la Repubblica, 26 febbraio 2015
Il patto del Nazareno è saltato. I salotti buoni, ormai, sono materia da archeofinanza. Le casseforti di casa Berlusconi sono a corto di liquidità. E la Fininvest, ritrovatasi all’improvviso con le mani libere, è partita all’attacco. Ecco spiegata la mossa su Rai Way
Il patto del Nazareno è saltato. I salotti buoni, ormai, sono materia da archeofinanza. Le casseforti di casa Berlusconi – orfane dei dividendi Mediaset – sono a corto di liquidità. E la Fininvest, ritrovatasi all’improvviso con le mani libere, è partita all’attacco. In una partita in cui finanza, politica e questioni di famiglia – come capita sempre quando c’è di mezzo l’ex Cavaliere – vanno a braccetto.
Che qualcosa bollisse in pentola era chiaro da qualche mese: sottotraccia, senza proclami, il Biscione ha iniziato a mettere fieno in cascina da fine 2013, varando quella che – fino a poche settimane fa – sembrava solo una campagna di saldi per sistemare i conti e girare un po’ di liquidità ad Arcore. Sul mercato sono finiti il 5% di Mediolanum, il 7,7% di Mediaset, una quota di Ei Towers, tv digitali in Spagna, il 10% di Premium e persino il Milan, i cinema e il golf di Tolcinasco. Incasso totale: 1,5 miliardi. Buoni per tappare il buco del lodo Mondadori, dicevano gli analisti, e riportare il sorriso in famiglia visto che il leader di Forza Italia e i suoi cinque figli, complice le difficoltà finanziarie delle tv, non incassano un euro da Fininvest dal lontano 2011.
Si sbagliavano. Via Paleocapa, è vero, ha girato a fine dicembre un dividendo straordinario di 81 milioni ai suoi soci, di cui 50 finiti in tasca all’ex premier. Subito dopo però, appena si è chiuso l’ombrello del Nazareno, il Biscione ha capito che il futuro doveva costruirselo da solo. E sciolto da lacci e laccioli della politica e con la cassa piena ha sferrato l’uno-due Rcs Libri-Rai Way che sta facendo traballare i fragili equilibri della finanza e dei palazzi romani.
Il fine “industriale” del doppio blitz è chiaro: costruire sotto il cappello di Arcore “campioni nazionali” in settori dove la crisi ha limato i margini (l’editoria) o dove non c’è spazio per troppi concorrenti (le reti di trasmissione). Con l’obiettivo – dicono i maligni – di renderli più appetibili in vista di un’eventuale vendita. La novità sono i mezzi: l’era delle leggi ad Biscionem, causa trasloco dell’ex-Cavaliere all’opposizione, è finita. I presunti benefici per le aziende di famiglia del Patto del Nazareno, complice la sua rottura, non ci sono più. Fininvest è stata costretta a uscire allo scoperto, calando l’asso in una partita a poker che – con l’aria che tira – promette sviluppi anche sul fronte delle televisioni.
L’offerta della Mondadori per i libri Rizzoli è stata un segnale chiarissimo. Ad Arcore hanno messo in conto le proteste degli scrittori e le accuse di monopolismo. Aspettare però era inutile. I soci di via Solferino passano il tempo a tirarsi per la giacchetta tra loro. Segrate invece, dopo aver rimesso in sesto i suoi conti, può mettere i soldi sul piatto e puntare secca al Bingo. Sperando – con qualche buona ragione – che quel che resta dei vecchi salotti buoni non sia più un ostacolo serio ai suoi sogni di grandezza editoriale.
L’Opa (apparentemente impossibile) su Rai Way è un altro tassello dello stesso puzzle. Il no del Governo, in qualche modo, era in preventivo. L’obiettivo reale – è il sospetto che serpeggia tra le fila dell’esecutivo – è un altro, segnaletico: dimostrare che Fininvest è viva e imporre la sua presenza al delicatissimo tavolo dove la politica sta riscrivendo in questi mesi il futuro di tlc, banda larga e televisioni nazionali. Rai Way ed Ei Tower sono solo un capitolo di questa partita. In ballo ci sono il destino di Metroweb, i grandi investimenti sulla rete digitale, il riassetto di viale Mazzini e il futuro della Telecom, dove l’azionariato è in rapido movimento.
Berlusconi è il convitato di pietra a questo tavolo. Se perde il treno, Mediaset e EiTower rischiano di diventare protagonisti marginali – e a rischio declino – sul palcoscenico tricolore. L’Opa su Rai Way è solo la prima salva: «Ci siamo – è il messaggio –. Oggi potete chiuderci la porta in faccia. Ma se e quando si penserà a mettere assieme un solo grande gestore unico delle antenne non potrete lasciarci fuori». La politica non è più al servizio delle sue aziende. Ma le sue aziende possono provare a condizionare le decisioni della politica. Forzandole la mano, magari nel nome della difesa dell’italianità di settori vitali per l’economia nazionale. Le antenne e i libri sono l’aperitivo. Il Biscione ha cambiato pelle. Ed è pronto a venderla carissima. Specie quando – pare a brevissimo – il governo Renzi metterà mano al destino della Rai e ai progetti sulla banda larga e sulle tlc.