Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  marzo 03 Martedì calendario

Lo smog strangola la Cina. La giornalista Chai Jing, in un documentario, racconta quello che ha visto e raccolto visitando il suo Paese, spiegnado che se si è arrivati a questo punto è perché vengono utilizzati carbone e petrolio di bassa qualità per risparmiare. E ignoranza, apatia burocratica e mancanza di legislazione hanno fatto il resto

Chai Jing è un’ex giornalista televisiva del colosso statale «Cctv», ed è riuscita a scioccare la Cina intera.  Lo ha fatto con un documentario di un’ora e 43 minuti (dal titolo Sotto la Cupola), autoprodotto e scaricabile gratuitamente su Internet che in due giorni è stato visto da 150 milioni di persone. Il protagonista unico e assoluto del docufilm di Chai Jing è l’inquinamento che strangola il Paese e fa schizzare le emissioni nocive a livelli record. 
Nessuno raggiunge i picchi cinesi di aria malsana; per non parlare delle quantità di sostanze, fra cadmio e metalli nocivi, ingoiate dal terreno e acque. Chai, 39 anni, si è limitata a misurare, anzi a raccontare quello che ha visto e raccolto visitando il suo Paese, angoli remoti e non. E la fotografia è inquietante. E il fatto che il film-denuncia abbia varcato le soglie della censura, almeno in parte, è l’altra faccia della notizia. 
Come Pechino abbia consentito alla sua atmosfera di gonfiarsi di smog non è un segreto, ovvero crescita industriale boom dagli Anni 90 in poi, con la «licenza» di inquinare barattata con il mondo dei Grandi. Ciò che Chai fa nel film è spiegare «che si è arrivati a questo punto» perché in Cina vengono utilizzati carbone e petrolio di bassa qualità per risparmiare, e come ignoranza, apatia burocratica e mancanza di legislazione abbiano fatto il resto, proprio mentre il Paese continua a galvanizzarsi per gli investimenti che fa (da qualche anno) nell’energia pulita. I funzionari cinesi infatti sono giudicati in base al Pil, non sui risultati a lungo termine dei progetti eco-sostenibili. 
Ma quanto ha infastidito i vertici del governo il lavoro di Chai? Dapprima il ministro della Protezione ambientale, Chen Jining, si è congratulato via sms con l’ex giornalista; il «Quotidiano del popolo» lo ha persino segnalato sulla homepage del sito. Ma dopo poche ore e milioni di download il Dipartimento di Propaganda ha imposto il giro di vite: via il link al video dai siti dei giornali, via la notizia. 
«Sotto la cupola» ricorda nello stile le «Ted Talks», il programma di divulgazione scientifica: la giornalista è in piedi su un palcoscenico e illustra con interviste, statistiche, fotografie e racconti il problema sempre più pressante dell’inquinamento atmosferico. 
Lo ha fatto perché, come spiega lei stessa, nel 2013 scoprì di essere incinta e cominciò a preoccuparsi di far nascere un bambino in quelle condizioni ambientali. Poi, quando la figlia nacque con un tumore benigno a un polmone, probabilmente causato dallo smog, decise di iniziare a lavorare al reportage «per rispondere alle tre domande che mi aspetto mia figlia mi farà un giorno, quando le dirò che non possiamo uscire di casa perché c’è troppo smog: che cos’è l’inquinamento? Da dove viene? Cosa possiamo fare per eliminarlo?».
Seguendo Chai nel suo viaggio scopriamo che l’inquinamento è causato al 60% dall’utilizzo del carbone come combustibile; quindi dal traffico veicolare e dal sempre maggior numero di automobili presenti in Cina, basti pensare che nella sola Pechino ogni anno sono immatricolati 800.000 veicoli che contribuiscono al 31% dell’inquinamento. 
Ma chi sono i responsabili di questa tragedia ambientale? «Tokyo ha più auto di Pechino – spiega Chai – e Londra e Los Angeles sono riuscite a limitare i loro livelli di inquinamento». In Cina non è un problema di numeri, ma di qualità: il carbone e il petrolio utilizzati sono scadenti, il Paese non ha imposto standard minimi di sicurezza e qualità e, nei casi in cui abbia messo un tetto alle emissioni, non si premura di imporre multe a chi sgarra. «Sapete quante multe sono state date in Cina a chi guida un veicolo inquinante?», chiede. Poi mostra una tabella: «Zero». 
La Cina, spiega Chai, per risparmiare compra petrolio e carbone di bassa qualità e non impone filtri anti inquinamento, sotto il ricatto dei colossi del petrolio nazionali, Sinopec e Cnpc, che minacciano di interrompere le consegne. Chai paragona l’ossessione per la crescita del Pil a «calorie vuote», che ingrassano senza nutrire. E propone una soluzione, l’unica: «Dobbiamo unirci, Protestare. Dobbiamo – dice – diventare cittadini consapevoli». 
Un grido e un piano di battaglia coraggioso e a dir poco inusuale in Cina, proprio a due giorni dall’apertura dell’Assemblea Nazionale del Popolo, uno degli appuntamenti politici annuali più importanti del calendario cinese.