la Repubblica, 27 febbraio 2015
Genitori di un bimbo fantasma di 7 anni pronti a tutto per comprarsene un vero
Si sarebbe chiamato Fernando, come quel bambino “fantasma” di cui era stata denunciata la nascita sette anni fa. Il piccolo romeno, il “pacchetto” come lo chiamavano al telefono, sbarcato al porto di Messina dopo un lungo viaggio in macchina stretto tra la mamma che lo stava vendendo per qualche migliaio di euro e i trafficanti di bambini che erano andati a scovarlo fino in Romania, avrebbe assunto le sembianze di quel piccolo mai avuto dai suoi genitori ma desiderato a tal punto da “inventarlo”. È una storia terribile quella emersa da un’indagine dei carabinieri che sono riusciti a bloccare la consegna del bambino alla coppia di coniugi che lo aspettava a Castell’Umberto, il paesino sui monti Nebrodi reso famoso dal ciclista Vincenzo Nibali. Quasi omonimo di Lorella e Calogero Conti Nibali, marito e moglie ma anche cugini, commercialista lei, amante di tiro, di moto da corsa e di cani lui, una vita trascorsa tra il paese d’origine e Lugano dove gestivano un hotel e un night club. Una vita con l’ossessione di un figlio maschio e soprattutto sano, alimentata dal dolore per la nascita con un handicap fisico-cognitivo della loro primogenita, una ragazza ventenne. Fernando, denunciato all’anagrafe di Castell’Umberto nel 2008 come nato in casa, forse non è mai nato dopo una gravidanza finita male. O forse potrebbe essere nato e morto subito dopo. «Dobbiamo ancora accertarlo – dice il comandante dei carabinieri di Messina Stefano Spagnol – quel che è certo è che questo bambino non esiste». C’è un certificato di nascita, con tanto di dichiarazione dell’ostetrica che avrebbe assistito al parto in casa, e ci sono altri certificati medici redatti da medici specialisti che, negli anni, avrebbero giustificato le tante assenze del bimbo fantasma: a cominciare da quella alla scuola dell’obbligo di Lugano che avrebbe dovuto frequentare.
Negli ultimi mesi la ricerca di un bambino “vero” era diventata un’ossessione per Lorella e Calogero che erano tornati in Sicilia cercando un contatto con un pregiudicato del loro paese, Vincenzo Nibali. «Devi trovarci un bambino, siamo disposti a pagare bene», avevano detto. Parole intercettate casualmente dai carabinieri nell’ambito di un’altra indagine. Ma non un bambino qualunque. Ci sono alcune caratteristiche imprescindibili che lo devono rendere compatibile con il maschietto registrato all’anagrafe nel 2008: dunque innanzitutto l’età, tra i 6 e gli 8 anni. «E poi possibilmente con i capelli scuri e gli occhi azzurri». Perché così Fernando era stato descritto a familiari, amici e concittadini che non lo avevano mai visto e che si sentivano rispondere: «È malato, è ricoverato in una clinica a Lugano».
Per trovare un Fernando in carne e ossa, Lorella e Calogero avevano speso in questi anni una cifra spaventosa, circa 150.000 euro. Consegnati, in tentativi andati a male, a sedicenti mediatori che avevano garantito la consegna in tempi più rapidi di quelli di una adozione legale. Speravano di trovarlo in zona quel bimbo e per questo i pregiudicati a cui si erano rivolti si erano messi a battere le periferie del Messinese scandagliando famiglie numerose in difficoltà economiche. Tentativi mai andati a buon fine. Una sola volta erano arrivati quasi a concludere, con una ragazza- madre disperata che aveva persino incassato un anticipo e aveva anche portato suo figlio a “visionare” dalla coppia acquirente. Salvo poi scappare e scomparire con soldi e bambino. È stato a quel punto che i mediatori hanno pensato di far ricorso ad un aggancio in Romania fornito da un pregiudicato brindisino che ha scovato una famiglia che viveva in condizioni impossibili: marito, moglie e tredici figli, uno dei quali con caratteristiche compatibili con quelle chieste da Lorella e Calogero. «Non aveva gli occhi azzurri e non parlava una parola di italiano, ma pazienza – spiega il comandante del nucleo investigativo Ivan Boracchia – avevano già organizzato di portare il bambino in Svizzera per sottrarlo alle eventuali curiosità del paese».
La notte del 17 gennaio i coniugi Conti Nibali consegnano 30.000 euro ai mediatori, forse solo la prima tranche del pagamento. Ai romeni promettono quanto serve per allargare e rifare l’unica stanza in cui vivono in tredici e un lavoro in Sicilia per il più grande dei figli, un ragazzo di 20 anni. Che parte, insieme alla madre e al fratellino più piccolo in macchina insieme ai due pregiudicati messinesi. I carabinieri li aspettano al porto e li bloccano prima della consegna mentre a Castell’Umberto altri militari fanno scattare le manette ai polsi di Lorella e Calogero. Lui sembra quasi sollevato: «Finalmente è finita», si sfoga mentre lo portano via. In carcere finiscono in otto con la gravissima accusa di tentata riduzione in schiavitù. Al piccolo romeno salvato brillano gli occhi quando i militari gli mettono in mano una barretta di cioccolato. «Grazie, grazie», ripete. Quello che per lui era un lungo viaggio finisce in una comunità per minori a cui è stato dato in affidamento.