La Stampa, 26 febbraio 2015
«Avremo problemi nel ripagare le rate al Fmi e alla Bce in luglio». Il ministro delle Finanze greco Varoufakis lancia l’allarme. Gelo della Germania. Draghi: «L’effetto della nostra iniezione di liquidità si sta già sentendo»
Appena fatto l’accordo coi quattro mesi di ossigeno in più che i creditori internazionali – Bce, Fmi e Ue – hanno concesso alla Grecia che promette riforme, riecco il balletto delle dichiarazioni a prevalente uso politico interno che non fa bene all’Europa. Mobile e astuto il ministro delle Finanze, Yanis Varoufakis, concede un’intervista a Charlie Hebdo (tornato con 2,5 milioni di copie), poi annuncia che «non avremo problemi di liquidità con il settore pubblico, bensì nel ripagare ora le rate al Fmi e alla Bce in luglio». Sembra una provocazione, più che un dato di fatto. Tanto che il tedesco Wolfgang Schaeuble non perde l’occasione per rispondergli che «ci sono molti dubbi in Germania» sul fatto che Atene rispetterà gli impegni.
Si è detto che il lungo negoziato fra «le istituzioni» un tempo note come la Troika e il governo di Alexis Tsipras ha danneggiato il clima di fiducia fra i partner dell’Eurozona. I segnali ci son tutti, si vede dalla tensione che ieri è emersa in uno scambio vivace fra Mario Draghi e alcuni parlamentari di casa euroscettica, grillini, leghisti e indipendentisti britannici. Il presidente della Bce è stato accusato d’essere al servizio delle banche e lui ha replicato «chiedete a loro come si sentono nei nostri confronti». Interventi duri sulla Grecia e la presunta dittatura della Bce respinti «come errori diffusi», come quello che Francoforte tenga per sé i frutti dei bond dell’operazione greca. «Sono ridistribuiti», ha precisato Draghi. In effetti è vero.
Gli attacchi al governatore
Bersaglio inevitabile, l’ex governatore di Bankitalia, soprattutto in un emiciclo semivuoto per colpa delle regole che consentono ai gruppi di riunirsi anche se c’è la plenaria. I parlamentari non sono al bar, ma l’impatto è inquietante e sviare dalla strada di un dibattito costruttivo è più facile. Inutile che Draghi assicuri che «gli effetti del quantitative easing si stanno già sentendo» e invochi le riforme strutturali come strumento che facilita la politica monetaria. O che certifichi il ripristino della deroga per i bond greci nel momento in cui il programma di salvataggio sarà rispettato. La polemica vive per sé.
Il duello sui bond
Sono giornate difficili, in cui farebbe bene riflettere di più. Varoufakis, invece, alimenta il dibattito chiedendo alla Bce di consegnare ad Atene i profitti realizzati sui bond greci, circa 2 miliardi: «Sono soldi nostri, soldi dovuti». Al contempo il ministro sottolinea anche che adeguati livelli di investimenti, surplus primario e indebitamento sono i prerequisiti per un ritorno della Grecia sui mercati. Quindi «dice l’avanzo primario non supererà l’1,5% del Pil nei prossimi anni». Il portavoce di Schaeuble invita Atene a «non dare segnali contrari fra loro» e applicare quanto concordato. Prova a mediare Angela Merkel. «Non mi faccio illusioni sul fatto che ci saranno difficoltà. Ma vale la pena di combattere per percorrere questa strada, perché si tratta dell’euro». Difficoltà, certo. La principale è che Atene deve rimborsare 25,4 miliardi nel 2015 e senza aiuti esterni non potrà assolutamente farlo.