La Stampa, 2 marzo 2015
Con il 10,5%, Malacalza è ora primo azionista di Carige. La Fondazione ligure vende le azioni per 66 milioni di euro. Si chiude così l’annus horribilis del gruppo bancario. Il contratto è stato ratificato ieri pomeriggio
Votata all’unanimità dal consiglio di amministrazione e da quello di indirizzo, la partita più complicata di Fondazione Carige termina con un lieto fine. La famiglia Malacalza – attraverso Malacalza Investimenti – ha siglato con l’ente un preliminare di vendita per il 10,5% della quote della banca. La Fondazione è fuori pericolo e la territorialità della banca è garantita dal più industriale dei soci reperibile in regione. Si chiude così l’annus horribilis del gruppo bancario. Il contratto è stato ratificato ieri pomeriggio, per meglio comunicare una decisione che era nell’aria. Malacalza è il primo socio di Carige con il 10,5%, seguito dai francesi di Bpce che hanno il 9,98%, dalla Fondazione che è ferma al 4,8%, e da Ubs con il 4,62%.
Fondazione vende al prezzo di 0,062 euro ad azione un 10,5% che costa all’imprenditore oltre 66 milioni di euro: un prezzo «non soggetto a revisioni o aggiustamenti di sorta». L’efficacia del contratto è subordinata all’ottenimento, entro il 5 maggio, delle autorizzazioni da parte del ministero dell’Economia (che deve autorizzare la Fondazione a vendere «sino al 19%» delle quote come richiesto) e di Banca d’Italia. L’operazione, in considerazione delle autorizzazioni attese, si prevede possa giungere a perfezionamento all’inizio del prossimo trimestre. La discesa di Fondazione Carige nell’azionariato della banca si avvia alla stabilizzazione. L’ente rimane al 4,8% delle quote, avendo venduto nei giorni scorsi qualche punto percentuale sul mercato. In cassa di sono circa 90 milioni, compresi i 66 versati da Malacalza. «Abbiamo approvato un budget previsionale al 2021 da presentare al ministero – annuncia il presidente Paolo Momigliano – La Fondazione è ormai nelle condizioni di stare in piedi da sola. Venderemo ancora qualcosa sul mercato, così da restare con una quota tra lo 0,5% e il 2% e poi avremo terminato il percorso». Momigliano sottolinea che «65 milioni serviranno a riscattare le azioni da Mediobanca, quindi chiederemo di rinegoziare i termini, allungandoli, del prestito con Carige, ma siamo in grado di affrontare le erogazioni e di restare in vita». Ieri è stata una giornata storica per la Fondazione. Lo si capiva anche dall’espressione dei consiglieri al termine delle riunioni. «Stavamo lavorando alla ricerca di un partner industriale possibilmente del territorio e siamo riusciti a centrale l’obiettivo – dice Graziano Mazzarello – In questo modo garantiamo la salute della banca e riusciamo anche a riservare un piccolo ruolo all’ente».
«Un passo verso il risanamento finanziario avviato lo scorso anno – aggiunge Momigliano – Siamo davanti a un investitore solido, con ottica a lungo termine e con sensibilità al legame con il territorio». Vittorio Malacalza, con il figli Davide e gli avvocati Andrea D’Angelo e Sergio Maria Carbone ha fatto un salto in Fondazione nel tardo pomeriggio per portare il suo saluto al consiglio. Si è detto soddisfatto «dell’unanimità della decisione» di dire sì alla sua proposta «assunta dopo attente valutazioni». «Pur consapevoli delle incertezze dello scenario economico – ha detto Malacalza – abbiamo deciso di investire per supportare banca Carige mettendo a disposizione, oltre ai capitali, il nostro patrimonio di conoscenza imprenditoriale con l’obbiettivo di rafforzare il ruolo tradizionale della banca a supporto dello sviluppo economico del territorio di riferimento». L’accordo tra i Malacalza e l’ente, messo nero su bianco nei patti parasociali, prevede che rispetto ai tre amministratori da inserire nel board della banca (che spettano al nuovo socio), due vengano indicati dal nuovo socio e uno dalla Fondazione.