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 2015  marzo 10 Martedì calendario

Le troppe facce dei partiti e i rischi di astensione. Le divisioni politiche di queste ore fanno immaginare che alle regionali l’elettore dovrà votare toccherà decidere quale versione vale: il Berlusconi “nazareno” o il leghista? Il Pd renziano o della minoranza? I grillini che trattano o quelli dell’Aventino? La Lega padana o nazionalista?

Le divisioni politiche di queste ore fanno immaginare che alle regionali si presenteranno partiti con personalità multiple. E toccherà all’elettore decidere quale versione vale: il Berlusconi “nazareno” o il leghista? Il Pd renziano o della minoranza? I grillini che trattano o quelli dell’Aventino? La Lega padana o nazionalista?
Oggi Silvio Berlusconi proverà a scindere la personalità dei suoi parlamentari, i senatori che hanno votato sì alla riforma costituzionale dai deputati che oggi – sulla stessa legge – dovranno votare no. Un partito bifronte, che ha la faccia di Brunetta ma anche di Romani, di Verdini ma anche di Tosi. E chissà quante altre se è vero che oggi i dissidenti si faranno sentire. Se Salvini ha chiesto a Berlusconi la prova d’amore – stracciare il patto con Renzi – questo varrà in Veneto ma meno in Campania dove invece si cerca l’alleanza con Alfano e Casini che sono al Governo e in maggioranza. Un disturbo dissociativo distribuito per aree geografiche ma che non colpisce solo il partito del Cavaliere.
Anche dalle parti di Grillo sta accadendo qualcosa di simile: lui apre alla trattativa con Renzi sulla Rai ma poi decide che oggi si torna sull’Aventino. E un sub-Aventino è quello che aveva minacciato la minoranza del Pd che ieri, per la seconda volta, ha disertato la riunione con il premier al Nazareno. Una posizione che sembra rientrata, tranne per gli irriducibili, ma chissà per quanto tempo. Ed è molto probabile che anche la Lega di Salvini si dissoci, non solo per il duello con Tosi. Difficile che la campagna elettorale in Veneto non si faccia rispolverando il Carroccio delle origini, quello lontano da Roma e soprattutto dal Sud parassita. È prevedibile una versione ancora diversa delle felpe di Salvini, più sulla tradizione della “Padania” che su quella – recente – nazionalista lepenista.
Insomma, non è solo in Parlamento che le forze politiche si sdoppiano, anche su scala locale i travestimenti sono multipli. Prendiamo la Puglia dove Forza Italia è divisa tra berlusconiani e fittiani, come riusciranno a orientarsi gli elettori di centro-destra tra due fazioni incompatibili? In Liguria o Campania, invece, il Pd si è variamente lacerato mentre in Veneto non si capisce ancora quante Leghe e quante Forza Italia ci sono. Una o due? Il caos identitario dei partiti si scarica così sugli elettori, ove dovessero decidere di andare alle urne. Perché l’effetto collaterale più probabile di un tale disturbo identitario sarà l’astensione. E potremmo vedere una tornata elettorale segnata dall’indifferenza almeno di quelli, la maggioranza, che non hanno interessi da difendere o promuovere.
È evidente che la guerra per bande, a livello locale, porta alla mobilitazione solo delle clientele. È sempre accaduto, è vero, ma se il voto d’opinione viene sempre più compresso perché non sono chiare le opzioni politiche, resta solo quello degli interessi. Il bipolarismo e lo scontro tra schieramenti opposti aveva dato sfogo a un voto di appartenenza e si era affiancato a quello alimentato dalle correnti, dagli apparati. Adesso sta tornando prevalente la guerra tra fazioni, attaccate a quel personaggio o al capobastone. Dunque la prospettiva è che il prossimo voto regionale, più che un risultato politico sarà un appuntamento per una competizione tra clientele, nient’altro. Gli ultimi dati regionali sull’astensionismo – peggiori di quel 58% di affluenza per le europee 2014 – dimostrano che alla fine a votare ci va solo chi ha una convenienza in ballo.
E viene il sospetto che il Governo non abbia messo seriamente mano a quel taglio drastico delle municipalizzate proprio per non “disturbare” quegli interessi che le urne mettono in moto.