Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  marzo 02 Lunedì calendario

Tutto sull’assassinio di Boris Nemtsov, l’oppositore di Putin ucciso con quattro colpi di pistola a pochi metri dal Cremlino. Ecco chi era il politico liberale che avrebbe potuto diventare presidente della Russia e cosa sappiamo della sua morte

• Venerdì 27 febbraio Boris Nemtsov – attivista politico, oppositore del governo russo – è stato ucciso con quattro colpi di pistola a poche centinaia di metri dalle mura del Cremlino. Al momento dell’agguato con lui c’era la sua fidanzata Anna Duristkaya, rimasta illesa.
 
• Maria Serena Natale: «La ragazza con il cappotto bianco lo aspetta al Bosco Café, come ogni venerdì sera i tavoli sono tutti occupati, Boris è negli studi di Radio Echo Moskvy per l’ultima intervista. Dieci minuti fino alla Piazza Rossa e poi cena romantica, il cellulare continua a squillare, chiamano anche dall’Ucraina per la manifestazione di domenica. Il locale si svuota, Anna infila il cappotto e si avvia fuori con Boris. Imboccano a sinistra la strada che porta al Grande ponte di Moskvoretsky illuminato dai riflessi arcobaleno delle cupole di San Basilio, a casa a piedi si arriva in mezz’ora. Uno spazzaneve passa sul ponte di cemento che sovrasta il punto più stretto della Moscova, affianca la coppia in perfetta coincidenza con un uomo comparso all’improvviso e saltato giù dal parapetto per dirigersi rapido verso il bersaglio. Quattro colpi alla schiena e Boris a terra. L’uomo con la Makarov sale su un’auto che scompare nella notte moscovita, sono le 23.31» [Maria Serena Natale, Cds 2/3].
 
• La pistola Makarov, vecchia arma d’ordinanza delle forze dell’ordine in dotazione anche ad alcuni reparti dei servizi segreti, marchio dei delitti politici in Russia. L’auto usata dai sicari sarebbe una Lada grigio metallizzato con targa dell’Ossezia del Nord e non, come si era detto in un primo momento, dell’Inguscezia, la Repubblica caucasica che nelle scorse settimane era stata teatro di massicce dimostrazioni di orgoglio islamico anti Charlie Hebdo, riferimento citato dagli inquirenti a sostegno della pista islamica: Nemtsov avrebbe provocato i fondamentalisti condannando pubblicamente l’attentato alla redazione del settimanale satirico francese. Quanto al killer, i primi dettagli sono stati forniti da un passante: un metro e settanta, capelli corti scuri, jeans e pullover marrone [Maria Serena Natale, Cds 2/3].
 
• Coen: «Un proiettile ha raggiunto lo stomaco, un altro il fegato, il terzo ha centrato il cuore; l’ultimo, alla testa, quello che in gergo si dice il «colpo di controllo». Il tutto è avvenuto in pochi secondi. Chi è in grado di operare con questa freddezza e precisione? O uomini dei servizi, o assassini della criminalità organizzata, in particolare i ceceni (che vennero utilizzati per ammazzare Anna Politkovskaja). Ma c’è un dettaglio che non è sfuggito agli inquirenti russi: l’azione del killer è stata, in un certo senso, “insolente”. Perché il luogo scelto per far fuori Nemtsov, davanti al Cremlino, e il tempo – alla vigilia della Marcia di Primavera dell’opposizione – dimostrano un solo intento: sfidare il potere. Cioè Putin» [Leonardo Coen, Fat 2/3].
 
