Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  marzo 02 Lunedì calendario

Il politicamente defunto B. Così, per la prima volta in una manifestazione di destra si ignora Silvio

Sul ponte Regina Margherita, che congiunge piazza del Popolo con il quartiere Prati, un paio d’ore prima della manifestazione di sabato un gruppetto esibiva uno striscione con sopra scritto «ci sono tramonti che non tramontano mai». La frase appartiene a Massimo Bisotti, una specie di Federico Moccia di seconda generazione, e sembrava la biografia assoluta degli ultimi anni di Silvio Berlusconi. E infatti, nelle ore successive, mentre leghisti e postfascisti condividevano il campo di battaglia, l’infinito crepuscolo berlusconiano era ancora più respirabile: il capo di Forza Italia era scomparso, nessun coro, nessun insulto, nemmeno uno dei numerosi «vaffa» con cui Matteo Salvini incitava la folla, niente t-shirt col suo nome o la sua faccia dentro un mirino e tantomeno aureolata, neanche un volantino per dichiararlo santo o mafioso o corrotto. Semplicemente cancellato, e per le ragioni contenute su un enorme manifesto appeso sulla terrazza del Pincio, alle spalle del palco: «Berlusconi politicamente defunto». Un epitaffio come unica traccia dell’esistenza dell’ex dio. Non è soltanto una nostra suggestione: Paolo Cirino Pomicino, uno che conosce l’aria forzitaliana, è diretto come un necrologio: «La manifestazione di Salvini è il bollino della definitiva scomparsa dalla politica di Berlusconi».
In effetti non era mai successo che una piazza di centrodestra fosse tanto disinvolta e spietata nel trascurare il Cav: quasi sempre lo ha idolatrato, più di rado lo ha infamato, sconosciuta una terza via. Ci ha fatto caso anche Pietrangelo Buttafuoco, scrittore interessante per motivi particolarmente numerosi (è catanese, è di destra, apprezza Salvini da cui è apprezzato, è il trait d’union insuperabile fra nord e sud, fra Lega e Casa Pound). «Oggi per fare opposizione a Matteo Renzi, che è teatro e immagine, basta uno che sia connesso con la realtà. Salvini lo è, Berlusconi no, Berlusconi è connesso con la realtà di sé». Intende dire che Berlusconi ha trovato in Renzi «il Mario Segni che cerca dal 1993», cioè qualcuno a palazzo che non abbia per obiettivo principale il bombardamento di Arcore, e a cui cedere l’eredità politica. Eredità in senso tecnico, area, voti, «e guarda un po’, Berlusconi è tornato a occuparsi della roba», aggiunge Buttafuoco. Cioè delle aziende.
Quelli che non ci possono (o non ci vogliono) credere sono gli ultimi dei mohicani, nell’occasione Maria Stella Gelmini, che ieri ha cercato di farsi forza: «Più vedo e sento Salvini e più mi convinco che l’unico leader del centrodestra è Berlusconi». Quanto al decesso politico, «il funerale di Silvio è stato più volte celebrato senza che lui si presentasse». E anche questo è vero. Probabilmente non si presenterà neanche stavolta perché – dice un vecchio saggio della destra milanese, Tomaso Staiti di Cuddia – «Berlusconi ha lasciato la politica così come c’era entrato nel ’93, per difendere il malloppo». E dunque l’estinzione, dice un Cirino Pomicino in forma, «non sta avvenendo per crisi ma per lisi», non bruscamente ma lentamente. Salvini, che è sveglio, con Berlusconi farà forse un’alleanza tattica (non strategica) per le Regionali, e andrà avanti come sabato, senza picchiare su un uomo che di consensi ne ha ancora tanti, e molti se li prenderà Renzi. Ma non tutti.