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 2015  marzo 13 Venerdì calendario

Il caso del sindaco di Agropoli che si fa multare per essere sostituito dal suo vice, così da correre per le Regionali tenendo in caldo la sua poltrona. Vantandosi, poi, di avere trovato un sistema per fregare la legge

Franco Alfieri è il sindaco di Agropoli e desidera candidarsi alle elezioni regionali campane nelle liste del suo partito, il Pd. Ma una legge locale impedisce ai sindaci di farlo, decretando in caso contrario il commissariamento del Comune. Il sindaco non ha alcuna intenzione di cedere la poltrona a un funzionario statale su cui non eserciterebbe alcun controllo: vuole tenerla in caldo per il suo vice. Perciò lascia l’auto in sosta vietata. Il vigile gli fa la multa e lui si rifiuta di pagarla, impugnandola davanti all’amministrazione comunale, cioè a se stesso. Si realizza così la fattispecie prevista dal D.Lgs.18-8-2000 n.267, in base al quale l’amministratore che apre un contenzioso con il proprio ente decade dall’incarico e viene sostituito dal suo vice.
Può darsi che la legge proibizionista disinnescata dalla furbata del sindaco di Agropoli sia una schifezza. Ma è comunque una legge e come tale andrebbe rispettata almeno da chi è tenuto a dare il buon esempio. Mentre il sindaco non solo se ne è infischiato, della norma. Si è vantato in pubblico di avere trovato un sistema per fregarla. Altrove questa operazione alla Totò gli sarebbe costata l’isolamento politico e il disprezzo degli elettori. Invece qui gli è valsa il plauso di maggioranza e opposizione, e un balzo ulteriore nei sondaggi. Non saprei trovare aneddoto migliore per illustrare l’eterno e insolubile «caso italiano». A determinare il carattere di un Paese non sono le regole, ma il consenso sociale che le circonda. E da noi quel consenso non sta certo con chi fa la legge. Semmai con chi trova l’inganno.