Corriere della Sera, 2 marzo 2015
Lo spazzaneve che copre l’assassino, la macchina del sicario e quei quattro colpi sparati alla schiena di Nemtsov. E poi c’è lei, Anna Duritskaya, la modella ucraina 23enne che da tre anni era la compagna di Boris e che viene definita dalla stampa «spia di Kiev». Cronaca di un delitto su commissione sul Grande ponte di Moskvoretsky
La ragazza con il cappotto bianco lo aspetta al Bosco Café, come ogni venerdì sera i tavoli sono tutti occupati, Boris è negli studi di Radio Echo Moskvy per l’ultima intervista. Dieci minuti fino alla Piazza Rossa e poi cena romantica, il cellulare continua a squillare, chiamano anche dall’Ucraina per la manifestazione di domenica. Il locale si svuota, Anna infila il cappotto e si avvia fuori con Boris. Imboccano a sinistra la strada che porta al Grande ponte di Moskvoretsky illuminato dai riflessi arcobaleno delle cupole di San Basilio, a casa a piedi si arriva in mezz’ora. Uno spazzaneve passa sul ponte di cemento che sovrasta il punto più stretto della Moscova, affianca la coppia in perfetta coincidenza con un uomo comparso all’improvviso e saltato giù dal parapetto per dirigersi rapido verso il bersaglio. Quattro colpi alla schiena e Boris a terra. L’uomo con la Makarov sale su un’auto che scompare nella notte moscovita, sono le 23.31.
Passerà qualche ora prima che il corpo sia portato via dagli agenti. Indizi, interpretazioni contrastanti, sospetti di depistaggio, tutto s’intreccia e si confonde nelle prime ricostruzioni di un omicidio che il presidente Vladimir Putin non ha esitato a definire «su commissione». L’informazione ufficiale si accanisce subito su Anna Duritskaya, la modella ucraina 23enne che da tre anni era la compagna di Boris Nemtsov: «spia di Kiev», «informatrice dei sicari» che conoscevano alla perfezione il tragitto della vittima e non hanno sfiorato lei.
Anna è stata interrogata per ore. Sotto choc, non ha fornito elementi utili alle indagini che per ora si concentrano sul filmato di una delle tante telecamere di sorveglianza in funzione nell’area intorno al Cremlino – ma la telecamera non ha ripreso il momento dell’esecuzione coperta dal passaggio dello spazzaneve.
Di certo c’è solo la pianificazione chirurgica e l’uso della pistola Makarov, vecchia arma d’ordinanza delle forze dell’ordine in dotazione anche ad alcuni reparti dei servizi segreti, marchio dei delitti politici in Russia. L’auto usata dai sicari sarebbe una Lada grigio metallizzato con targa dell’Ossezia del Nord e non, come si era detto in un primo momento, dell’Inguscezia, la Repubblica caucasica che nelle scorse settimane era stata teatro di massicce dimostrazioni di orgoglio islamico anti Charlie Hebdo, riferimento citato dagli inquirenti a sostegno della pista islamica: Nemtsov avrebbe provocato i fondamentalisti condannando pubblicamente l’attentato alla redazione del settimanale satirico francese. Quanto al killer, i primi dettagli sono stati forniti da un passante: un metro e settanta, capelli corti scuri, jeans e pullover marrone.
Gli investigatori russi puntano sull’Ucraina. Fonti anonime della polizia citate dalle agenzie di stampa parlano di «elementi radicali» appartenenti all’estrema destra di Kiev che non avrebbero gradito le rivelazioni annunciate da Nemtsov sul coinvolgimento delle truppe di Mosca nel conflitto del Donbass. Si cavalca la linea del complotto per destabilizzare il Paese già alle prese con una grave crisi economica e per accrescere «l’isterismo antirusso all’estero». La Pravda indica come mandante la Cia e tra i possibili esecutori «l’MI6 (l’agenzia britannica di spionaggio estero), il Mossad, i sauditi».
Non mancano le ipotesi che indagano sulle inimicizie personali e politiche di un uomo che ha vissuto in prima linea il turbolento passaggio dall’Unione Sovietica alla Russia di Zar Putin. E le piste passionali che scavano nell’intensa vita del 55enne Nemtsov, relazioni più o meno ufficiali e rapporti difficili con le madri dei suoi quattro figli: Raisa, la prima moglie, dalla quale non ha mai divorziato; la star tv Ekaterina Odintsova; l’ex segretaria Irina Koroleva, già impiegata nell’amministrazione della presidenza russa.
Ma la pista preferita dal Cremlino è quella del complotto interno all’opposizione secondo il principio, più volte richiamato da Putin in questi anni, della «vittima sacrificale»: la scelta di un leader da eliminare per far ricadere la responsabilità del crimine su un potere così delegittimato.
Insinuazioni che sono un’ulteriore ferita per i familiari, gli amici e per quella stessa opposizione che Nemtsov si proponeva di ricompattare in un fronte unito contro l’autoritarismo nazionalista del presidente, a partire dalla marcia che stava organizzando ancora venerdì sera. Il nome scelto per l’appuntamento era «vesna», primavera.