La Stampa, 3 marzo 2015
Aids, nella tana del virus. A Trieste un team di ricercatori guidati da un italiano scopre dove si nasconde l’Hiv. Ora i farmaci potranno indirizzarsi su un bersaglio più preciso
Stanato il nascondiglio che il virus dell’Hiv usa per rendersi invisibile ai farmaci che dovrebbero ucciderlo. Ora che finalmente sappiamo dove il virus si cela sarà possibile sviluppare farmaci mirati più efficaci. A raggiungere il traguardo è stato un gruppo di ricercatori dell’International Centre for Genetic Engineering and Biotechnology (Icgeb) di Trieste, uno dei centri di massima eccellenza in Italia che attira molti cervelli stranieri. Il lavoro è stato svolto in collaborazione con alcuni ricercatori dell’Università di Modena e del Genothon di Parigi.
Un punto di svolta
La scoperta, pubblicata sul sito della rivista Nature, risponderebbe definitivamente a uno dei principali ostacoli alla lotta all’Aids: il virus dell’Hiv, che causa la malattia, è in grado di inserire il proprio DNA in quello delle cellule che infetta diventando così parte del loro patrimonio genetico. Ma la ragione per cui il virus scelga soltanto alcuni dei 20mila geni umani per integrarsi e, soprattutto, come riesca all’interno di questi geni a nascondersi ai farmaci, era rimasto finora un enigma. Enigma, questo, svelato ora dalla prima fotografia della struttura del nucleo dei linfociti.
I ricercatori hanno infatti scoperto che il virus si rintana nella membrana esterna che delimita il nucleo, in corrispondenza delle strutture dei cosiddetti pori nucleari, le porte attraverso le quali ha avuto accesso all’interno della principale cabina di regia della cellula. Il virus, in pratica, entra attraverso i pori e poi non lo si trova più, scompare perché si va a integrare nei cromosomi della cellula che infetta.
«Al cinema»
«È come quando entriamo in una sala cinematografica al buio», spiega Mauro Giacca, a capo del team di studiosi italiani. «I posti più comodi – continua – sono quelli più lontani, ma i più facili da raggiungere sono quelli vicini alle porte, ed è proprio lì che ci accomodiamo. Allo stesso modo, inserendosi nei geni più prossimi alle porte d’ingresso del nucleo cellulare, la probabilità che il virus si nasconda ai farmaci diventa più alta. Questo è il motivo per cui oggi riusciamo a rallentare la progressione verso l’Aids, ma non a eliminare del tutto l’infezione».
I risultati di questo studio potrebbe rappresentare una nuova svolta alla lotta all’Aids. «Individuati i meccanismi di questa caratteristica del virus – dice Giacca – è più facile pensare alla possibilità di sviluppare farmaci nuovi con un bersaglio diverso. Non è facile ma è un balzo in avanti».
Oltre al valore in sé della scoperta, lo studio rappresenta una grande vittoria per il nostro Paese: «È la chiara dimostrazione che si può fare eccellenza in Italia», sottolinea lo scienziato.