il Fatto Quotidiano, 3 marzo 2015
Telecom, Rai, Ilva, Fisco, Popolari: avanza il governo ombra di Renzi. I ministri ufficiali contano sempre meno. La squadra privata del premier ormai ha in mano i dossier più importanti
Nel piano sulla banda larga che sarà presentato oggi in Consiglio dei ministri “non ci sono ipotesi di arbitrari spegnimenti di rete”, spiega il sottosegretario allo Sviluppo con delega alle Comunicazioni Antonello Giacomelli. Ma questo non basta a rassicurare Telecom Italia. Lo scontro su chi pagherà la banda larga ha fatto emergere il “governo ombra”, la squadra di consiglieri di Matteo Renzi che, settimana dopo settimana, sta espropriando i ministri ufficiali. Spostando nei corridoi di Palazzo Chigi decisioni di solito prese da membri del governo che rispondono al Parlamento, soggetti a norme su trasparenza e conflitti di interesse.
La prova sta nella lettera che i piccoli azionisti Telecom Asati scrivono preoccupati a Renzi, a Giacomelli ma anche ad Andrea Guerra, a Raffaele Tiscar, a Yoram Gutgeld, perché non si sa bene chi sia a sussurrare all’orecchio di Renzi la linea finale da tenere su una vicenda così delicata come il destino delle telecomunicazioni italiane. Chi lo scriverà il decreto legge? Mistero.
Da mesi il capo del dipartimento legislativo di Palazzo Chigi Antonella Manzione, chiamata da Firenze da Renzi in persona, convoca pre-consigli con gli sherpa dei dicasteri in cui si discute di frattaglie, i provvedimenti importanti arrivano sul tavolo dei ministri senza che nessuno abbia idea di chi li ha scritti davvero. La Manzione, frustrata, sta cercando di passare al Consiglio di Stato.
Su Telecom, per esempio, si sono applicati sia l’ex amministratore delegato di Luxottica Andrea Guerra che il deputato Pd Yoram Gutgeld. Ma l’arbitro sembra essere Raffaele Tiscar, classe 1956, nascita barese, ascesa fiorentina, poi dirigente di prima fila della Regione Lombardia negli anni di RobertoFormigoni. Ciellino, con ottimi rapporti nel lato destro della maggioranza, Tiscar è stato chiamato a Palazzo Chigi da Renzi per rompere lo stallo tra Graziano Delrio e Luca Lotti. Delrio, che si è portato da Reggio Emilia il suo ex city manager Mauro Bonaretti come segretario generale, si è preso in carico la gestione della macchina governativa. Luca Lotti, detto la “scatola nera” per la sua attitudine a fare lo spiccia-faccende del premier, si era accontentato di poche caselle sensibili: i rapporti con l’editoria e il Cipe, il comitato che concede i finanziamenti per le grandi opere. Ma con quelle due leve Lotti ha iniziato a estendere la sua influenza, in asse con alcuni ministri ufficiali, tipo Maurizio Lupi e il suo dicastero delle Infrastrutture dove si rifugiano superburocrati mai rottamati come Paolo Emilio Signorini. Anche Yoram Gutgeld, deputato Pd ed estensore dei primi piani economici renziani, con l’altro consulente del premier Roberto Perotti, vivace polemista economico su Lavoce.info e professore bocconiano di peso, non sono in sintonia con Lotti: loro si oppongono a sperperi di denaro pubblico senza un’analisi seria di costi e benefici (Tav, Expo), Lotti invece procede sereno. Per non essere costretto a mediare sempre in prima persona, Renzi ha voluto Tiscar, che traduce in prassi amministrativa il calembour con cui si candidò alla Camera nel collegio di Firenze, “Tiscar-dina”. E così si occupa di Telecom, ma anche di enti locali tanto cari a Deliro.
Il più potente dei ministri ombra è senza dubbio Andrea Guerra: è intervenuto su Telecom, ha seguito il caso Ilva, ha dato la linea sulla riforma delle Banche Popolari (di raccordo con la Banca d’Italia). E potrebbe non essere finita qui: Renzi gli ha chiesto di andare a fare l’amministratore unico della Rai, quando tra poco Luigi Gubitosi lascerà la direzione generale. Con Guerra a fare il manager e il più televisivo dei renziani, l’ex di La7 e Mtv Antonio Campo Dall’Orto, a curare la parte editoriale la Rai potrebbe davvero cambiare verso. C’è solo un problema: Guerra si è preso un anno sabbatico prima di valutare le proposte che gli arrivano dal settore privato (l’ultima di Armani), la Rai può garantirgli solo 240 mila euro all’anno e lui sul mercato vale molto di più, la sua buonuscita da Luxottica è stata di 40 milioni. Renzi farà un’eccezione alla legge o gli chiederà di fare il civil servant?
I rapporti con il privato non sono un tema solo nel caso di Guerra. L’economista della Bocconi Carlotta De Franceschi, per esempio, si occupa di materie che sarebbero di competenza del ministero del Lavoro di Giuliano Poletti. Ma provvedimenti delicati, come l’anticipo del Tfr in busta paga che parte in questi giorni, li ha scritti lei. Che insegna all’università ma ha un passato nelle banche d’affari, da Goldman Sachs a Morgan Stanley fino a Credit Suisse. Tutto lecito, ovvio, ma chissà se Renzi avrebbe mai nominato ministro qualcuno con il marchio Goldman Sachs e in rapporti stretti con quella finanza che tanti guai ha creato al premier (dalla famosa cena milanese di finanziamento nel 2012 agli affari di Davide Serra). Nel governo ombra, invece, tutto è lecito. Anche se la Consob, dopo ogni accenno di riforma maturata a Palazzo Chigi, si trova a indagare su possibili fughe di notizie che spieghino gli strani movimenti delle banche popolari, di Telecom, di Rai Way.
Renzi ha arruolato e recuperato anche l’economista LuigiMarattin, che da assessore renziano del Comune di Ferrara si fece notare per il seguente tweet polemico dedicato a Nichi Vendola: “Nichi, per usare il tuo linguaggio, ma va prosaicamente ad elargire il tuo orifizio anale in maniera totale e indiscriminata”. Oggi si occupa di fisco a Palazzo Chigi, con grande discrezione. Altrettanto discreto Tommaso Nannicini, l’economista 40enne della Bocconi che sta cercando un difficile equilibrio: conciliare le ambizioni politiche (è anche figlio di Rolando, ex parlamentare Ds Valdarno) e quelle accademiche (in Bocconi dirige il corso di laurea triennale Cles, quello più prestigioso). A Palazzo Chigi Nannicini ha l’ufficio nel corridoio dove bisogna essere, quello su cui si affacciano le stanze di Renzi, Lotti, del portavoce e spin doctor Filippo Sensi e dell’uomo-Twitter Franco Bellacci (ovviamente fiorentino pure lui). Una condizione per lavorare bene sembra quella di stare nell’ombra: lo fa anche Marco Simoni, che ha accompagnato Renzi e Guerra al forum di Davos a caccia di investimenti internazionali. L’economista della London School ha lavorato bene con Carlo Calenda, il viceministro dello Sviluppo, e poi è stato promosso al gabinetto ombra, quasi un ministro degli Esteri che senza gli orpelli della diplomazia può dedicarsi ai dossier internazionali. Tutte persone giovani e con un curriculum sterminato, questi del governo ombra; ci sono molti più bocconiani qui che nell’esecutivo di Mario Monti. C’è soltanto una macchia: il Parlamento ha votato la fiducia a un altro esecutivo, quello ufficiale che sembra ormai utile soprattutto per le interviste e i talk show.