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 2015  marzo 12 Giovedì calendario

Nicaragua, il presidente Ortega tiene famiglia (tutta nel governo). L’ex leader sandinista nomina la moglie ministro degli Esteri e i figli consiglieri

Il potere cambia chi lo ha e chi non lo ha. Daniel Ortega, comandante sandinista nella rivoluzione che fa scappare il dittatore Somoza; Ortega presidente progressista che nell’80 umilia la dottrina Reagan soffiando sulla ribellione centro americana per “sgretolare il colonialismo di Washington”; l’Ortega che da 7 anni ha ripreso in mano Managua dopo averla perduta nelle elezioni 1990, lacrime agli occhi e parole che commuovono (“ho vinto con le tasche vuote e me ne vado con le tasche ancora vuote”), insomma l’ Ortega- Cenerentola ha imparato la lezione: interpreta il potere alla maniera dei dittatori che disprezza da una vita. Se la Repubblica di Somoza era a conduzione familiare e ogni figlio ereditava dal padre la fascia suprema, il capo del governo del Nicaragua 2015 affida a moglie, figlie, figli le poltrone chiave del governo. Senza manovre di corridoio o voci inquiete per le violazioni della costituzione democratica conquistata dal comandante Daniel durante la lunga marcia nella selva. Distribuisce le medaglie lontano da occhi invidiosi: in Costarica, durante la riunione dei paesi latino americani e dei Caraibi. Alle autorità di San José che all’aeroporto l’aspettavano per il benevenuto presenta la moglie, Rosario Murillo, poetessa fluviale, con parole che sorprendono i padroni di casa: ecco Rosario “attuale cancelliere in funzione in Nicaragua “. E i presidenti e i ministri delle due americhe si chiedono quale destino possa avere travolto il cancelliere sandinista di loro conoscenza, povero Samuel Santos rinchiuso nel suo ufficio di Managua. Nessun dramma: Santos sempre al suo posto, Rosario cancelliere (ministro degli Esteri) cancelliere viaggiante.    E non è sola. Due matrimoni hanno allargato la famiglia Ortega e a San Josè il presidente arriva con le figlie Camila e Luciana, “consigliere del capo dello stato”, quindi autorità ufficiali. Alle sue spalle il figlio Rafael, naturalmente ministro mentre l’altro ragazzo, Laureano Ortega Murillo, consigliere per le grandi opere, sta viaggiando in Cina per pianificare con l’impresario Wang Jim e i tecnici di Pechino, la costruzione del canale che dovrebbe far concorrenza al taglio di Panama.    Rivoluzione ed affari in famiglia confermano la stabilità del governo e ormai non sono peccato. Il nepotismo è un tragico lascito della colonia spagnola, ma non solo. Se i conquistadores attraversavano i secoli passando le poltrone da padre in figlio, l’Ortega guerrigliero aveva già capito come era possibile assicurare la stabilità di una repubblica popolare. Si ispira a Fidel coperto alle spalle da Raul, ministro della Difesa. E subito l’Ortega minore, salute cagionevole, diventa ministro delle Forze armate. Sradicare il nepotismo lungo secoli è l’ impresa non riuscita anche a Lula presidente del Brasile. Nel segreto del voto metà Partito dei Lavoratori ha respinto la proposta e il nepotismo resiste. Ma l’evoluzione di Daniel fratello e padre del popolo che si lasciava battere la mano sulle spalle dai giornalisti di ogni parte del mondo per far capire la sostanza della sua democrazia, la sua evoluzione nel familismo è solo l’ultimo capitolo di una presa di potere che non ammette interferenze. Decide, ordina: impossibile non dargli ragione. L’incidente – chiamiamolo così – che ne rivela la piega sconosciuta risale a sette anni fa. Ripresa la presidenza, apre alla destra delle antiche inimicizie. Conservatori del latifondo che a volte vivono negli Stati Uniti dove un miliardario vuol comperare l’isola di Solantiname perduta nel lago Nicaragua. Nell’isoletta liberata da Somoza vive padre Ernesto Cardenal poeta cresciuto nella trappa di Thomas Merton e ministro nel primo governo di Daniel. L’ha trasformata in un laboratorio di cultura e meditazione sociale: dall’Europa e da New York arrivano intellettuali e politici pellegrini della soliadrietà. Ma Daniel consente acconsente trasformazione in club vacanze. E si infuria per la reazione internazionale. Denuncia Cardenal “sentendosi offeso nella propria moralità”. Ma perfino i giudici del suo Nicaragua non trovano il coraggio di dargli ragione.