Il Messaggero, 26 febbraio 2015
Il Tesoro vende il 5,7 di Enel e punta a incassare così 2,2 miliardi. Avviato un collocamento lampo presso invstitori istituzionali
L’operazione era in cantiere già da tempo, forse troppo tempo per Bruxelles, e dunque non è un caso se il collocamento del 5,74% dell’Enel si è chiuso proprio ieri, nel giorno del via libera Ue ai conti dell’Italia. Mettere sul mercato quella manciata di azioni nel portafoglio del Tesoro, era diventata una condizione indispensabile per dare credibilità ad un piano di privatizzazioni rimasto di fatto sulla carta. Un piano che nelle parole del Tesoro, avrà presto un’accelerata anche sulle Poste e sulle Ferrovie. Così il collocamento della quota del gruppo elettrico non serve solo a mettere in cascina 2,2 miliardi di euro, serve a dare credibilità anche agli annunci alle altre operazioni messe in agenda sempre per quest’anno. Nello stesso tempo il collocamento accelerato avviato ieri dal Tesoro porterà via XX Settembre a scendere sotto la quota fatidica del 30%, dal 31,2 al 25,5%.
STOP AND GO
La quinta tranche del gruppo riscaldava i motori già da tempo. Più volte però «le condizioni di mercato» avevano spinto l’azionista a spegnere i motori. In effetti, veder tornare le azioni sopra quota 4 euro, (ieri ha chiuso a 4,04 euro in calo dello 0,34%), sui livelli toccati solo per poco a inizio novembre, deve aver suggerito agli advisor la finestra giusta.
La raccolta ordini per 540 milioni di azioni da chiudere in nottata presso «investitori qualificati in Italia e investitori istituzionali esteri» si è aggirata proprio intorno ai 4 euro. Mentre sarebbe di sei mesi il lock-up fissato, vale a dire la fnestra in cui c’è il divieto di cessione delle azioni.
Con questa dismissione si gonfia il bottino messo insieme dal Tesoro con le cinque tranche di privatizzazione del gruppo elettrico. Tutto iniziò nel novembre del 1999, nel pieno della grande stagione delle privatizzazioni, con lo sbarco in Borsa attraverso il collocamento di una quota del 32% che fruttò alle casse dello Stato 34,8 miliardi delle vecchie lire, vale a dire circa 17 miliardi di euro. Quattro anni dopo, a novembre del 2003, Enel tornò sul mercato con una seconda tranche, più piccola, pari al 6,6%, e un introito di 2,1 miliardi. Di neanche dodici mesi dopo (ottobre 2004) è la terza tranche, con cui finì sul mercato il 19% circa della Spa elettrica, per un valore pari a ben 7,5 miliardi di euro. A luglio 2005, infine, l’ultima cessione: per il 9,4% del capitale il Tesoro portò a casa 4,1 miliardi. A conti fatti, se verrà confermato l’incasso di 2,2 miliardi del collocamento di ieri, arriva a quasi 33 i miliardi il bilancio delle cessioni, senza contare dividendi e imposte, messo insieme dal 1999 a oggi.
Intanto il gruppo guidato da Francesco Starace è al lavoro sul piano industriale che presenterà a Londra il 19 marzo. Tra gli obiettivi non ci sarà però la vendita degli asset in Romania. La società ha ufficializzato ieri lo stop alla dismissione, confermando invece il dossier slovacco. Il 66% di Slovenske Elektrarne è finito nel mirino del gruppo pubblico finlandese Fortum, che avrebbe già raccolto le informazioni necessarie all’interno di una procedura di due diligence. Anche su questo fronte, probabilmente, qualche dettaglio in più arriverà a marzo, insieme al via libera ai risultati 2014. Nel frattempo, le buone notizie arrivano da Endesa, visto che la controllata spagnola ha chiuso il 2014 con un utile in crescita del 77%.