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 2015  marzo 12 Giovedì calendario

L’Isis sconfitto dalle truppe irachene, appoggiate dalle milizie sciite e dall’Iran, si ritira da Tikrit, la città di Saddam. Il prossimo obbiettivo sarà Mosul

Dopo la presa di Tikrit, il prossimo obbiettivo sarà Mosul. Lo Stato Islamico, noto come Isis, è in ritirata: il suo momento più difficile dalle strepitose vittorie in Iraq tra il giugno e agosto scorsi. L’entrata in forze ieri mattina dell’esercito iracheno, assieme alle milizie sciite e ai corpi scelti dei pasdaran iraniani, nella città simbolo del vecchio partito Baathista di Saddam Hussein, la culla del mitico Saladino e patria delle tradizionali tribù sunnite, ha un significato molto chiaro per i nuovi vincitori e costituisce un monito per i vinti: l’offensiva è destinata a continuare. Del resto a Bagdad nessuno ha mai nascosto che Tikrit era una prova generale. Si trova a 140 chilometri dalla capitale. Se fosse caduta in modo relativamente veloce e senza troppe perdite, la corsa sarebbe continuata verso nord, per i 200 chilometri che portano a Mosul.
Ci sono volute meno di due settimane per penetrare Tikrit. Ieri all’alba le avanguardie dell’avanzata erano entrate su due colonne da nord e da ovest. Presa la difficile zona dell’università (dove pochi mesi fa una precedente offensiva si era arenata), catturati gli ospedali maggiori e i quartieri settentrionali. «Avanziamo con lentezza nel nucleo urbano per il fatto che Isis ha cosparso le strade di mine e trappole esplosive. Dobbiamo fare attenzione ai loro kamikaze», spiegano gli ufficiali ai media iracheni sul posto. Non si hanno ancora idee precise sul numero delle vittime. Pare che la maggioranza dei circa 150 mila abitanti sia fuggita da tempo.
Una delle grandi incognite, che rappresenta un grave problema per il premier iracheno Haider al Abadi, è costituita dal comportamento delle milizie sciite e i combattenti iraniani nei confronti dei civili sunniti. Ci saranno vendette contro di loro per i crimini commessi da Isis ai danni degli sciiti? Oppure riuscirà a prevalere il concetto per cui questa è una guerra di liberazione contro estremisti mischiati a jihadisti stranieri? Difficile dire.
Già ieri mattina sui siti locali venivano diffuse immagini di decapitazioni dei militanti di Isis presi prigionieri. Alcune di queste riprendevano ragazzini giovanissimi inquadrati nelle milizie sciite che brandivano sorridenti i resti sanguinolenti delle teste dei nemici. Del resto solo pochi mesi fa qui erano le violenze di Isis a fare paura. A fine giugno fecero scalpore i video diffusi dai jihadisti di 1.516 cadetti dell’accademia di Tikrit uccisi come cani nel deserto.