Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  febbraio 26 Giovedì calendario

Il Pd e il problema delle primarie, dalla Liguria alla Campania passando per l’Emilia. Si sta appannando la capacità della sinistra di creare classe politica locale. È ormai in atto il declino del mito dei buoni amministratori

La frammentazione e la debolezza del centro-destra danno un vantaggio enorme a Renzi nella corsa per le regionali. Tuttavia questo appuntamento mostra che i punti deboli sono anche nel Pd renziano. Innanzitutto le primarie. Domenica ci saranno quelle in Campania segnate – pure questa volta – da conflitti, vicende giudiziarie e da candidature che non sono proprio all’insegna del rinnovamento come Vincenzo De Luca e Andrea Cozzolino. Ma le primarie sono state un problema anche in Liguria – con le denunce di Sergio Cofferati e l’addio al Pd – e prima ancora in Emilia quando a votare andarono in pochi, meno degli iscritti, sulla scia degli scandali dei consiglieri regionali. Un segnale che fu confermato alle urne: a novembre scorso Stefano Bonaccini vinse ma andò a votare solo il 38% degli elettori, uno shock per la regione rossa per eccellenza.
C’è qualcosa che non va quindi non solo nelle primarie ma nella sciatteria con la quale i vertici Pd stanno curando i territori. Non è solo questione di vittoria e sconfitta come dice Renzi che alle critiche oppone il risultato, il punto cruciale è che si sta appannando la capacità della sinistra di creare classe politica locale. La buona amministrazione e i buoni amministratori sono sempre stato l’atout del Pd, la carta vincente anche in tempi in cui Silvio Berlusconi viaggiava sopra il 35% ma le ultime primarie e le ultime sfide segnalano uno scadimento, una stanchezza confermata da tassi più alti di astensionismo e da sfide ai gazebo sotto il segno di irregolarità se non corruzione.
Sarà inevitabile mettere mano a una regolazione più stringente se davvero il Pd di Renzi vuole continuare a usare e valorizzare questo strumento. Le prime corse ai gazebo sono passate senza polemiche perché in fondo non c’è mai stata una sfida reale: non nelle primarie di Prodi né in quelle di Veltroni, solo con l’arrivo di Renzi – prima a Firenze e poi per la leadership nazionale – sono diventate uno strumento di competizione vero. Tanto più ora con la guerra in corso tra correnti del Pd, tra una minoranza spaccata e il blocco renziano, il rischio di ritrovarsi a ogni appuntamento con una coda di polemiche e inchieste è realistico. Se lo può permettere Renzi? Può permettersi di affrontare ogni campagna elettorale tra i veleni e denunce come è accaduto in Liguria e come potrebbe accadere domenica in Campania dove già si parla di “corsa” al voto dei cinesi.
Finora l’atteggiamento del leader è sembrato ricalcare quello di Berlusconi: il Cavaliere non si è mai curato troppo dei territori perché le campagne elettorali, le sfide più importanti, le ha sempre curate e gestite in prima persona spesso trovando la vittoria. E Renzi sembra fare lo stesso: lascia andare i conflitti e poi “ripara” con la sua campagna elettorale, con il suo comizio. Accadrà anche in Veneto ma, se solo si fosse stati più attenti a osservare il disgregamento della destra e i problemi della Lega, forse il Pd avrebbe potuto puntare su un candidato più forte e credibile per vincere la sfida nel mondo delle imprese e del lavoro che è l’ossatura di quella regione. Le vittorie di Berlusconi sui territori ci sono state ma sono state effimere, non hanno creato una classe politica locale tale da portare linfa al partito. E ora questa debolezza si vede tutta. Anche il Pd dovrebbe iniziare a riflettere su come tornare a esprimere e rafforzare quella classe di amministratori che è sempre stato un jolly per la sinistra oltre che aver portato consensi a Roma. Se l’astensionismo alle urne dell’Emilia si ripeterà anche nel prossimo voto regionale per Renzi e il partito sarà un pessimo segnale.