Il Sole 24 Ore, 12 marzo 2015
Solo l’8% delle grandi opere realizzate. Una fotografia desolante dell’Italia. A 14 anni dalla legge obiettivo completati lotti per 23 miliardi sui 285 programmati
A 14 anni dalla legge obiettivo, approvata nel 2001, la fotografia delle realizzazioni ultimate resta desolante: dei 285 miliardi di opere inserite nel programma, quelle ultimate valgono un investimento da 23,8 miliardi, pari all’8,4% del totale. Era il 7,6% nell’ottobre 2013.Va addirittura peggio se, anziché considerare l’intero faraonico programma, si restringe il perimetro alle sole opere approvate dal Cipe: il valore totale dell’investimento ammonta a 149 miliardi, le opere concluse si fermano a 6,5 miliardi (4,3% del totale). Il primo dato è più alto perché comprende i singoli lotti ultimati (quelli compresi nel programma sono mille), il secondo solo le intere opere completate. Se però anche nella seconda classifica si considerassero, per esempio, i 47 lotti ultimati della Salerno-Reggio Calabria per un importo di 6 miliardi, le percentuali resterebbero comunque largamente al di sotto del 10 per cento. Questi numeri sono stati presentati ieri alla commissione Ambiente della Camera: l’occasione era la presentazione del 9° Rapporto sull’attuazione della legge obiettivo, curato come ogni anno dal Servizio studi della Camera con il Cresme e in collaborazione con l’Autorità di vigilanza dei contratti pubblici, ora Autorità nazionale anticorruzione.
A confermare la stasi del programma c’è un’altra notazione del Rapporto. «Le previsioni dell’8° Rapporto indicavano la conclusione di 54 opere entro la fine del 2014 e il loro costo complessivo ammontava a circa 12 miliardi, ma in base al 9° Rapporto l’ultimazione entro tale data è stata confermata per sole 39 opere del costo complessivo di 6,5 miliardi». Slittamenti, quindi, anche quando i lavori dovrebbero essere in dirittura d’arrivo.
Non manca, ovviamente il capitolo dedicato ai costi. Il monitoraggio svolto dal Rapporto ha scelto 97 opere deliberate dal Cipe e contenute nel programma fin dal 2004 : il costo era di 65.227 milioni al 30 aprile 2004, è salito a 91.516 milioni al 31 dicembre 2014. L’incremento è del 40,3%.
Molte le ragioni della lentezza, a partire dalla scarsa selezione di opere. Anche nell’ultimo anno il perimetro delle opere deliberate dal Cipe è cresciuto di 10,3 miliardi con l’inclusione dell’autostrada Orte-Mestre e della Rho-Monza. Resta anche un problema di fabbisogno finanziario: dei 149 miliardi del perimetro Cipe sono finanziati 94,7 miliardi pari al 63% (con un apporto di finanziamenti privati di 36 miliardi) mentre mancano ancora 55 miliardi.
Il 9° Rapporto sulla legge obiettivo presenta anche alcuni focus tematici dedicati al recepimento delle direttive Ue e agli scenari dell’innovazione. Dal confronto internazionale che viene presentato appare chiaro che l’Italia è fortemente in ritardo su entrambi i fronti. «I principali Stati membri dell’Unione europea – afferma il documento – stanno tempestivamente adottando i provvedimenti per adeguare i loro ordinamenti ai principi e alle norme della nuova legislazione europea». Anche l’Italia ha approvato un disegno di legge delega che però è rimasto fermo sei mesi e solo a febbraio è partito con passo lento.
«Ai fini del recepimento – afferma il documento – appare opportuno tenere presenti gli scenari che si stanno delineando a livello internazionale e che sono strettamente collegati ai processi di innovazione che maturano nell’ambito dell’economia digitale. Si tratta di processi che rivoluzionano in profondità l’intero ciclo di realizzazione delle infrastrutture, dalla progettazione alla gestione, e che potrebbero dispiegare effetti positivi sia sul piano della riduzione dei costi e dei tempi di realizzazione delle opere sia sul piano del miglioramento della compatibilità ambientale ed energetica». Per questo alcuni Paesi – Germania, Francia e soprattutto Regno Unito – «hanno adottato o stanno adottando, in concomitanza o nell’ambito del recepimento delle direttive, strategie di politica industriale per introdurre o implementare i processi innovativi nelle costruzioni e nelle opere pubbliche».
Considerazioni che da tempo fa anche il presidente della commissione Ambiente della Camera, Ermete Realacci, convinto che intorno al recepimento delle direttive Ue si possa costruire un quadro di profondo rinnovamento del settore dei lavori pubblici. «Per far ripartire le opere pubbliche nella direzione giusta – dice – è necessaria una massiccia dose di semplificazione normativa mediante il recepimento delle direttive Ue, la vigilanza e lo stimolo dell’Autorità anticorruzione guidata da Raffaele Cantone, una selezione delle opere che punti a investire nei settori innovativi e sostenibili, una massiccia dose di innovazione che faccia tesoro anche dell’esperienza di Paesi europei come Francia, Germania e soprattutto Gran Bretagna».