• «Quel ponte è il posto più blindato che ci sia. Nemmeno lui poteva pensare che colpissero proprio lì, praticamente firmando il delitto. È uno dei luoghi più romantici di Mosca. Conoscendo Borja, potrei giurare che stesse recitando alla ragazza una delle sue poesie d’amore preferite» (Evgenia Cirikova, amica ecologista di Boris Nemtsov) [Aleksej Larionov, Rep 2/3]
 
• La storia fra Anna Duristkaya e Nemtsov risale a tre anni fa. Ne era nata una relazione saltuaria ma a suo modo costante. Fatta di viaggi di due-tre volte al mese tra Kiev e Mosca. A Kiev i due abitavano da lei. A Mosca nella casa del leader politico sulla Malaja Ordinka, in pieno centro, a fianco della galleria Tretyakov. Laureata in economia, Anna faceva la modella presso agenzie minori. Roba da poco: inaugurazioni di autosaloni, qualche pubblicità di boutique di intimo. Su internet mostrava un portfolio di foto e sottolineava le sue misure: 88-63-89 per un metro e 77 di altezza. La mamma Inna, infermiera all’ospedale di Bela Zevka alle porte di Kiev, dice che «di Nemtsov era innamoratissima e aveva ormai rinunciato alle aspirazioni della passerella. Cercava lavoro come contabile». E racconta anche la storia di un aborto «voluto fortemente da Nemtsov» che pagò 2.200 dollari di parcella in una clinica di Zurigo. Il giorno dell’omicidio Anna arrivò a Mosca all’aeroporto di Sheremetevo al mattino e trovò Nemtsov ad attenderla. Andarono a casa e ne uscirono solo la sera. Lui per farsi intervistare, lei per farsi fare un massaggio thailandese. Appuntamento al ristorante Bosco [Nicola Lombardozzi, Rep 2/3].
 
• Anna Duristkaya nel primo lunghissimo interrogatorio notturno subito dopo l’omicidio ha dato una versione dei fatti presto smentita dalle telecamere di rilevamento meteo presenti nell’area. Secondo lei i colpi mortali contro il suo compagno sarebbero partiti dal finestrino posteriore di una vecchia Lada bianca subito ripartita a gran velocità. Dalle telecamere invece si capisce che la coppia che stava attraversando il ponte Moskoretsij è stata affrontata da un uomo che si era tenuto nascosto dietro a un mezzo spazzaneve e che, solo dopo aver sparato, è stato preso al volo da un complice su un’auto, tra l’altro scura. Smentita dall’evidenza, Anna ha detto di essere confusa e sotto shock. Nessuno pensa per il momento a una sua complicità con i killer. Al massimo, dicono i poliziotti più esperti, avrà visto in volto l’assassino e, spaventata, non aveva voglia di farcelo sapere. Ora è protetta dalla polizia, custodita in un luogo segreto [Nicola Lombardozzi, Rep 2/3].
 
• «Non ho visto il killer, era alle spalle. Non so da dov’è uscito l’assassino. Non ho visto perché tutto è successo alle mie spalle.  Quando mi sono girata, ho visto solo un’auto bianca, ma non ho visto la marca o la sua targa. Non ho visto l’assassino entrare nella vettura» (così Anna Duritskaya alla tv indipendente Dozhd).
 
• Nemtsov stava ultimando un nuovo pamphlet sulle malefatte dei russi in Ucraina e in Crimea, dopo quello sui soldi rubati delle Olimpiadi di Soci in cui accusò platealmente – dati alla mano – gli amici di Putin di avere sottratto qualcosa come 23 miliardi di dollari [Leonardo Coen, Fat 1/3].
 
• Temeva di essere ucciso e lo aveva anche dichiarato a più riprese: «A rileggere le parole confidate nella sua ultima intervista, il 10 febbraio scorso, si è di fronte a una quasi premonizione: “Ho paura che Putin voglia uccidermi”, aveva detto al sito Sobesednik.ru» [Fabrizio Dragosei, Cds 1/3].
 
• «Nemtsov stava per rendere pubbliche prove convincenti della partecipazione della forze armate russe in Ucraina» (il presidente ucraino Petro Poroshenko) [Fabio Morabito, Mes 1/3]
 
• Putin sembra lavarsene le mani: secondo lui si tratta di «una provocazione» contro lo Stato. E in un telegramma alla madre 86enne di Nemtsov assicura che «sarà fatto tutto il possibile» per arrestare «gli organizzatori e gli esecutori del vile e cinico assassinio» [Agliastro, Fat 1/3].
 
