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 2015  marzo 11 Mercoledì calendario

Ieri la Camera ha approvato il disegno di legge Boschi di riforma della Costituzione. 489 presenti, 357 sì, 125 no, 7 astenuti

Ieri la Camera ha approvato il disegno di legge Boschi di riforma della Costituzione. 489 presenti, 357 sì, 125 no, 7 astenuti. Nonostante la larga maggioranza, le polemiche politiche…

Lo so, ci sono state un mucchio di polemiche politiche, le abbiamo anticipate già ieri. Sarebbe però interessante anche ricordare di che stiamo parlando. Legge Boschi, eccetera: cioè?
È la legge che depotenzia il Senato e introduce un sacco di altri cambiamenti. Ma, visto che me lo chiede, direi di cominciare dall’inizio. Prima di tutto stiamo parlando di una legge di revisione costituzionale, regolata cioè dall’articolo 138 della nostra Carta. Quando si tratta di modificare la Costituzione, le procedure si moltiplicano e si complicano. Intanto è necessario che lo stesso testo sia approvato due volte, prima da una camera poi dall’altra, con voto distanziato di almeno tre mesi. Mentre i primi due passaggi sono regolati come al solito (commissione, emendamenti e approvazione a maggioranza semplice) i secondi due passaggi sottostanno a regole diverse: i testi non passano più in commissione, ma l’aula li deve respingere o approvare in blocco, cioè senza emendamenti. Bisogna che l’approvazione, per essere valida, provenga dalla maggioranza assoluta, cioè la maggioranza degli aventi diritto al voto: la maggioranza dei votanti non basta più. Una volta superato anche questo ostacolo, bisogna ancora aspettare tre mesi prima della promulgazione: in quel lasso di tempo, infatti, un quinto dei membri di una camera oppure cinque consigli regionali oppure mezzo milione di elettori possono chiedere la revisione della riforma. Questa procedura è consentita solo se, al secondo giro, la legge non è stata approvata dai due terzi degli aventi diritto al voto. Al referendum, una volta tanto, non è previsto quorum: anche se vota una parte minima della popolazione, basterà che i fautori della legge prendano un voto in più degli avversari. E finalmente, a quel punto, la legge potrà essere promulgata ed entrare in vigore. Per il 2018 si fa certamente in tempo. Se si va a votare prima invece…  

Che cosa stabilisce la legge, che a questo punto si dovrà prendere o lasciare?
La parte più importante è il depotenziamento del Senato. I senatori – in numero di 95 + 5 nominati dal capo dello Stato per sette anni – non saranno più eletti dal popolo, ma dai consigli regionali al loro interno. Questa assemblea non darà più la fiducia al governo e non sarà chiamata ad approvare che le leggi costituzionali. Gli eletti di Palazzo Madama godranno però dell’immunità parlamentare e avranno diritto non a uno stipendio ma a un rimborso spese. Parteciperanno infine all’elezione del capo dello Stato, con una sequenza dei quorum, però, diversa dall’attuale: due terzi dei componenti per i primi tre scrutini, tre quinti dei componenti fino al sesto scrutinio, e tre quinti dei votanti dal settimo.  

Che altro?
Mutamenti di rilievo. Abolizione delle Province, abolizione del Cnel, possibilità del governo di intervenire sulla normativa locale, suddivisione più razionale delle materie tra Stato e Regioni (tornano allo Stato energia, infrastrutture, grandi reti di trasporto).  

Che cosa non andava bene, alle opposizioni, di questa normativa?
Ma intanto le opposizioni fanno la guerra a Renzi in quanto Renzi, prima di tutto. È quella che si chiama opposizione politica, che non guarda tanto al merito di quello che si discute ma solo al soggetto che fa la proposta. Al Senato, ricorderà, il disegno di legge Boschi fu votato in un’aula semideserta, perché il premier aveva forzato i tempi della discussione, costringendo i parlamentari a far notte. S’è gridato allo scandalo per quella procedura («una legge costituzionale approvata da un Parlamento vuoto!»), ma Renzi ha fatto spallucce. L’opposizione di sinistra si straccia le vesti soprattutto per la combinazione tra l’abolizione del Senato e l’Italicum: poiché la legge elettorale di Renzi lascia che almeno la metà della Camera sia stabilita dai partiti invece che dalle preferenze, la sinistra dem, Sel, Bersani sostengono che la democrazia ne esce colpita o dimezzata. È un discorso lungo, che non abbiamo lo spazio per affrontare qui. È un fatto che la trincea dell’Italicum è l’ultimo tentativo degli avversari interni del premier-segretario per battere un colpo. Sconfitti anche qui, avranno poche chances di uscire dall’irrilevanza. Si parla infatti ormai di un «partito di Renzi», trasversale, che starebbe soppiantando sia il Pd che Forza Italia.  

Le obiezioni del centro-destra?
Berlusconi non ha quasi argomenti: ai tempi del Patto del Nazareno ha scritto questa riforma insieme a Renzi. Infatti un gruppo consistente dei suoi ha votato “no” per una questione di affetto verso di lui. Ma ha anche scritto una lettera all’ex Cav per informarlo che su questa riforma non ha nessuna intezione di mettersi di traverso.