Il Sole 24 Ore, 27 febbraio 2015
Sono trascorsi già due giorni dall’annuncio dell’Opa su Rai Way da parte di Ei Towers, ma il buio è ancora fitto su troppi aspetti che circondano la sfida lanciata al governo da Silvio Berlusconi. Di certo, in questa fase delicata per i mercati e per l’Italia, la trasparenza è importante quanto lo spread
Sono trascorsi già due giorni dall’annuncio dell’Opa su Rai Way da parte di Ei Towers, ma il buio è ancora fitto su troppi aspetti che circondano la sfida lanciata al governo da Silvio Berlusconi. Banchieri, giuristi ed esperti di fusioni e acquisizioni sono infatti rimasti interdetti e spiazzati da un’operazione che – per ora apparentemente – è partita già con la prospettiva di essere respinta.
La società controllata dall’ex premier, il suo advisor JP Morgan, gli studi legali e i consulenti che hanno lavorato per più di un mese sull’offerta non sapevano forse già in partenza che la quota massima vendibile di Rai Way non poteva eccedere il 49%? E ancora: perchè mai è stato deciso di presentare l’Opa pur sapendo che sia il cda di Rai Way sia le assemblee ordinaria e straordinaria sono totalmente controllati dall’azionista Rai, società a sua volta controllata dal Ministero del Tesoro e quindi dal governo che ha fissato i paletti sul controllo? E infine: c’è forse stata una scelta precisa e consapevole – se non spregiudicata – dietro la decisione di annunciare l’Opa nello stesso giorno in cui il Governo ha annunciato (dopo la chiusura dei mercati) la cessione del 5,7% dell’Enel in un collocamento che ha portato la quota del Tesoro ad appena il 25,5% nel più importante gruppo energetico italiano? Quest’ultimo interrogativo è forse anche il più importante. Se qualcuno nell’entourage di Berlusconi – e quindi nel pool che ha lavorato all’Opa – era infatti a conoscenza del collocamento Enel, la contestualità delle due operazioni avrebbe una chiara spiegazione: costringere il Governo a chiarire su quali basi lo Stato può scendere ben al di sotto della soglia di controllo non solo in una società davvero strategica come l’Enel, ma anche nell’Eni (dove controlla il 30,1% attraverso il Mef e la Cdp) ma non intende assolutamente farlo nel capitale di una società il cui unico scopo è quello di mantenere in efficienza la rete di torri su cui transitano dei segnali radio. Rai Way è forse più strategica delle due più importanti compagnie energetiche italiane, tanto da costringere il Governo a blindarne il 51% del capitale? Una risposta chiara sarebbe importante da entrambi i protagonisti di questa vicenda, Tesoro e Berlusconi: non solo ai fini di una giusta valutazione della logica dell’Opa e del secco rifiuto con cui è stata accolta, ma anche per evitare che gli investitori nazionali e internazionali finiscano per giudicare questa vicenda come l’ennesima dimostrazione di inquinamento politico del mercato italiano. Nel 1992, il Financial Times definì il mercato italiano come «murky water», acqua torbida: da allora, e non solo a Londra, ci sono stati riconosciuti enormi progressi sia nella governance delle imprese e della Borsa sia nella riduzione dell’ingerenza politica sul mercato. La vicenda delle Popolari – balzate in Borsa ben prima del decreto del Governo sulla loro trasformazione in spa – ha già allungato ombre e sospetti su fughe di notizie e possibili insider trading, su cui la Consob ha peraltro già avviato indagini. Altri scivoloni, o passi indietro di credibilità, non possiamo più permettercene.
