la Repubblica, 2 marzo 2015
La rivincita di Marco Masini: «Nella vita si cade e ci si rialza e io ne so qualcosa: sono 25 anni che lavoro su me stesso contro l’etichetta di perdente che mi è stata appiccicata all’inizio e che è difficile poi scrollarsi di dosso»
Beppe Grillo era ancora soltanto un comico quando Marco Masini nel 1993 inventò il “Vaffaday” dedicato al mondo della canzone. Grazie a quel grido liberatorio, la sua canzone Vaffanculo provocò scandalo, venne censurata da molte radio e tv, eppure nulla riuscì a limitarne il successo. I critici musicali e i discografici citati nel testo perché non avevano creduto in lui, con quella sua «faccia da perdente», se la legarono al dito, Masini finì vittima di calunnie e dicerie. Con pazienza e dedizione il cantautore fiorentino si è rialzato, ha continuato a scrivere canzoni e a cantarle, arrivando a vincere Sanremo nel 2004. Quest’anno, tornato in gara al Festival, ha cantato Che giorno è, una canzone che parla proprio della capacità di rialzarsi e di ricominciare. E ha fatto centro.
La sua canzone è parla del nuovo inizio in un rapporto d’amore ma potrebbe essere letta anche come il nuovo inizio nel rapporto tra Masini e la sua carriera.
«Non sono così egocentrico da scrivere canzoni autobiografiche: mi ispirano di più i telegiornali. La sua non è sbagliata come lettura ma si può leggere anche come una riflessione interiore. Nella vita si cade e ci si rialza e io ne so qualcosa: sono 25 anni che lavoro su me stesso contro l’etichetta di perdente che mi è stata appiccicata all’inizio e che è difficile poi scrollarsi di dosso».
Eppure certe sue canzoni, anche se non autobiografiche, sono state un po’ lo specchio della sua generazione.
«Sì, brani come Disperato e Vaffanculo sono diventati elementi di identificazione di una generazione che in quegli anni era un po’ smarrita nella confusione sociale e politica. Una generazione di ragazzi incazzati, talmente feriti da non riuscire più a reagire: per loro sono stato uno che gridava la loro rabbia, la loro paura, il loro dolore. Ma non ho mai fatto il santone, non credo di aver cantato le risposte, piuttosto le domande: però quando ci si domanda qualcosa si cerca la risposta anche nelle storie degli altri».
Si è classificato sesto ma a Sanremo ha avuto un risultato straordinario nel televoto, espressione dei più giovani.
«Mi ha sorpreso: avrei scommesso di più sulla giuria demoscopica o sul voto della sala stampa. Essere votato da ragazzi ventenni, o dai ragazzini di addirittura 15 o 16 anni, mi rallegra perché vuol dire aver utilizzato un linguaggio che arriva anche ai più giovani. Significa però anche sentirsi addosso la responsabilità di ciò che si dice. Avere cinquant’anni e trovarmi a ridosso dei nuovi talenti è una bella scommessa vinta. Comunque per me il dato più bello è che nella prima settimana dopo Sanremo sono risultato ottavo nella top ten dei dischi, quarto tra i sanremesi entrati in classifica. Per giunta Cronologia è un triplo album antologico che costa di più rispetto ai dischi normali».
Sul palco dell’Ariston lei reso omaggio a Francesco Nuti cantando la sua Sarà per te.
«Ci lega una grande amicizia. Il Festival mi ha dato l’occasione per essere lui in tre minuti e di rivivere la sua emozione quando nell’88 rientrò in albergo e disse che non si era accorto di aver cantato, era stato in paradiso».