbiamo paura di nessuno», dice la signora Estelle. Accanto a lei c’è Éric Cohen, padre di Yohan: «Auguro una lunga vita a questo negozio – dice mentre paga alla cassa —, e vorrei che tutti sapessero che Yohan è qui e li protegge». Yohan Cohen venne ucciso subito, a sangue freddo, da Amédy Coulibaly: il terrorista lo prese per un braccio, gli chiese il nome e gli sparò alla testa, davanti ai clienti che stavano diventando ostaggi.
Moïse Azoulay oggi racconta di essere uscito dal supermercato pochi minuti prima che arrivasse l’assassino: «Il tempo di tornare a casa, accendo la tv per avere notizie dell’assedio ai fratelli Kouachi (quelli del massacro a Charlie Hebdo di due giorni prima, ndr ) e scopro che un altro terrorista è nel negozio che ho appena visitato. Oggi, non potevo non essere qui».
I dipendenti girano con vassoi di pasticcini, il ministro dell’Interno Bernard Cazeneuve compra del vino e gli si blocca la carta di credito, un signore tiene per mano i suoi due bambini, ha un sorriso un po’ spaesato. «Sono venuto per insegnare delle cose ai miei figli. Verremo ogni domenica e compreremo qualcosa, sarà il nostro piccolo contributo. No, non sono del quartiere, vengo dalla Seine-et-Marne (un dipartimento fuori Parigi), sono musulmano... Ma questo non ha importanza». «Invece sì!», dicono allora gli altri clienti con la kippah che si accorgono di lui, gli stringono la mano, non finiscono di ringraziarlo, «chapeau!», gli ripetono. Un altro cliente allora racconta di avere sempre fatto la spesa qui con i bambini ma adesso la moglie non vuole più che i figli lo accompagnino, «ha paura e la capisco». Quattromila 700 agenti e 10 mila soldati proteggono l’Hyper Cacher e gli altri «luoghi sensibili» di tutta la Francia, e intanto l’inchiesta per smantellare la rete di complici di Amédy Coulibaly continua. Quattro persone sono state arrestate la settimana scorsa, due rilasciate e due incarcerate. In totale, sono sei oggi gli uomini in prigione.
L’uomo che correva
Amar R., 33 anni, si è scambiato oltre 600 sms con Coulibaly nei quattro mesi precedenti l’attentato. Secondo Le Canard enchaîné, il suo telefono cellulare sarebbe stato localizzato nei pressi dell’Hyper Cacher nei minuti precedenti l’attacco. E sempre Amar sarebbe sospettato di essere l’autore degli spari contro l’uomo che faceva jogging a Fontenay-aux-Roses, la sera del 7 gennaio, giorno della strage a Charlie Hebdo. I bossoli ritrovati a Fontenay sono compatibili con una delle due pistole Tokarev usate da Coulibaly e ritrovate all’Hyper Cacher. Forse sono stati degli spari di prova.
L’altro incarcerato sabato è Saïd M., 25 anni. Il giorno dell’attacco di Coulibaly al supermercato Amar e Saïd si sono incontrati per distruggere le carte sim dei loro telefonini, nella speranza di cancellare le tracce dei legami con il terrorista. La gendarme Emmanuelle, 34 anni, compagna di Amar, è stata arrestata ma rilasciata poco dopo. Altre quattro persone sono ancora in cella: Michaël A., che il 6 gennaio ha avuto 18 contatti telefonici con Coulibaly e ha lasciato la sua impronta Dna su un guanto recuperato all’Hyper Cacher; Willy P., Christophe R., Tonino G., questi ultimi considerati dei delinquenti comuni estranei al terrorismo islamico, che per soldi hanno aiutato Coulibaly a rifornirsi di coltelli, giubbotti antiproiettile, e la Renault Mégane usata per andare sul luogo dell’attacco.
I 13 cellulari
Confermati i legami tra i fratelli Kouachi e Coulibaly: il 7 gennaio, un’ora prima di entrare in azione a Charlie Hebdo, Chérif invia un sms a uno dei 13 cellulari di Coulibaly. Hayat Boumeddiene, la compagna del terrorista, sarebbe ancora in Siria, dove è entrata l’8 gennaio. Amédy Coulibaly ha filmato 7 minuti della strage con una videocamera GoPro legata al petto. Gli investigatori temono che abbia trasmesso il file a un complice, e che il fantasma del vecchio Hyper Cacher tornerà, con un video su Internet. Ma per adesso vince l’immagine del supermercato nuovo, senza sangue e senza oblio.