Il Messaggero, 13 marzo 2015
Terrore a Ferguson, due agenti feriti a colpi di pistola. Nuovi scontri razziali potrebbero scoppiare negli Usa da un momento all’altro
Nuovi scontri razziali potrebbero scoppiare negli Usa da un momento all’altro. «La tensione si respira nell’aria» si sfoga Lawrence Bryant, un reporter di Ferguson, la cittadina del Missouri che dalla scorsa estate è testimone di violenze sia da parte dei poliziotti che dei manifestanti. Bryant era davanti al dipartimento di polizia, quando nella notte di mercoledì è avvenuto un attacco contro due agenti. Colpi di pistola, sparati alla fine di una manifestazione che era stata fino a quel momento pacifica, hanno mandato all’ospedale un agente di 31 anni e uno di 41 anni. I due sono stati dimessi ieri pomeriggio, ma si è trattato di un miracolo: un centimetro più a destra e sarebbero morti. Non ci sono ancora incriminazioni formali, anche se sono stati fermati due uomini.
LE DIMISSIONI
Il ferimento dei due agenti è avvenuto poche ore dopo che il capo della polizia, Thomas Jackson, aveva presentato le dimissioni sotto il peso delle accuse di razzismo mossegli in un rapporto del Dipartimento della Giustizia. Il sangue dei due poliziotti ha però indignato il ministro Eric Holder, che ha definito l’aggressione «imperdonabile e ripugnante». Holder ha anche colto l’occasione per sottolineare come gli attacchi contro la polizia «mettano a repentaglio proprio le riforme che i manifestanti invocano». Lo scorso dicembre due agenti sono stati uccisi a New York da un giovane instabile che protestava contro la violenza della polizia ai danni dei giovani afro-americani. Un altro agente è stato ucciso pochi giorni fa a Filadelfia e uno in Louisiana. Per Holder si tratta di «azioni vergognose, da codardi». Allo stesso tempo, il ministro ha pubblicato il duro rapporto sulla gestione grottescamente razzista della polizia di Ferguson.
L’attenzione del Dipartimento federale era stata sollecitata dopo che un grand jury aveva rifiutato di incriminare un poliziotto che aveva ucciso Michael Brown, un 18enne di colore disarmato. La morte di Brown, lo scorso luglio è stata poi seguita da incidenti simili in altre città, senza che gli agenti venissero incriminati. Alle vite stroncate vanno aggiunti incidenti non sanguinosi, ma significativi: due giorni fa l’università dell’Oklahoma ha chiuso d’autorità un club di studenti per un video in cui i membri cantavano che «piuttosto che ammettere dei neri nel club» avrebbero preferito «vederli pendere da un albero».
Questi fatti rafforzano la sensazione che si stia verificando una recrudescenza di razzismo, e qualcuno sospetta che in parte sia causata proprio dalla presenza di un presidente di colore. Per l’appunto domenica scorsa si è celebrato il 50esimo anniversario della Marcia di Selma che portò alla firma del Voting Rights Act, la storica legge che difende il diritto di voto universale. Il presidente Obama ha sottolineato come dal 1965 siano stati compiuti tanti passi, e come tanti ne rimangano ancora da fare.