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 2015  marzo 11 Mercoledì calendario

La gendarme e il jihadista, una storia d’amore che mette in ridicolo la polizia francese. Emanuelle, un’agente con onorata carriera alle spalle, sarebbe stata complice di Coulibaly, l’attentatore del supermercato kosher. Ma il suo ruolo nella vicenda resta ancora da chiarire. Quel che è certo è che era fidanzata con Ramdani, il 34enne che avrebbe portato Amedy a Porte de Vincennes quel 9 gennaio

Di lei si conosce solo il nome: Emmanuelle. È la nuova donna del mistero nell’inchiesta sugli attentati di Parigi. Emmanuelle, nata 34 anni fa in Bretagna, è da lunedì in stato di fermo, insieme ad altri tre presunti complici di Amédy Coulibaly, l’attentatore del supermercato kosher. La protezione dell’identità della donna, di cui non circolano fotografie, è motivata da un grave imbarazzo tra gli investigatori: Emmanuelle non è una sospetta qualsiasi. È una gendarme con un’onorata carriera alle spalle.
La scoperta della sua storia d’amore con Amar Ramdani, uno dei presunti complici di Coulibaly, è avvenuta quasi per caso, subito dopo gli attentati che hanno provocato 17 vittime. Pedinando Ramdani, i poliziotti si sono accorti con stupore che l’uomo – oggetto di un mandato internazionale per traffico d’armi e stupefacenti – entrava e usciva senza problemi dal centro operativo di Rosny-sous-Bois, sede dell’intelligence francese, il “Forte” come dicono tra di loro gli spioni, in cui Emmanuelle era di stanza. Ramdani, 34 anni, non è un sospettato qualsiasi nell’inchiesta. Sarebbe stato lui a portare Coulibaly il 9 gennaio davanti al supermercato kosher di Porte de Vincennes. I due uomini sono stati insieme anche nei giorni precedenti: il cellulare di Ramdani è stato localizzato insieme a quello di Coulibaly in luoghi diversi il 6, 7 e 8 gennaio, a cavallo dell’attacco di Charlie Hebdo.
Ramdani è stato arrestato il 23 gennaio scorso. Emmanuelle lo avrebbe incontrato nel 2013, a casa di amici comuni. Lui usciva di prigione dopo essere stato condannato per la rapina di una gioielleria: durante la detenzione aveva conosciuto Coulibaly. Lei era da poco approdata nella sede operativa del “Forte”, dopo una lunga carriera passata nelle banlieue più dure, e un divorzio finito malissimo, senza figli. Un “colpo di fulmine” secondo la definizione di Emmanuelle a una giornalista che l’ha intervistata un mese fa. Una passione che ha sconvolto la vita dell’agente. Nel corso delle indagini di queste settimane, i magistrati hanno scoperto che all’uscita dal lavoro, Emmanuelle toglieva regolarmente il kepì per indossare il velo e si sarebbe convertita all’Islam da due anni.
Non è ancora chiaro quale sia stato il ruolo di Emmanuelle nella preparazione degli attentati. «C’è un grosso malinteso, lei non c’entra niente con gli attentati» ha detto il suo avvocato. Secondo gli investigatori, la gendarme ha tentato invano di intercettare informazioni su Coulibaly e sua moglie nel database dei servizi segreti. Non solo Emmanuelle, che appartiene anche alla polizia giudiziaria, avrebbe cercato di consultare il fascicolo dell’inchiesta dopo che il suo compagno è stato arrestato. Ha usato lo statuto di gendarme per incontrarlo in prigione e ha persino nascosto delle lettere nella biancheria mandata in carcere. In uno dei messaggi mandati al suo compagno, la donna parla di un viaggio a Charleroi, in Belgio, dove Coulibaly ha venduto una macchina e comprato le armi prima degli attacchi di gennaio.
La love story non fa altro che rilanciare le accuse sulle troppe distrazioni dell’intelligence francese. Ufficialmente nessuno al “Forte” si era accorto della relazione tra una gendarme e un pregiudicato, schedato come “militante islamista” dall’antiterrorismo. È stato il Canard Enchainé a rivelare la notizia a inizio febbraio, quando la donna era ancora operativa nella sede dei servizi segreti. La gendarme è stata sospesa dal corpo militare il 12 febbraio. Un’inchiesta amministrativa interna è in corso e la sottufficiale potrebbe essere radiata dalla gendarmeria.