Che aggiungere a tutto ciò? Certamente che i lati poco chiari non finiscono qui. Il primo riguarda il prospetto di quotazione di Rai Way: l’emittente avrebbe infatti dovuto specificare che il Consiglio dei ministri numero 34 del 23 ottobre 2014 mise nero su bianco il limite del 49% nella quota di capitale cedibile al mercato o a un operatore concorrente di Rai Way? Nel documento di quotazione approvato dalla Consob e recepito da Borsa Italiana non si parla infatti mai di tale vincolo azionario che esclude la contendibiltà di Rai Way: si parla solo di mantenimento del controllo della maggioranza del capitale anche dopo l’esercizio della «green shoe» e c’è solo un riferimento generico all’assenza di accordi su un eventuale cambio di proprietà. Su questa base, alcuni esperti ritengono che l’atto potrebbe essere contestato per falsa informativa al mercato: in tal caso, tanto la Consob quanto Rai Way e i suoi azionisti – la Rai e in ultima istanza il Tesoro – potrebbero essere chiamati direttamente in causa per aver omesso informazioni cruciali. È forse questa la provocazione di Berlusconi? Trascinare in tribunale il Governo e la Rai per esporli al pubblico ludibrio? Se fosse così, l’operazione di Ei Tower perderebbe davvero ogni apparenza di valore industriale e finanziario, meritandosi l’appellativo di operazione politica.
Un ultimo punto riguarda la Borsa. Non c’è dubbio che mani forti si siano posate sul titolo di Rai Way ben prima dell’annuncio dell’Opa, visto che da metà gennaio il titolo ha cominciato a correre senza motivi apparenti. Purtroppo, con le attuali norme che regolano le comunicazioni dei fondi sugli acquisti di partecipazioni in società quotate l’obbligo di notifica alla Consob scatta solo per gli acquisti dal 5% del capitale in su: tutto ciò che è al di sotto, rimane nascosto nell’ombra. L’unico modo per fare un pò di luce, è cercare tracce e informazioni sul sito della Sec americana se una delle parti è registrata sul mercato Usa (dove gli obblighi di comunicazione sono molto più stringenti e dettagliati di quelli italiani), o su una delle tante banche dati a pagamento che tracciano ogni mese le mosse di fondi ed emittenti. Non sarebbe il caso, anche in virtù dei dubbi sollevati dal caso-Popolari, di rivedere anche i nostri obblighi di comunicazione?
Per chiudere, c’è un ultimo interrogativo: è forse solo un caso il fatto che l’advisor di EiTower, JP Morgan, abbia dimezzato improvvisamente la posizione speculativa ribassista sul titolo Mediaset – di cui è advisor storico nonchè banca depositaria delle azioni sul mercato Usa – il 17 febbraio scorso, cioè pochi giorni prima dell’annuncio di un’Opa che ha spinto in rialzo anche ieri il titolo della più importante società di Silvio Berlusconi? E su quale base anche altri intermediari italiani si sono mossi nella stessa direzione o hanno addirittura alzato sia il target price sia il rating (a «buy») sia sui titoli di Mediaset sia su quelli di Rai Way proprio tra metà gennaio e pochi giorni fa?
Da circa un mese, insomma, sembra quasi che alcuni operatori abbiano letteralmente preparato il terreno al blitz di EiTower: alcuni si sono spinti oltre, rastrellando titoli a piene mani e incassando poi una cospicua plusvalenza. Non solo: pur essendo stata respinta da Rai Way e dallo stesso Governo, l’Opa totalitaria lanciata da EiTower continua a tenere banco negli scambi di Borsa: ieri il titolo di Rai Way ha perso solo il 2,8% dopo aver guadagnato più del 10% nella sola seduta di mercoledì sulla spinta dell’Opa, quello di EiTowers ha addirittura chiuso in rialzo e lo stesso ha fatto il titolo di Mediaset. Sembra quasi che il mercato non creda affatto nello stop del governo, puntando su sviluppi diversi. Nella vicenda delle Popolari tanto è bastato per scatenare la caccia all’insider e un polverone di polemiche: ancora una volta, risparmiatori, investitori e tutti coloro che credono in un mercato sano e trasparente contano sulla Consob per fare chiarezza. Senza contare che in questa fase delicata per i mercati e per l’Italia, la trasparenza è importante quanto lo spread.