la Repubblica, 26 febbraio 2015
Lo strano contratto della Trenord: premio ai macchinisti se i treni sono in ritardo. La denuncia di tre conducenti: compensi maggiori per chi sta più ore alla guida
Se il treno arriva in orario, il pendolare è felice ma il macchinista guadagna meno del collega che invece ritarda. Il paradosso è tutto qui. La Regione Lombardia promette treni svizzeri, giura che stavolta si fa sul serio. Ma il primo controsenso è nel contratto stesso dei ferrovieri che incoraggia a sforare la tabella di marcia. L’integrativo di Trenord lega la parte variabile dello stipendio anche ai minuti passati alla guida. Più aumentano, più la busta paga cresce. E oltre le tre ore di viaggio fa scattare un bonus. Un contratto impostato alla rovescia, che può rendere conveniente rallentare la marcia. Succede? «In qualche caso», ammette qualcuno. La buona fede del macchinista è vera fino a prova contraria, ma la disciplina induce in tentazione.
Le contraddizioni sono state messe in risalto ieri da tre macchinisti, in forma anonima, sulla Gazzetta di Mantova. Guidare di più conviene: le prime due ore di lavoro valgono sei euro ciascuna, la terza nove, la quarta 12 e via crescendo. Di più: dopo tre ore di “condotta” – come si dice in gergo – si guadagnano in più 15 euro, 25 dopo quattro, 30 dopo cinque e, con evidente incongruenza, 40 euro oltre le sette ore di guida continuate quando è lo stesso contratto, per ragioni di sicurezza, a impedire di farne più di cinque e mezza. Su uno stipendio medio di 1600-1700 euro al mese non è poco. Per Trenord il tema è noto, l’integrativo è di tre anni fa e solo oggi torna a far così discutere perché l’azienda che muove un quinto dei pendolari italiani ha concentrato ogni sforzo in un superpiano sulla puntualità – che sta dando i primi effetti «grazie all’impegno del personale» dice Trenord – puntando molto, proprio, sulla motivazione dei ferrovieri. Ma questa norma va nella direzione opposta. Così da due mesi si è in piena trattativa sindacale «anche per rimuovere questo articolo – dice Trenord – che può indurre a comportamenti scorretti, è una priorità». Anche se l’ad di Trenord, Cinzia Farisé, nominata dal governatore leghista Maroni, ci tiene a non scaricare del tutto sul personale la responsabilità: «Riteniamo che le cause di ritardo siano altrove, ma abbiamo il dovere di rimuovere ogni alibi». Concorda l’Orsa, il sindacato che rappresenta oltre la metà dei ferrovieri e che quel contratto non lo firmò: «Ancorare la retribuzione ai minuti non incentiva alla puntualità – dice il sindacalista Valter Volpi – ma dalla mia esperienza i macchinisti non ci marciano». Di «caccia al macchinista ritardatario» parla la Filt-Cgil: «Se Trenord crede che qualcuno tardi apposta per guadagnare di più lo dimostri – dice il sindacalista Luigi Ciracì – va colmato il disequilibrio economico tra chi guida meno o più di tre ore».