la Repubblica, 12 marzo 2015
Il Nobel Carlo Rubbia ci spiega cosa aspettarci dalla riaccensione dell’acceleratore del Cern: «Il bosone di Higgs è solo il primo passo, ora affronteremo l’universo oscuro»
«Se fossi un giovane e mi spiegassero che dell’universo conosciamo solo un misero 5% mi getterei subito nell’impresa di capire il 95 rimanente». Carlo Rubbia, Nobel per la fisica nel 1984 grazie alla scoperta delle particelle W e Z, ex direttore del Cern (Organizzazione europea per la ricerca nucleare) e senatore a vita dal 2013, commenta oggi la riaccensione del Large Hadron Collider (Lhc), l’acceleratore di particelle del Cern di Ginevra. Dopo la scoperta del bosone di Higgs, annunciata nel 2012, il più grande strumento scientifico del mondo (la lunghezza del suo anello sotterraneo è di 27 chilometri) si è fermato per due anni e ha “rinnovato i motori”. Ora tutto è pronto per ripartire con un’energia doppia (da 6,5 a 13 Tev), mai raggiunta da altri acceleratori di particelle, e domande infinite. L’italiana Fabiola Gianotti sarà direttrice generale del Cern dall’anno prossimo. A Lhc il nostro paese partecipa con ben 600 scienziati coordinati dall’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare.
Cosa osserveremo con il nuovo Lhc?
«Sarà la natura a stabilirlo, noi possiamo solo avanzare ipotesi. Di sicuro però si miglioreranno i dati sul bosone di Higgs. Quelli che abbiamo sono preliminari e saranno approfonditi».
Il bosone di Higgs non è una scoperta già incassata?
«L’Higgs è stata una scoperta importante e una grande esperienza per la scienza europea. Ma ora spalanca una fase nuova per la fisica. Anche quando scoprimmo le particelle W e Z poi fu necessario approfondire la ricerca usando un nuovo acceleratore, il Lep. È stato proprio studiando W e Z con maggior precisione che siamo arrivati a prevedere il quark top e il bosone di Higgs. Lo stesso dovremmo fare oggi. Scavando bene attorno all’Higgs, precisando i dettagli dei suoi decadimenti, potremmo avere sorprese importanti».
Il nuovo Lhc è pronto per l’impresa?
«Farà un lavoro ancora migliore rispetto al passato, ma Lhc è un acceleratore associato a molti segnali di fondo nei suoi dati. Abbiamo progetti ancora più grandi».
Per esempio?
«Ci sono varie ipotesi. La prima è costruire un acceleratore circolare ancora più grande, di circa cento chilometri. Questa macchina potrebbe essere realizzata al Cern, oppure negli Stati Uniti o in Giappone. Anche in Cina ci stanno pensando. Un acceleratore lineare, cioè rettilineo, potrebbe essere ugualmente adatto. Anche in questo caso bisognerebbe raggiungere la lunghezza di un centinaio di chilometri. Infine, ed è l’idea su cui sto lavorando, si potrebbero far scontrare due fasci di muoni, uno positivo e uno negativo. In questo caso l’Higgs verrebbe prodotto in solitudine e si avrebbe un segnale chiaro».
Dal nuovo Lhc ci si aspettano nuove idee sulla supersimmetria.
«L’esistenza della supersimmetria è un’ipotesi che è stata avanzata, ma va approfondita meglio perché finora la massa delle particelle è maggiore rispetto a quanto osservato».
E per quanto riguarda la materia oscura?
«È un grande punto interrogativo. Al momento possiamo osservare i suoi effetti solo sulla forza di gravità dei corpi celesti. Può darsi che il suo effetto finisca lì, oppure che sia associata a una fisica delle particelle elementari ancora da scoprire. In un certo senso, anche della materia oscura l’Higgs è il responsabile, in quanto particella che dà la massa alle altre particelle elementari. Approfondire la ricerca sul bosone è importante dunque anche per decifrare il mistero della materia oscura».
Quali altre sorprese potrebbero arrivare dal nuovo Lhc?
«La natura è ancora tutta da scoprire e questo è un momento fantastico per essere fisici. Completare lo studio dell’Higgs ci permetterà di chiudere il capitolo del 5% dell’universo che conosciamo e affrontare finalmente il 95% che è ignoto».
Il bosone di Higgs è quindi un ponte verso una fisica ancora tutta da immaginare.
«Rappresenta la transizione fra ciò che conosciamo, il modello standard, e la fisica del futuro. Prima la cosmologia avanzava ipotesi che erano quasi modelli filosofici. Ora è diventata una scienza esatta e cerca di rispondere alle domande fondamentali dell’uomo: dove siamo e da dove veniamo? Prendiamo il Big Bang: era nato come un’idea, oggi è un’esperienza reale, che può essere in parte ricreata in laboratorio. Purtroppo abbiamo un solo universo e non possiamo rivivere un altro Big Bang per studiarlo da vicino».