• Per il presidente russo potrebbe essersi trattato di un assassinio su commissione. Putin ha ordinato alle agenzie di sicurezza di indagare sul caso. Ed è proprio sulle indagini che si sono concentrate le dichiarazioni di Obama, Hollande e Merkel, che hanno auspicato che vengano condotte in maniera imparziale e trasparente. Le piste che seguono gli inquirenti sono quella ucraina e quella islamica.
 
• «Mia madre? La chiamo regolarmente e mi dice “Figliolo, quando smetterai di criticare Putin? Ti ucciderà”» (Boris Nemstov al settimanale Sobesednik).
 
• L’omicidio di Boris Nemtsov spaventa soprattutto perché la vittima non spaventava nessuno: «Con tutto il rispetto per la sua memoria, politicamente non rappresentava alcuna minaccia. Rispetto alla popolarità di Vladimir Putin e del suo governo era poco più di un cittadino medio» (così il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov) [Carlo Panella, Lib 1/3].
 
• «È stato il Cremlino. Non state a sentire le balle che dicono in giro. Americani, ucraini, tutte balle» (Evgenia Cirikova, l’amica ecologista) [Aleksej Larionov, Rep 2/3]
 
• «Le indagini difficilmente condurranno ai veri mandanti dell’assassinio, i quali hanno commissionato non un semplice omicidio politico ma un vero e proprio spettacolo politico a futuro monito di tutti gli oppositori. Per la sua arroganza, per il senso di impunità dimostrato, questo spettacolo somiglia ai giochi caucasici all’ipercentralismo, alla morale superconservatrice, cui stiamo assistendo attualmente in Cecenia. Ma non è escluso che i mandanti possano trovarsi fra i nazionalisti dell’estrema destra russa» (Viktor Erofeev) [Rep 1/3].
 
• E poi ci sono le piste passionali che scavano nell’intensa vita del 55enne Nemtsov, relazioni più o meno ufficiali e rapporti difficili con le madri dei suoi quattro figli: Raisa, la prima moglie, dalla quale non ha mai divorziato; la star tv Ekaterina Odintsova; l’ex segretaria Irina Koroleva, già impiegata nell’amministrazione della presidenza russa. 
 
• Nemtsov era anche un buon padre. Così lo ricorda la sua ex convivente, Ekaterina Odintsova, madre di due suoi figli. «Era un papà giusto e attento – ha detto la donna -. Mancherà ai nostri figli. Per noi l’amarezza è grande» [G. D’A, Mes 1/3].
 
• «Se le indagini porteranno qualche risultato? Non mi illudo. Che qualcosa presto ci venga detto e rivelato, è molto probabile. Che sia tutto attendibile, mi pare invece molto difficile» (Eduard Limonov, scrittore) [Rep 1/3]
 
• Nemtsov, 55 anni, figlio della più alta nomenclatura sovietica, di bell’aspetto e dalle molte doti e privilegi ha avuto una carriera folgorante dopo la rovina dell’Urss, seguita però da un inesorabile declino [Carlo Panella, Lib 1/3]. Era nato a Sochi il 9 ottobre 1959 Boris Nemtsov era cresciuto a Nizhnyj Novgorod, dove aveva frequentato la prestigiosa scuola dei fisici-matematici locali, ottenendo un dottorato a pieni voti e pubblicando poi oltre 60 lavori scientifici. L’amore per la politica lo sottrasse ben presto agli studi. Nel 1990 fu eletto al Parlamento russo e nell’agosto dell’anno successivo si distinse tra “i difensori” della Casa bianca sulla Moscova durante il golpe dei vetero-comunisti sovietici, da cui Eltsin uscì vittorioso. La sua ascesa fu assai rapida. Giovanissimo diventò governatore della sua regione, quindi nel 1997 Boris Eltsin lo chiamò al governo come vice-primo ministro. L’allora presidente aveva il problema della successione. Portò così al Cremlino i migliori talenti del tempo, tra questi da San Pietroburgo anche Vladimir Putin [Giuseppe D’Amato, Mes 1/3].
 
