La Stampa, 10 marzo 2015
Le sei lauree dell’ottantunenne di Padova. La prima a 52 anni: «Da ragazzo non ho potuto studiare». E da allora si è rifatto
«Ho male alla gamba», dice. «Sono vecchietto». Appena un sospiro. «Me ne rendo conto dalla memoria. Non è più quella di prima». Ah no? «Qualche volta devo rileggere quello che studio. Per fortuna che mi piace». Luigi Milana adesso può rilassarsi. La tesi l’ha finita. E domani si laurea in Scienze delle religioni, la sesta laurea, che poi sarebbero 7 se si contasse anche teologia.
Ecco l’Italia che non ti aspetti. Un paesino vicino a Padova, sotto al campanile di Campolongo, un bimbo rimasto orfano durante la guerra, 10 anni in collegio a Verona, un diploma da perito tecnico e un lavoro ai cantieri navali, con il sogno di inseguire tutto quello che non ha potuto fare da ragazzo: studiare. Adesso a 81 anni, solo grandi passeggiate e libri, se non fosse per questo male alla gamba, mannaggia. A 81 anni? «Sì. Mi tengo vivo con la Chiesa, do una mano a don Aldo, portiamo la comunione ai disabili e andiamo negli ospizi». Riposare mai? Risata: «Da ragazzo giocavo a calcio e facevo atletica. Mezzofondo e corse campestri. Mi sono allenato. La fatica fa bene».
Il segreto
Di primo acchito dev’essere questo il segreto di Luigi. Ma non solo. A leggerlo bene, come lui sfoglia i suoi libri, c’è qualcos’altro che conta di più: ha sempre pensato positivo, anche se aveva avuto una partenza terribile, anche se aveva dovuto tirarsi su le maniche da solo. Appena nato, il papà parte per la guerra in Africa e muore. A 10 anni, un bombardamento aereo: casa sua è vicino all’obiettivo degli Alleati, un ponte ferroviario. Nelle macerie rimane sua mamma. Finisce in un collegio per orfani. Dai 10 ai 20 anni. Studia da perito e vorrebbe fare l’ingegnere. Ma non può, non ha soldi, non ha papà e mamma e deve mantenersi. Ha venduto pure le medaglie che vinceva per avere qualche spicciolo.
Il sogno realizzato
Si sposa, fa due figli, e solo quando si comincia a galleggiare decide di cercare i suoi sogni. Ne parla con la moglie, la signora Paola, «Maron da sposare», come spiega lui, con precisione veneta. Si iscrivono all’università. Lei frequenta. Lui no perché lavora. Lei molla. Lui no. In due anni prende la laurea, la prima: 10 giugno 1986, Lettere, 106 su 110. Il ragazzo si farà. Migliorerà molto. È un ricordo che lo commuove ancora, quel giorno, «perché la laurea non si dimentica mai, è una gioia immensa». Vanno al caffè Pedrocchi a festeggiare, lui e Paola. Non si ubriacano. Piangono. Lui ha 52 anni. Nel ‘90 va in pensione, ma diventa direttore di una fabbrica di costruzioni meccaniche: ne ha fatta di strada. Con Paola adesso gli è venuta la voglia di studiare teologia, sempre lavorando. Tre anni di corso. Questa volta arrivano in fondo tutt’e due, nel ‘96. Quando si ritira dal lavoro, lui dice che è sua moglie che lo sprona. Non è vero. È la passione del fango, di una corsa nei campi e del cielo sopra di noi, guarda che bello. Se non l’hai fatto, non puoi capire. Luigi non si ferma più. Nel 2002 si iscrive a filosofia. Due lauree. Fa fatica persino a ricordarle tutte: «Nel 2007 Storia moderna e contemporanea, aspetti che guardo. No, nel 2006. Perché nel 2007 ho avuto un incarico dalla facoltà di matematica e fisica». Di matematica? «Sì. Un incarico per la cattedra galileiana di storia della scienza di Padova. E lì mi sono fermato un anno. Sa, mi hanno pagato bene...».
L’ultima meta?
Siamo un po’ sconsolati: ha perso un anno, diciamo. «Sì. Ho ripreso l’anno dopo. Scienze storiche, laurea 28 settembre 2009». Voti? «Ah, dalla filosofia in avanti 110 e lode». Tesi sulla religiosità nella filosofia di Cartesio, cose così. Domani c’è Scienze delle religioni, tesi su Colombano e la peregrinatio pro Christo nel monachesimo irlandese. Lasciamo perdere. Poi caffè Pedrocchi, con Paola? «No, ci sono anche i miei due figli. Andiamo di fronte al caffè Cavour. Guardiamo la gente passare. E pensiamo che siamo felici...»