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 2015  marzo 10 Martedì calendario

Oggi la Camera vota la riforma costituzionale (in pratica: la riforma del Senato) e, plasticamente, si potrebbero rappresentare gli schieramenti dividendoli nei seguenti blocchi (da destra verso sinistra): leghisti che votano contro, forzisti che votano contro, forzisti che non votano contro, grillini che abbandonano l’aula, ex grillini che aprono al governo, centristi che votano a favore (Ncd), democratici che votano a favore, democratici e affini che votano contro

Oggi la Camera vota la riforma costituzionale (in pratica: la riforma del Senato) e, plasticamente, si potrebbero rappresentare gli schieramenti dividendoli nei seguenti blocchi (da destra verso sinistra): leghisti che votano contro, forzisti che votano contro, forzisti che non votano contro, grillini che abbandonano l’aula, ex grillini che aprono al governo, centristi che votano a favore (Ncd), democratici che votano a favore, democratici e affini che votano contro.

• La legge passa o non passa?La legge passa, perché Renzi alla Camera ha troppi numeri a suo favore. C’è poi il lavoro fatto da Verdini negli ultimi giorni: ha avvicinato i suoi e mostrato che, se per un’ipotesi remota la riforma del Senato non dovesse essere approvata, Renzi porterebbe tutti a votare e quanti degli attuali onorevoli sarebbero nuovamente candidati? Il ragionamento ha spinto molti berlusconiani o ex berlusconiani a optare per la disobbedienza. Oggi questi voteranno sì alla riforma del Senato, con la giustificazione, abbastanza forte, che finora Forza Italia ha approvato e ha anzi contribuito a scrivere la legge così com’è. Dunque «gli elettori non capirebbero». Secondo calcoli non so quanto esatti, Verdini disporrebbe di una pattuglia autonoma di deputati e senatori, 28 a Montecitorio e 15 a Palazzo Madama, pronti al limite a costituirsi in gruppo a sé («Responsabili» o «Nuovi Responsabili»). Sarebbe sulle posizioni di Verdini anche Gianfranco Rotondi. 


• Come mai Berlusconi ha deciso di votare contro?
È un tentativo di rendere possibile un’intesa con la Lega che porti un centrodestra unito alle Regionali. Ma è una strada tutta in salita: Salvini fa di testa sua, ha scelto i candidati senza consultarsi con gli ipotetici alleati, non vuole sentir parlare di intese con Ncd, insomma forse potrebbe accettare un’alleanza con Berlusconi ma alle condizioni sue. Quindi è improbabile che quando si adopera la parola «centrodestra» si possa includere a questo punto la Lega (che oltre tutto, essendosi messa con Casa Pound, ha ben poco di «centro»). Il centrodestra, in realtà, è frantumato come non mai: anche guardando il gruppo che oggi voterà contro la riforma, si dovrà ammettere che tra i seguaci di Fitto e i forzisti puri e duri passa un abisso.


Quanto può durare la faccia feroce di Berlusconi, visti gli interessi delle sue aziende? 
Fino alle elezioni. Poi comincerà il riavvicinamento. Come dimostra la tranquillità con cui è stata accolta la notizia di tutta quella dissidenza. Ieri Giovanni Toti ha annunciato il «no» di Forza Italia, aggiungendo però: «Dopo, se c’è qualche sensibilità diversa nei gruppi parlamentari, è legittimo un voto diverso».


• E la sinistra del Pd?
La sinistra del Pd fa questo ragionamento (lo ha ribadito ieri Miguel Gotor in un’intervista al Corriere della Sera ): combinando insieme il nuovo Senato o, meglio, il nuovo sistema monocamerale con una legge elettorale come l’Italicum, che manderà alla Camera soprattutto dei nominati, si imbocca la strada di una democrazia dimezzata, con la creazione di un grande centro pigliatutto e due ali rumorose e ininfluenti, a destra e a sinistra. Quindi, se oggi la riforma del Senato passa così com’è, noi voteremo contro l’Italicum.

• Nonostante la forza del Pd a Montecitorio, mi pare che il premier-segretario cammini su un campo di mine.
La tattica prossima ventura del premier è stata raccontata in un passaggio dell’intervista che Renzi ha dato all’Espresso : «Un partito che punta al premio di lista — dice — deve essere meno leggero di quanto io immaginassi in origine. Serve una strada nuova rispetto al vecchio modello di partito ormai superato, ma anche rispetto al partito all’americana che era il mio sogno iniziale. Un partito che non sia solo un comitato elettorale. Se nel Pd si vuole discutere di questo sono pronto. Anche se so che una parte dice di no a tutto per principio». Lettura di questa frase: se voi, sinistra del Pd, bersaniani e quant’altro, non vi mettete di traverso su legge elettorale e nuovo Senato, io riorganizzerò il partito in modo da darvi più voce in capitolo nelle scelte-chiave e soprattutto nelle scelte che riguardano la formazione delle liste elettorali. Uno degli spauracchi dell’opposizione a Renzi, infatti, è di contare troppo poco per imporre al premier la ricandidatura dei suoi. Parliamoci chiaro: la maggior parte degli oppositori interni di Renzi rischia seriamente di non essere più candidato. Renzi lo sa e mostra una via d’uscita. D’altra parte il premier — che ieri ha deciso di spostare al Cdm di giovedì il via libera alla riforma della scuola annunciato per oggi — non potrebbe fare altrimenti: tramontato il Patto del Nazareno con Berlusconi, rischia, se ha contro anche quell’angolo del Pd.