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 2015  marzo 11 Mercoledì calendario

Pogba, una fabbrica di soldi. Tutti gli uomini e le donne dell’uomo copertina della Juventus, inseguito da mezza Europa. «Il futuro? Ora penso solo al mio club, certe cose danno alla testa»

«Le plus précieux des joyaux du foot français» lo ha definito France Football. Correzione: non solo del calcio francese, ma anche della Juventus. Che cosa fa la differenza tra un giocatore predestinato e un giocatore bravo? Semplice: il predestinato, in una partita anonima come Juventus-Sassuolo artiglia un pallone non previsto per lui («l’ho visto e l’ho preso») e segna un gol (il settimo) bellissimo che decide la partita. Il problema, non tanto per il predestinato quanto per la squadra che si avvale delle sue magie, specie se italiana, è che dopo la partita, vinta grazie a lui, camuffata o diretta, arriva la domanda: resti o vai? Ti vogliono il Real Madrid e il Barcellona (sempre in coppia le pretendenti), che ne pensi?
E per nessuno il ritornello diventerà una hit parade come per Paul Labile Pogba, Lagny-sur-Marne, 15 marzo 1993 (auguri), il giovane uomo che nei momenti difficili, trasforma in festa le perplessità bianconere. Forse, se contiamo poco, è perché siamo i primi a dircelo. A ogni esplosione del Super-Polipo, parte la litania. Lui, che ha imparato bene l’italiano (e gli italiani) gestisce la faccenda con equilibrio. «Sono riconoscente alla Juventus, è il club che mi ha fatto giocare e migliorare, mi ha dato tutto. Quando firmo per una squadra do tutto, ma se voglio diventare un grande giocatore devo lavorare di più. Real e Barça? Devo stare concentrato perché queste cose danno alla testa». E poi ci pensa il suo manager, Mino Raiola, a simili «facezie». Paul ha appena rinnovato (2019), con annuncio dato da Beppe Marotta all’assemblea degli azionisti e stipendio passato da 1,5 a 4,5 milioni all’anno.
Paul è un’azienda, ma di famiglia. È questo il suo segreto. I legami con parenti e sodali sono fondamentali, soprattutto con sua madre, Yeo Moriba, «Mamso» sempre presente nella vita dei suoi figli, il «piccolo» Paul e i due gemelli più grandi Mathias e Florentin, calciatori pure loro ma non baciati dalla grazia, primi però nel cerchio magico che contribuisce alla protezione-sicurezza di questo ragazzo cresciuto con la racchetta da tennis tavolo al club di Roissy-en-Brie e che ha lasciato il ping pong per le auto, per i film, per la compagnia di chi ama/lo ama. I suoi genitori si sono separati quando lui aveva due anni, ma suo padre, Fassou Antoine Pogba, ex ispettore delle telecomunicazione nella regione del N’Zerekore, in Guinea (nazione da cui proviene la sua famiglia, Paul è l’unico nato in Francia), poi diventato insegnante in un liceo tecnico di Seine-et-Marne, ha segnato la vita dei suoi figli inculcando in loro il gusto del lavoro e la ricerca dell’eccellenza. Per questo Paul ha unito attorno a sé un team numeroso che parte dalla famiglia e arriva agli amici, su tutti «Doudou», compagno da sempre, che testimonia: «Paul, fin da bambino, mostrava un carattere diverso da quello degli altri, sapeva che cosa voleva». Nel team poi troviamo alcuni professionisti: il preparatore atletico personale (Didier Reiss), l’avvocato (Rafaela Pimenta, brasiliana), il responsabile di comunicazione/marketing/immagine (Oualid Tanazefti), la dietista (Olivia Meeus) che controlla la sua passione per la cucina brasiliano/giapponese, il massaggiatore-fisioterapista (Vincent Estignard). All’interno della struttura «Esciencia» a Plessis-Belleville il corpo di Paul Pogba viene messo a punto, seguito, curato. Un segnale del cammino intrapreso da questo giovanotto che quando parte un cd di musica africana è trascinante come col pallone. Riservato, si sa pochissimo della sua fidanzata, Lisa Thiolon che divide la vita col Super-Polpo da quattro anni. Su tutti, infine, Mino Raiola, il procuratore esperto di mal di pancia.
Come sta Paul, sotto questo aspetto? Per ora sta benissimo alla Juventus, ora parla un bell’italiano, si è ambientato a Torino, città-cuccia, e pensa a vincere, a segnare gol come quello con il Sassuolo, ad andare avanti in Europa. Un fatto è certo: la Juventus non vuole cederlo; come si diceva una volta neanche «per tutto l’oro del mondo». Dipende dal polpo, insomma, dipende dalle eventuali proposte che faranno, se le faranno, a lui e alla società. A Torino dicono che quando stai bene alla Juventus, meglio della Juventus in giro c’è poco. La sensazione è che possa restare, almeno, un altro anno. Come per i gol che decidono una partita (e forse un campionato), anche i bagagli bisogna farli al momento giusto.