la Repubblica, 11 marzo 2015
Lazio, il miracolo di Pioli. Un’ottima regia, calciatori di qualità e «nessun gallo nel pollaio». Solo così il tecnico biancoceleste è riuscito a portare la squadra al terzo posto con vista sul secondo occupato dai rivali della Roma
La chiamano PioLazio, è diventata la squadra più spettacolare d’Italia. Terzo posto con vista sul secondo occupato dai rivali della Roma (che ha monte ingaggi doppio), un numero di gol segnati inferiore solo alla Juve (dal 2001 i biancocelesti non segnavano tanto, 47 reti in 26 giornate), 4 vittorie consecutive in campionato e la semifinale di ritorno di Coppa Italia da vivere in apnea contro il Napoli. Il produttore di questo piccolo capolavoro è Lotito, il direttore del casting Tare, gli attori – tutti protagonisti – un gruppo di giocatori che si aiutano l’uno con l’altro e applicano alla lettera le indicazioni del regista Pioli. «Non abbiamo galli nel pollaio, ma calciatori di qualità che mettono in secondo piano le proprie ambizioni personali per raggiungere un obiettivo comune», spiega il tecnico. Non sono solo parole, perché in campo la Lazio gioca e si muove da squadra vera, capace di conquistare gli esigenti tifosi biancocelesti. Significativa una scena vista contro la Fiorentina: il capitano Mauri esce e Radu, il vice, lascia la fascia al ventenne Cataldi, incredulo e felice.
Decisiva, l’estate scorsa, la scelta di puntare su Stefano Pioli. Dicevano che la sua specialità fosse l’organizzazione difensiva, invece ha idee moderne, offensive, europee: «Più uomini di qualità metto in campo e maggiori sono le possibilità di vincere», il manifesto che convinse Tare, annoiato dal Rejalismo. Contro la Fiorentina si è superato: neanche un mediano, solo giocatori bravi a costruire, rifinire e concludere. Biglia il faro, Cataldi accanto a lui e poi tutti insieme Candreva, Mauri, Felipe Anderson e Klose. La Lazio rischia, corre come nessuno ma la formula funziona e la squadra si diverte. Lo hanno notato anche gli osservatori di Bayern, Manchester United, City, Chelsea, Liverpool e Atletico Madrid che sempre più spesso frequentano l’Olimpico: studiano i gioielli della casa, da De Vrij a Biglia, da Keita a Candreva e Felipe Anderson. Ecco, per Lotito il brasiliano vale 100 milioni, esagerazioni da innamorato ma – acquistato a 9 – è già a quota 40. È il capolavoro di Tare: convinto delle sue doti da fuoriclasse (non a caso piace a Guardiola), ha evitato di darlo in prestito la scorsa estate. Mossa che ha cambiato la stagione della Lazio: da quando si è sbloccato, il 7 dicembre a Parma, Anderson ha trascinato la squadra in campionato con 6 gol e 6 assist, più il rigore guadagnato l’altra sera. «Perché Pioli mi concede libertà di movimento», assicura lui. Soprattutto, il tecnico lo ha convinto a lavorare in fase difensiva. Così come ha rigenerato Marchetti, Klose e Mauri, che non ha mai segnato tanto in carriera (8 reti). E per il tedesco, da quando è tornato titolare, 7 gol in 10 partite: adesso pensa di continuare la sua avventura in biancoceleste. In scadenza anche il contratto di Pioli, con rinnovo automatico se riporterà la Lazio in Europa: «Abbiamo la mentalità giusta e grandi giocatori: dobbiamo insistere». La società lo ha accontentato in estate sul mercato investendo quasi 20 milioni, poi a gennaio è arrivato Mauricio e per la prossima stagione sono stati già presi due talenti: l’olandese Hoedt e l’inglese Morrison. Sa bene, il tecnico, che il difficile arriva adesso, con la squadra sotto i riflettori. D’altronde il progetto di Lotito e Tare è chiaro: «Lottare per lo scudetto entro due-tre anni». Difficile realizzarlo, con una media di 30mila spettatori a partita: ma l’entusiasmo tra i tifosi è tornato, magari tornerà a riempirsi anche l’Olimpico.