• «È il 27 marzo del 1997 durante il rimpasto di governo, il molto telegenico Boris Efimovich Nemtsov viene scelto da Boris Eltsin come vice primo ministro per tentare di riavviare la macchina bloccata dell’economia. Si presenta a una Russia impoverita al fianco di Viktor Chernomyrdin e dell’altro vice premier Anatoly Chubais, «giovane leone» dell’ala riformista eltsiniana. Nemtsov, figlio della «Perestroika», sebbene sia di fondo un liberale, annuncia l’autarchia delle quattro ruote, per blandire l’orgoglio nazionale e per raccogliere consensi nell’industria delle auto. [Carlo Panella, Lib 1/3].
 
• «Basta rubare» (slogan di poco successo coniato da Nemstov). [Claudio Antonelli, Lib 1/3].
 
• «Nemtsov non proveniva dalla nomenklatura del partito comunista, era fautore entusiasta della riforma politica e economica e il suo patronimico ne indicava l’origine ebraica che Nemtsov, rompendo con la tradizione dell’era sovietica, non cercò mai di nascondere» [Masha Gessen, Rep 2/3].
 
• Alle discussioni moscovite Nemtsov preferì la gestione concreta, sporcandosi le mani con l’amministrazione del territorio nei caotici anni Novanta. Fino a essere toccato da accuse di corruzione. Ma alla fine il suo zelo riformista venne premiato con la chiamata al ruolo di vice primo ministro della Russia. E in quel finire di secolo sembrò che Boris Eltsin avesse scelto lui come il delfino destinato a succedergli alla presidenza. Le cose andarono diversamente. La crisi finanziaria del 1998 che portò la Russia al default segnò anche il crac delle ideologie liberali [Luigi Ippolito, Cds 1/3].
 
• Carlo Panella su libero: «Dopo avere svolto un ruolo fondamentale nella convulsa e opaca fase delle privatizzazioni degli ex colossi sovietici dell’energia e avere deciso delle fortune e delle disgrazie di non pochi nuovi boiardi, dopo essere stato messo da parte dallo stesso Eltsin che preferì Putin come erede, dopo essere stato eletto parlamentare alla Duma, era lentamente scivolato nella quasi irrilevanza come oppositore del nuovo padrone del Cremlino [Carlo Panella, Lib 1/3]. Per Nemtsov e i suoi sodali cominciò un inesorabile declino, culminato nell’esclusione dal Parlamento nelle elezioni del 2003.
 
• Dopo numerose difficoltà e due arresti, Nemtsov stringe alla fine del 2008 un’alleanza con l’ex campione di scacchi Garry Kasparov. Nel congresso tenutosi alla periferia di Mosca nel Natale del 2008, i due parlano a un centinaio di delegati provenienti da una quarantina di regioni russe. La nuova formazione politica prende il nome di Solidarnost, solidarietà [Claudio Antonelli, Lib 1/3].
 
• I suoi cavalli di battaglia sono state le centrali nucleari, a partire da quella della sua città natale di Nozny Novgorod e, più recentemente, a favore delle ragioni del governo di Kiev contro la strategia di Putin di annessione della Crimea e di appoggio ai ribelli del Donbass e del Donetsk ucraino. Una attività certo non pericolosa per il regime russo [Carlo Panella, Lib 1/3].
 
• La cosa che colpiva di Boris Nemtsov era il tratto umano: lontano dal politico di professione, agli antipodi dell’«uomo di apparato» di stampo russo e (post)sovietico. Soprattutto negli ultimi anni, dopo aver dismesso gli abiti da parlamentare, si presentava come un ragazzone irruento, più giovane dei suoi anni, capace di stare seduto per ore attorno a un tavolino, in jeans e T-shirt bianca, infervorandosi a spiegare le trame nascoste della cupola politico-affaristica del regime putiniano. Per finire segnando con noncuranza il suo numero di cellulare privato: «Chiama quando vuoi». Un numero che d’ora in poi resterà muto [Luigi Ippolito, Cds 1/3]. 
 
