la Repubblica, 27 febbraio 2015
Probabilmente domenica al Marassi il Parma non ci sarà. Vorrebbe scioperare contro le bugie di Manenti e la mancanza di tutela da parte di Figc e Lega. E in segno di solidarietà tutte le squadre di A inizieranno le partite del weekend con 15 minuti di ritardo
Je suis Parma. Tutta la serie A inizierà le sue partite del weekend con 15 minuti di ritardo. Un gesto di solidarietà da parte dell’Aic nei confronti dei giocatori gialloblù. Ma il Parma a Marassi contro il Genoa molto probabilmente non ci sarà: i giocatori annunceranno oggi il proprio sciopero per protestare contro le bugie di Manenti, ma anche contro la vecchia dirigenza e soprattutto Figc e Lega, accusate dallo spogliatoio di «non aver vigilato sulla situazione». Lucarelli e compagni temono che qualunque atto “eroico” (trasferta a Genova con auto private e collette per pagarsi l’albergo, se ne parlava nei giorni scorsi) possa distrarre l’opinione pubblica dalle vere responsabilità, quelle delle istituzioni del calcio. Che oggi, durante un consiglio federale, inizieranno a disegnare i contorni di un progetto utile a irrigidire i criteri di iscrizione ai campionati, con particolare attenzione all’onorabilità di chi acquista i club. Questo, in fondo, chiede attraverso il simbolico ritardo di un quarto d’ora, l’Assocalciatori: «Serve una serie riflessione perché non accada più in futuro ciò che sta accadendo a Parma» recitava il comunicato del sindacato presieduto da Damiano Tommasi.
Lo sciopero, un gesto inedito nella storia della serie A, potrebbe avere come conseguenza immediata la sconfitta 0-3 a tavolino. Al quarto match saltato scatterebbe l’esclusione automatica dal campionato. La Lega però starebbe valutando il rinvio della partita, come avvenuto prima di Parma-Udinese di domenica scorsa, per sollevare dall’imbarazzo il club. L’unica incertissima certezza in questo dramma sportivo e umano sono le parole di Giampietro Manenti: «I soldi ci sono, come i soldi c’erano anche prima dell’Udinese». Ma soldi veri, a parte quelli millantati dal “presidente”, non ce ne sono, né per il pullman, né per la benzina, né per la carta, i fax. In sede non ci sono più né computer, né stampanti ma continuano, come ombre, a muoversi dipendenti che non percepiscono stipendi da novembre e non sanno se e quando torneranno a vederne. Restano attivi fino al 6 marzo i servizi di ristorazione e foresteria, fino a quella data fatale e forse finale: allora il Parma saprà se l’assemblea di Lega autorizzerà il fondo speciale (12-15 milioni di euro) sufficiente per permettere al club di chiudere in qualche modo il campionato. Ma sull’eventualità ieri si è espresso il presidente del Cesena Lugaresi: «Vogliamo che il Parma chiuda il campionato, ma dovrebbe essere Manenti a far fronte a tutto. Quella cifra, poi, mi sembra esagerata, noi spendiamo 2 milioni per tutto l’anno».
Oggi, dopo diversi rinvii, dovrebbe esserci l’incontro col sindaco 5 Stelle Federico Pizzarotti, che chiede, attraverso Twitter, «fatti e non più parole: Parma negli ultimi anni, nel calcio e nella politica, è stata in mano a irresponsabili». Il sindaco chiederà a Manenti di farsi da parte, portare i libri in tribunale affinché venga avviata la procedura di fallimento. La Procura di Parma intanto mercoledì ha aperto un fascicolo per bancarotta fraudolenta contro ignoti, ma Manenti ancora ieri giurava «non ne so nulla», e anzi ostentava l’idea di un incontro in tribunale per parlare di un fantomatico piano di rientro «perché il Parma si può salvare»: nessuna conferma dai giudici, niente di niente. Ma se venisse dichiarato fallimento nell’udienza del 19 marzo, Manenti rischierebbe penalmente come ostacolo all’attività aziendale, al pari degli uomini della Dastraso Holdings, la società albanese filata via come il vento appena messe le mani sulle carte e sul poderoso disavanzo del club, quasi 200 milioni collezionati in anni di speculazioni e finanza creativa. «Tutti sapevano tutto da tempo – raccontava ieri a Sky il team manager ed ex bandiera del grande Parma di Nevio Scala, Alessandro Melli – l’anno scorso abbiamo viaggiato come il Titanic, molto al di sopra delle nostre possibilità, poi è bastato l’iceberg della licenza Uefa negata in estate e tutto è crollato. Ma come facevano a gestire 242 contratti con altrettanti giocatori, molti dei quali nemmeno li abbiamo mai visti?». Ghirardi e Leonardi presto dovranno spiegarlo in tribunale.