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 2015  marzo 03 Martedì calendario

Sei poliziotti e cinque spari per uccidere un clochard disarmato. Succede a Los Angeles. In un video amatoriale si vede il senzatetto di colore che si divincola e si dimena quando le forze dell’ordine vengono ad arrestarlo. Gli si avventano addosso in quattro, mentre altri due ammanettano una testimone. Una successione fulminea di spari, e “Africa”, così lo chiamava la gente del posto, giace immobile. Ed è di nuovo bufera sull’abuso di potere contro i neri

La gente del quartiere lo chiamava “Africa”. Da anni faceva parte della triste fauna umana di Skid Row, una zona popolata dagli homeless nel centro di Los Angeles. Per ucciderlo ci si sono messi in sei. Sei poliziotti in divisa. Cinque spari, mentre lui era a terra. Circondati dai testimoni, da una folla inorridita, i poliziotti sono ripresi in un video. Solo nelle prime sette ore, quelle immagini le hanno viste sei milioni di americani. E adesso “Africa” è l’ultimo simbolo di una spirale di violenza delle forze dell’ordine. Dopo Michael Brown a Ferguson (Missouri), dopo Eric Garner aStaten Island (New York), e dopo tanti altri nella stessa Los Angeles o in altre parti d’America, in una lunga lista di vittime che non avranno giustizia.
La scena dell’esecuzione di “Africa” è feroce. Uno dei testimoni che ha ripreso il video col suo telefonino era a pochi metri di distanza. Si vede il senzatetto che si divincola quando i poliziotti vengono ad arrestarlo. Si alza dal sacco a pelo in cui dormiva, si dimena, si agita, sferra qualche pugno a vuoto, le sue braccia fendono l’aria. Poi in rapida successione lui è a terra, gli si avventano addosso in quattro, mentre altri due ammanettano una testimone. Una successione fulminea di spari, e “Africa” giace immobile. Attorno si è radunata una folla, un altro nero ha il coraggio di urlare la sua rabbia in faccia ai poliziotti: «Motherfucker ! Non aveva armi, stava solo dormendo sul marciapiedi. Ora è morto! Ora è morto!». Arrivano in pochi minuti i rinforzi, la polizia circonda la zona con il nastro giallo per le indagini della squadra scientifica, gli agenti assediati agitano manganelli e armi davanti agli abitanti del quartiere.
A gran velocità appare sui video dei network nazionali il capo del Los Angeles Police Department (Lapd), Andrew Smith. La tecnica di comunicazione è col- laudata, bisogna subito opporre la versione ufficiale della polizia: «L’individuo era ricercato come sospetto autore di una rapina. Gli agenti hanno cercato di immobilizzarlo con un Teaser (la pistola che lancia scariche elettriche, ndr ) ma non ci sono riusciti. Lui ha sfilato l’arma ad un agente, allora hanno dovuto sparare». Questa versione dell’autodifesa dei poliziotti è subito smentita da molti testimoni. Tra cui Jerome Guillory, proprio l’autore del video virale. Lui viene intervistato subito per confrontarlo con la versione del Lapd: «No, la mia ripresa non mostra quella scena, non lo si vede mentre sottrae l’arma a un poliziotti. E neanche i miei occhi l’hanno visto». Nel quartiere, il centro storico degradato e malfamato di una delle città più ricche d’America, è un coro unanime di solidarietà con “Africa”. «Non dava fastidio a nessuno», dice Yolanda Young. «In sei potevano immobi-lizzarlo, lui non era una minaccia», secondo Lonnie Franklin.
Chi lo conosceva abbastanza è Andy Bales, presidente della Union Rescue Mission, una ong che assiste gli homeless. «Gli avevano dato quel soprannome – dice Bales – perché era immigrato dall’Africa. Aiutava la gente della missione, ogni tanto ci faceva qualche lavoretto, delle pulizie. È capitato anche che rubasse, ma la polizia non se ne occupava». Perfino un agente, l’ufficiale Deon Joseph che da 16 anni è di pattuglia a Skid Row, si lascia andare ad uno sfogo autocritico: «Abbiamo fallito. Il nostro sistema è fallito. Stiamo pagando le conseguenze di questo fallimento». A Skid Row gli homeless sono spesso malati mentali, privi di qualsiasi assistenza. “Africa”, secondo alcuni abitanti del quartiere, era stato mandato via da un reparto psichiatrico cinque mesi fa. Uno di quei malati di mente, Carlos Ocana, morì nel maggio dell’anno scorso cadendo da un tetto, dopo che un poliziotto gli aveva scaricato addosso il Taser.
La tragedia di Los Angeles accade dopo che diversi reparti di polizia, rispondendo alle proteste dell’opinione pubblica, hanno accettato di dotare gli agenti di videocamere, in modo che ogni arresto sia filmato. Anche uno dei sei poliziotti del Lapd in azione a Skid Row, aveva la telecamera in dotazione. Ma è difficile che questa sia una panacea. L’arresto e uccisione dell’afroamericano Eric Garner a Staten Island era stato filmato da vicino. Le immagini del suo strangolamento mentre era a terra finirono davanti ad un giurì popolare, che decise senza esitazione: «Nessun procedimento». I giurati, istruiti da un procuratore locale, decisero che non c’erano gli estremi neppure per iniziare un processo. I casi in cui gli agenti di polizia devono rispondere davanti alla giustizia, per l’uso eccessivo delle armi, sono una minuscola minoranza. E la violenza di chi indossa una divisa non si limita alle strade: di recente il New York Times ha sollevato il velo sull’inferno di abusi nelle carceri, da parte delle guardie. Chi prova a mettersi contro la lobby della polizia e dei suoi potenti sindacati, rischia grosso: se ne ricorderà a lungo il sindaco di New York Bill de Blasio, bersaglio di proteste clamorose e di uno “sciopero bianco” degli agenti.