• «È una morte che fa comodo a molti; di sicuro fa comodo al potere. Con le vicende di Mikhail Khodorkovskij erano stati intimoriti gli oligarchi che avrebbero potuto finanziare l’opposizione. Ora bisognava forse mettere in riga gli ultimi uomini liberi, difensori dei diritti umani, oppositori. Quella di Nemtsov era una figura adatta allo scopo» (la scrittrice Svetlana Alexievich) [Fabrizio Dragosei, Cds 1/3].
 
• Grande cordoglio nell’opposizione russa, palpabile imbarazzo di Putin e fiume di messaggi di solidarietà alla famiglia da parte di tutti i leader occidentali, da Barack Obama a François Hollande, a David Cameron [Carlo Panella, Lib 1/3].
 
• Omaggi arrivano dai dissidenti fuori dalla Russia e dal gioco politico. L’ex scacchista Kasparov da New York si dice «devastato» per quei 4 colpi, «uno per ogni figlio». Khodorkovsky dal suo esilio svizzero twitta: «La sua morte è un grande dolore per me e per la mia famiglia. Lo amavamo tutti». L’ex presidente georgiano Saakashvili nota: Nemzov «lavorava a un dossier sui russi in Ucraina» [Sta 1/3]
 
• La morte di Boris Nemzov chiude vent’anni di storia e le illusioni di una generazione appena trentenne al crollo dell’Urss che ha creduto in una Russia «normale», prima ancora che «democratica». Nessuno meglio di Nemzov e Grigorij Javlinski hanno incarnato questo segmento umano. Chi pensava al volto del futuro nella Russia caotica, feroce eppure viva degli Anni 90 che Boris Eltsin con il suo impeto da kamikaze aveva strappato dalle mani di un Gorbaciov ormai devitalizzato, non poteva non pensare a Nemzov e/o a Javlinski. Due facce da ragazzi, Boris più spavaldo e più politico; Grigorij più riflessivo e intellettuale. Gli amici di un tempo [Cesare Martinetti, Sta 2/3]

• Domenica la manifestazione. Erano in 70mila i manifestanti per gli organizzatori, 21mila per la polizia, 56mila secondo la neutralità del metal detector, il cui passaggio era imposto all’avvio del corteo. Gli arresti sono stati più di cinquanta per «disturbo dell’ordine pubblico».
 
«Io naturalmente non so chi stia dietro a questo omicidio. Nemtsov era un politico ed è ragionevole presumere che l’abbiano ucciso i suoi nemici politici. Non qualche mitico “provocatore” e nemmeno “estremisti islamici” come ufficialmente ipotizza il comitato inquirente di Putin. I nemici politici di Boris Nemtsov erano di due categorie: primo, il regime stesso contro il quale lui ha lottato senza paura e senza compromessi. Secondo, gli estremisti antiopposizione i quali durante tutto l’anno passato hanno ricevuto un attivo aiuto di carattere propagandistico, organizzativo e, probabilmente, finanziario dallo stesso Cremlino. Nel primo caso non è coinvolto certamente Putin stesso, ma forse lo sono dei funzionari dei servizi segreti che considerano Putin “non abbastanza duro” e che fanno un loro gioco. Nel secondo caso bisogna cercare i colpevoli tra i sostenitori del movimento separatista in Ucraina. Tra di loro ci sono persone assai aggressive che hanno invocato apertamente, e lo fanno ancora ora, l’eliminazione fisica dei “nazional-traditori” tipo Nemtsov. Ho paura che quello di venerdì sera non sarà l’ultimo attentato» (A B.Akunin) [Fabrizio Dragosei 2/3]. 
 
• Domani 3 marzo, i funerali. Tra gli assenti Anna Duristkaya, trattenuta dalla polizia («Non posso uscire»).